15 opere d’arte perseguitate dalla censura

Da Manet a Balthus a Serrano, sono tanti gli artisti che, nel corso dei secoli, hanno subito pesanti condanne morali per la natura delle loro opere. Qui ne abbiamo selezionati alcuni.

Nel corso della storia sono stati svariati gli eventi per i quali un’opera (o addirittura l’intero percorso di un artista. Esempio? Egon Schiele) è stata giudicata immorale.
Quando parliamo di storia dell’arte intendiamo la disciplina che si occupa di analizzare, classificare e contestualizzare la nascita e l’evoluzione delle correnti artistiche. La correlazione fra arte e morale è strettamente legata a un fattore sociale, che varia a seconda di usi, costumi e cultura di una popolazione. Alcuni eventi artistici dovrebbero essere spunto di riflessione sul tema della morale e della moralità all’interno di un’opera d’arte o propria dell’artista in sé. In questo articolo analizziamo quindici opere definite immorali dalla società del periodo e il perché.

Carolina Palumbo

COLAZIONE SULL’ERBA ‒ ÉDOUARD MANET

Édouard Manet, Le Déjeuner sur l'herbe, 1862 63, olio su tela, 208×264 cm. Musée d'Orsay, Parigi. Photo via Google Art Project

Édouard Manet, Le Déjeuner sur l’herbe, 1862 63, olio su tela, 208×264 cm. Musée d’Orsay, Parigi. Photo via Google Art Project

Uno degli eventi più noti della storia della critica d’arte fu quello che coinvolse l’opera di Édouard Manet intitolata Colazione sull’erba. Nel 1863 la giuria del Salon di Parigi rifiutò oltre 3mila quadri e fra questi vi era il dipinto di Manet. La tela raffigura due giovani uomini borghesi seduti sull’erba insieme a due ragazze, una sullo sfondo intenta a bagnarsi nel fiume, l’altra vicino a loro, completamente nuda. Nonostante la storia dell’arte sia piena di nudi, la nudità della ragazza destò scandalo. Fino ad allora, la nudità era stata rappresentata per raffigurare divinità o soggetti allegorici e mitologici. In questo caso, invece, troviamo raffigurata una semplice donna del tempo svestita, che quindi andava a provocare l’etica benpensante del periodo. Inoltre vennero fortemente criticati anche la prospettiva, che non seguiva alcuna regola, l’utilizzo dei colori, definiti “grossolani’’ e “infantili’’ a causa della presenza di chiazze sparse senza alcuna sfumatura ed eccessivi contrasti fra chiari e scuri, una grande ignoranza nel disegno e, per finire, l’assenza di proporzioni: infatti la donna sullo sfondo della scena, per le proporzioni che le sono state assegnate, dovrebbe essere un gigante.
In seguito alle proteste, Napoleone III organizzò un’esposizione parallela che consentì a Manet e agli altri rifiutati, fra i quali anche Monet e Pissarro, di esporre le loro opere. L’esposizione, che ebbe un vastissimo riscontro pubblico, fu oggetto di dure critiche.

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IMPRESSIONE, LEVAR DEL SOLE ‒ CLAUDE MONET

Claude Monet, Impression, soleil levant, 1872, olio su tela, 48×63 cm. Musée Marmottan Monet, Parigi

Claude Monet, Impression, soleil levant, 1872, olio su tela, 48×63 cm. Musée Marmottan Monet, Parigi

Il Salon des Refusés consentì una prima apertura verso l’arte “non ufficiale”, ma anche lo svantaggio di esporre gli artisti allo scherno del pubblico. Nel 1864 si tenne al Salon de Refusés la prima esposizione impressionista, a cui presero parte anche Degas e Renoir, nonostante l’inizio dell’Impressionismo sia fatto risalire solo al 1874, quando si tenne nello studio nel fotografo Nadar la prima mostra degli “artisti indipendenti”, organizzata proprio da chi vi prese parte.
In seguito alla mostra, il critico Louis Leroy scrisse sulla sua rivista satirica Le Charivari, riferendosi al dipinto di Monet Impression, soleil levant, che “la carta da parati allo stato embrionale è più rifinita di questa marina”. Proprio dal titolo dell’opera il critico prende spunto per deriderlo, poiché con “impressione” si indicava il primo stadio della lavorazione della carta da parati o il primo strato di imbiancatura delle pareti.

