Perché l’Italia è un Paese “grottesco”

Vi siete mai domandati da dove derivi il termine “grottesco”? E perché sia più che calzante associarlo al nostro Paese?

Slanciati atleti, completamente nudi, si arrampicano l’uno sull’altro a formare una piramide umana, facendo roteare intorno ai loro corpi grandi cerchi, del tutto simili a hula hoop. La base della piramide è costituita nientemeno che da quattro leoni. No, non si tratta di una scena vista ai recenti giochi olimpici di Tokyo, magari di una di quelle discipline che in Italia quasi nessuno conosce; bensì del dettaglio più noto delle meravigliose grottesche che decorano la Sala degli Acrobati nel Castello di Torrechiara, a pochi chilometri da Parma. Quelle di Torrechiara sono alcune delle più riuscite e impressionanti espressioni di un genere pittorico che, tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Seicento, conobbe una straordinaria fortuna in tutta Europa, ma soprattutto in Italia: “Cose senza alcuna regola”, come ebbe a definire Giorgio Vasari le grottesche, in cui i pittori “apicca[vano] a un sottilissimo filo un peso che non si può reggere, a un cavallo le gambe di foglie, a un uomo le gambe di gru […] e chi più stranamente se gli immaginava, quello era tenuto più valente”. Insomma, riprendendo un vecchio slogan, “la fantasia al potere”. In effetti, capita di trovare davvero di tutto: creature incredibili, acconciature bizzarre, animali impegnati nelle azioni più strane.
Nel Corridoio di Levante degli Uffizi, tra le grottesche affrescate da Alessandro Allori nel 1581, si nota addirittura un biplano: ma il velivolo è una giocosa integrazione dovuta all’ignoto restauratore che nel 1944 riparò i danni provocati all’intonaco dalle esplosioni che abbatterono i ponti sull’Arno.

LA DOMUS AUREA IERI E OGGI

Come è noto, queste decorazioni affondano (è il caso di dirlo) la loro origine e il loro nome nelle fantasiose pitture che adornano le “grotte” della Domus Aurea di Nerone, riscoperte alla fine del XV secolo. La magione dell’imperatore ha riaperto le porte al pubblico nel giugno 2021, con una piccola esposizione dedicata al rapporto tra Raffaello (e la sua bottega) e le grottesche: l’Urbinate fu fondamentale per il loro ‘lancio’, attraverso le imprese decorative della Stufetta e della Loggetta del cardinal Bibbiena, delle Logge di Leone X, di Villa Madama. Soprattutto, la Domus ha accolto i visitatori con un rinnovato impianto di illuminazione e un nuovo ingresso, caratterizzato dalla passerella di Stefano Boeri. Se pensiamo a cosa potrà essere questo monumento al termine dei complessi lavori di messa in sicurezza e di restauro, c’è da restare a bocca aperta, proprio come di fronte alle stravaganti scenette che animano le grottesche.

L’aggettivo ‘grottesco’ si addice all’Italia, dove convivono il meglio e il peggio”.

Se l’origine di queste figurine è ben nota, lo è altrettanto il fatto che da loro è derivato l’aggettivo “grottesco”: ciò che è spropositato, paradossale, tragicomico. Un aggettivo che si attaglia bene alla Penisola: non solo perché le grottesche sono un po’ ovunque in Italia, e con risultati spesso ragguardevoli – a riprova del fatto che il genius loci è molto fantasioso –, ma anche perché il nostro Paese è, come pochi altri, un coacervo di cose che all’apparenza non potrebbero mai stare insieme, in cui convivono il meglio e il peggio, grandi slanci e sordidi egoismi, le aperture all’esterno e ataviche paure.

Fabrizio Federici

Articolo pubblicato su Grandi Mostre #25

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Fabrizio Federici

Fabrizio Federici

Fabrizio Federici ha compiuto studi di storia dell’arte all’Università di Pisa e alla Scuola Normale Superiore, dove ha conseguito il diploma di perfezionamento discutendo una tesi sul collezionista seicentesco Francesco Gualdi. I suoi interessi comprendono temi di storia sociale dell’arte…

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