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RAGAZZA CON CALZE ARANCIONI ‒ EGON SCHIELE

La seconda versione della campagna pubblicitaria su Egon Schiele promossa dalla città di Vienna

La seconda versione della campagna pubblicitaria su Egon Schiele promossa dalla città di Vienna

Fra i casi di scandalo più noti vi furono quelli suscitati dalle opere di Egon Schiele. Già mal visto dai moralisti del tempo, l’acme della faccenda si scatena nel 1912, quando viene accusato di aver rapito e traviato una giovane modella di 14 anni. Viene portato a processo e le accuse più pesanti, come quella di pedofilia, cadono, rimanendo solo l’accusa di aver esposto opere considerate pornografiche. Le opere di Schiele ancora oggi si sono ritrovate a subire gli effetti della censura. Per promuovere in tutta Europa le mostre dedicate a Klimt e Schiele nel 2018, l’ente del turismo di Vienna decise di realizzare dei manifesti dedicati a Schiele da distribuire nelle varie capitali, fra le quali Londra, dove erano protagoniste le sue opere Nudo maschile seduto e Ragazza con calze arancioni. La campagna non fu minimamente apprezzata e i manifesti esposti nella metro londinese furono rifiutati dall’azienda di trasporti, anche nella versione con i genitali pixelati. La città di Vienna decise così di utilizzare la censura a proprio vantaggio, attraverso un messaggio geniale e provocatorio. Le parti intime dei lavori di Schiele furono infatti censurate da banner che riportavano il seguente messaggio: “Sorry, 100 years old but still daring today”, ovvero “Scusate, risalgono a cento anni fa ma sono ancora troppo audaci”. Paradossalmente questa volta la pubblicità fu accettata e i manifesti apparvero anche in diverse città tedesche. Un importante commento è stato fatto da Norbert Kettner, amministratore delegato dell’ente turistico viennese, che ha commentato: “Vogliamo mostrare alle persone quanto in anticipo sui tempi fossero questi grandi artisti attivi a Vienna più di un secolo fa. Oltre a questo, vogliamo incoraggiare il pubblico a notare quanto poco aperte e moderne siano rimaste le nostre società”.
Schiele ha dedicato la sua breve vita alla rappresentazione dell’erotismo, per lui un istinto passionale, profondo, carnale e dall’impeto violento; racconta l’intimità, quella oscura e nascosta della vita di ognuno di noi. Le sue immagini tanto esplicite non hanno certamente una valenza pornografica, non sono lavori realizzati per dare piacere sessuale agli occhi di chi le osserva, anzi talvolta suscitano quasi sconcerto per quanto possono essere crude. Sono un’analisi della parte più segreta dell’animo umano, sono la voce interiore di ognuno di noi, sono sensualità.

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LA PUBERTÀ ‒ EDVARD MUNCH

Edvard Munch, La pubertà, 1894-95, olio su tela, 151,5×110 cm. Galleria nazionale, Oslo

Edvard Munch, La pubertà, 1894-95, olio su tela, 151,5×110 cm. Galleria nazionale, Oslo

Come già detto, Schiele per le sue opere fu condannato, ma perché non fu così anche per Munch (di cui Schiele era grande ammiratore) o Kirchner?
È famosissima l’opera di Munch che ritrae una bambina la cui età è vicina alla pubertà. Si trova nell’intimo della sua camera da letto, ma è imbarazzata perché noi la guardiamo, è completamente nuda e si copre il pube con le mani, ma non riesce a coprire anche i piccoli seni che stanno emergendo. A farci percepire ancora di più la sua angoscia troviamo alle sue spalle un’ombra informe, scura, quasi un fantasma. Il fantasma che le sta portando via l’innocenza e le sta contaminando la mente con la dura realtà che l’aspetta: il suo destino e il suo mondo sono già segnati, dovrà fare figli e occuparsi della casa, l’ingenuità la sta lentamente abbandonando e il mostro sta prendendo il sopravvento.
Altra interpretazione, diversamente drammatica, ce la dà Kirchner, omaggiando l’opera di Munch con la sua Marzella. Stavolta la ragazzina, seppur somigliante, ha un atteggiamento diverso. Si cela totalmente, è completamente chiusa in se stessa, ma non è imbarazzata. Anzi, nel suo sguardo ci sono sensazioni molto diverse. Non è la stessa ragazzina che sta facendo i conti con la maturità sessuale, stavolta ci troviamo davanti una giovanissima prostituta. Lei è ben conscia di cosa vive e la sua realtà non la spaventa, piuttosto ne è rassegnata. Il volto è carico di trucco e il viso è solcato da profonde occhiaie verdi. Per quale motivo Kirchner e Munch non subirono alcun processo per ciò che hanno mostrato?

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AI MIEI CRITICI ‒ GUSTAV KLIMT

Gustav Klimt, Giuditta I, 1901, olio su tela, 84×42 cm. Österreichische Galerie Belvedere, Vienna

Gustav Klimt, Giuditta I, 1901, olio su tela, 84×42 cm. Österreichische Galerie Belvedere, Vienna

Klimt fu uno degli artisti più controversi della sua epoca, per quanto stimato dalla critica. Quasi la totalità della sua opera era incentrata sull’analisi della psiche umana attraverso le sue rappresentazioni carnali della femminilità. Esempio lampante ne è la sua Giuditta, che mostra la propria carica erotica tenendo fra le mani la testa di Oloferne. Il quadro in questione destò molto scalpore e venne definito osceno per via della nudità della donna e per la sensualità ostentata in seguito a un atto tanto violento.

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IL SONNO ‒ GUSTAVE COURBET

Gustave_Courbet, Le Sommeil, 1866, olio su tela, 135×200 cm. Petit Palais, Parigi

Gustave Courbet, Le Sommeil, 1866, olio su tela, 135×200 cm. Petit Palais, Parigi

Gustave Courbet lascia trasparire in ogni sua opera una nota libertina. Il sonno è un dipinto realizzato nel 1866 di genere erotico e raffigura una scena di lesbismo; il quadro, commissionato dal diplomatico turco-egiziano Halil Serif Pasa, fu tenuto nascosto nella sua stanza da bagno fin quando non fu costretto a venderlo per disfarsi dei suoi debiti di gioco. Come accadde a molte delle sue opere, anche questo dipinto non ebbe l’autorizzazione a essere esposto pubblicamente per molto tempo. Non fu l’unico a rappresentare scene di lesbismo, prima di lui lo fece anche Toulouse-Lautrec, anche se in modo diverso; Lautrec infatti non voleva rappresentare l’erotismo, ma l’amore. Nel mondo della prostituzione, che lui più di tutti conosceva, le prostitute non erano abituate ad avere rapporti affettivi con un uomo, anzi il mondo maschile per loro era un mondo soprattutto di violenza, sfruttamento e anaffettività, per cui erano più propense a intraprendere relazioni amorose fra di loro. Nei suoi disegni quindi non traspare il sesso e la fisicità dell’atto, ma un profondo sentimento affettivo.
Altro lavoro che Halil Serif Pasa dovette tenere ben nascosto fu L’origine del mondo, opera ancora oggi soggetta a censura per via del soggetto e del realismo con cui è rappresentato. Nonostante sia per il tratto che per lo stile non si possa definire a oggi un’opera pornografica, doveva essere tenuto ben nascosto e deve tutt’ora affrontare questo problema. La vicenda è iniziata nel 2011 e vede protagonisti Facebook e un professore parigino appassionato di arte moderna, che aveva postato sul suo profilo Facebook un link a una mostra dedicata al pittore Gustave Courbet, la cui anteprima mostrava L’Origine du Monde. L’immagine, pur non trattandosi di un nudo qualsiasi, secondo i moderatori è risultata contraria alle regole del social e hanno provveduto a sospendere immediatamente la pagina del professore, accusandolo di aver diffuso un’immagine pornografica. L’utente non è voluto rimanere in silenzio e, non avendo ottenuta risposta dai responsabili della piattaforma, ha deciso di rivolgersi al tribunale, denunciando una violazione della libertà di espressione.

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NUDO CHE SCENDE LE SCALE ‒ MARCEL DUCHAMP

Marcel Duchamp, Nu descendant un escalier n ° 2, 1912, pittura a olio, 147×89,2 cm. Philadelphia Museum of Art, Philadelphia

Marcel Duchamp, Nu descendant un escalier n ° 2, 1912, pittura a olio, 147×89,2 cm. Philadelphia Museum of Art, Philadelphia

La notorietà di Duchamp è dovuta soprattutto alla vena provocatoria che ha sempre accompagnato la carriera dell’artista. L’opera che destò più scandalo fu Nudo che scende le scale. La prima volta che venne presentata fu nel 1912, alla 28esima esposizione della Société des Artistes Indépendents di Parigi, per essere esposta insieme alle opere di altri pittori cubisti del tempo. Nonostante fosse stata menzionata nel catalogo, in realtà l’opera non venne mai esposta. Il comitato d’asta invitò persino i fratelli di Duchamp (Jacques e Raymond Duchamp-Villon) a chiedere all’artista di ritirare l’opera o, perlomeno, di cambiarne il titolo. La stessa sorte toccò al quadro quando, nel 1913, fu esposto all’Armory Show di New York e il motivo di tanto scandalo fu la scelta di dare movimento al nudo. Questo tipo di raffigurazione può, seppur con mezzi comunicativi differenti, essere accostata alla Ruota di bicicletta, un readymade nel quale la rottura della sacralità della scultura, e quindi dell’opera d’arte, viene data dal movimento della stessa e dalla possibilità di potervi interagire. A tal proposito Duchamp disse: “[…] pensavano fosse troppo letterario, ma lo prendevano per il verso sbagliato, quasi caricaturale. Un nudo non scende mai le scale, un nudo è sdraiato si sa. Nemmeno il loro piccolo tempio rivoluzionario riusciva a capire che un nudo poteva scendere le scale”. Lo scandalo detonò nell’opinione pubblica come una bomba, con affermazioni come “Esplosione in un deposito di tegole”, “Rozzo che scende le scale – metro all’ora di punta”, “Non si dipinge un nudo che scende le scale, è ridicolo. Un nudo deve essere rispettato”. Come se non bastasse, l’American Art News avviò persino un concorso che offriva dieci dollari a chi avesse dato la migliore definizione denigratoria del quadro.

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PISS CHRIST ‒ ANDRES SERRANO

Andres Serrano, Piss Christ, 1987 © Andres Serrano. Courtesy Galerie Yvon Lambert, Parigi

Andres Serrano, Piss Christ, 1987 © Andres Serrano. Courtesy Galerie Yvon Lambert, Parigi

L’opera in questione è una fotografia che raffigura un piccolo crocifisso di plastica immerso in un bicchiere di vetro contenente l’urina dell’autore. Nonostante l’opera abbia vinto l’Awards in the Visual Arts nel 1989, non si risparmiò aspre critiche e divenne addirittura oggetto di discussione all’interno del Senato degli Stati Uniti. In particolar modo vi furono due parlamentari, Al D’Amato e Jesse Helms, che accusarono l’opera di volgarità, blasfemia, ritenendo che il premio di 15mila dollari ottenuto violasse il principio di separazione tra Stato e chiesa, in quanto si trattava di fondi pubblici. Dall’altra parte si schierarono invece i sostenitori dell’opera, che la definirono come un’immensa espressione della libertà di parola e di espressione artistica. Interessante e significativo il sostegno della suora e critica d’arte Wendy Beckett, che affermò che l’intento dell’opera non era essere blasfema, bensì si trattava di una rappresentazione del modo in cui la società contemporanea si poneva nei riguardi di Cristo e dei suoi valori.
Altre polemiche che videro l’opera protagonista presero forma nel 1997 in Australia, durante una retrospettiva dedicata a Serrano, dove si cercò di impedire l’esposizione della fotografia e, nel 2011, ad Avignone, dove, durante una manifestazione, quattro giovani entrarono nel museo, minacciarono e immobilizzarono le guardie, infrangendo il vetro protettivo e danneggiando irrimediabilmente la foto. Nonostante le innumerevoli polemiche che la vedono protagonista, Piss Christ è stata spesso utilizzata come banco di prova a testimonianza della libertà di espressione.

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SECONDA SOLUZIONE DI IMMORTALITÀ ‒ GINO DE DOMINICIS

Gino De Dominicis, Seconda soluzione d'immortalità (l'universo è immobile), 1972. Courtesy Lia Rumma, Napoli-Milano

Gino De Dominicis, Seconda soluzione d’immortalità (l’universo è immobile), 1972. Courtesy Lia Rumma, Napoli-Milano

All’inaugurazione della 36esima Biennale di Venezia, nel giugno del 1972, Gino De Dominicis presentò un’opera controversa. Il motivo per cui destò tanto scandalo fu la presenza di Paolo Rosa, egli stesso opera. Paolo era infatti un ragazzo affetto da sindrome di Down, il quale doveva rimanere seduto su una sedia posta nell’angolo della stanza, circondato da altre opere presentate in precedenza. Il motivo della scelta di un ragazzo affetto da sindrome di Down non è legato alla sindrome in quanto tale, ma al suo modo di stare al mondo, uno stato che non è legato allo scorrere del tempo, al disconoscere l’idea della morte. De Dominicis voleva un eterno bambino, poiché nella mente di un bambino l’idea della morte non esiste, è inconcepibile e una mente infantile in un uomo adulto lo rende idealmente immortale. Pochi giorni dopo la sala venne chiusa e l’artista e il suo assistente, Simone Carella, vennero denunciati dalla Procura della Repubblica per “sottrazione di persona incapace“.

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BODY WORLDS ‒ GUNTHER VON HAGENS

Gunther von Hagens

Gunther von Hagens

Altro personaggio fortemente discusso è il dottor Gunther Von Hagens, celebre per aver inventato la tecnica della plastinazione nel 1977. La suddetta tecnica consiste nella sostituzione dei liquidi corporei con polimeri di silicone, conservando così perfettamente i corpi ed evitandone il deterioramento.
La prima mostra con corpi interi è stata realizzata in Giappone nel 1995 e nei due anni seguenti Hagens, anche chiamato “dottor morte”, ha sviluppato il progetto Body Worlds, che mostra corpi umani plastinati in posizioni di vita reale e quotidiana, dissezionati in modo da mostrare i sistemi del corpo umano. Body Worlds è stata organizzata in più di cinquanta città del mondo e, oltre all’interesse, ha suscitato anche moltissimi dibattiti. Per vari gruppi religiosi la mostra era un insulto al corpo umano, una pratica che non rispettava la sacralità della morte. Ma di certo il dottor morte non è un trafugatore di salme, i corpi che utilizza provengono da università mediche e da privati cittadini che, fra le loro ultime volontà, decidono di donargli il proprio corpo. Lo scopo primario di Hagens non è quello artistico: nonostante vi siano moltissimi riferimenti a opere (come l’Uomo Vitruviano), utilizza l’arte come mezzo per un fine scientifico. Il suo obiettivo è far conoscere il funzionamento del nostro corpo, ma anche un messaggio che invita a prendercene cura, ad esempio esponendo i polmoni di un fumatore in contrapposizione a quelli di un non fumatore.

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SCHÜTTBILDER ‒ HERMANN NITSCH

Hermann Nitsch, Schüttbild, 1991

Hermann Nitsch, Schüttbild, 1991

La carriera di Nitsch è stata a lungo vittima di atti censori a causa della “violenza” delle sue opere. Si tratta di uno dei maggiori esponenti dell’Azionismo Viennese e, sin dall’inizio degli Anni Sessanta, lavora ai primi Schüttbilder (opere create gettando colore e sangue sulla tela; tecnica molto amata dagli azionisti viennesi). Ha subito numerose critiche da parte di gruppi animalisti e religiosi, che chiesero la sospensione delle sue Aktionen per maltrattamento di animali o vilipendio alla religione. L’arte di Hermann Nitsch è fortemente influenzata dalla sua ammirazione per autori e artisti come De Sade, Friedrich Nietzsche, Sigmund Freud e soprattutto Antonin Artaud, al quale si ispira per l’idea del Teatro degli Orrori. Egli stesso puntualizza come il suo intento sia proprio quello di suscitare orrore e disprezzo mediante il suo operato, per innescare una reazione di catarsi nello spettatore. Cerca di entrare nel subconscio del fruitore attraverso immagini di animali sanguinanti, nudità e crudeltà. Questi giochi rituali durano diversi giorni e, attraverso l’incitamento di gruppi di persone a squartare bestie da soma, tirarne fuori le viscere e calpestarle, dà vita a rituali liturgici e sacri. In seguito alle proteste animaliste per la mostra che si tenne a Palermo nel 2015, allo spazio ZAC dei Cantieri Culturali della Zisa, l’artista rispose: “Cari animalisti, ecco perché sono uno di voi: […] Disprezziamo e combattiamo le forme di allevamento che, avide di guadagno, maltrattano gli animali: l’allevamento intensivo è una delle più crudeli e peggiori forme di trattamento degli animali. […] Ho acquistato la carne per le mie azioni nei macelli e gli animali erano già stati macellati. Ciò significa che questi animali erano già stati uccisi a scopo alimentare prima della mia azione. Dopo che impieghiamo la carne per la performance teatrale, la mangiamo: l’animale ucciso viene dunque utilizzato due volte, per l’arte e poi per il nostro nutrimento”.

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HON/ELLE ‒ NIKI DE SAINT PHALLE

Niki de Saint Phalle, Hon, 1966. Moderna Museet, Stoccolma

Niki de Saint Phalle, Hon, 1966. Moderna Museet, Stoccolma

Compagna d’arte e di vita di Jean Tinguely, Niki de Saint Phalle fece parte del Nouveau Réalisme e, nel 1966, realizzò per il Moderna Museet di Stoccolma un’opera che fu considerata ben più che controversa. Ci troviamo in un momento di enormi tensioni sociali, dovute alla nascita dei vari movimenti femministi e dell’appropriazione da parte delle donne di un posto nel mondo dell’arte. L’opera venne realizzata a porte chiuse, solo il direttore del museo, Pontus Hulten, era a conoscenza del progetto. Si tratta di una scultura dalle dimensioni straordinarie, è una gigantesca Nana (titolo comune delle sue raffigurazioni femminili, le quali ricordano la Venere di Willendorf) incinta, 6 metri di altezza e 9 metri di larghezza; al suo interno ospita una galleria d’arte fittizia, mentre nel seno destro un bar e nel seno sinistro un piccolo planetario. Il motivo di tanto scandalo fu che vi si poteva accedere attraverso la vagina. L’opera rimase esposta per soli tre mesi, nei quali accolse oltre 100mila visitatori, dopodiché venne distrutta. “I maligni la definiscono la più grande puttana del mondo, avendo accolto centomila visitatori in tre mesi. Ai miei occhi non è così, al contrario essa è l’incarnazione dell’antico culto della Dea Madre, ha qualcosa di magico. Fa sentire felici e chiunque, al vederla, sorride”, dichiarò l’artista.

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PORTFOLIO X ‒ ROBERT MAPPLETHORPE

Robert Mapplethorpe, Autoritratto con frusta, dalla serie X Portfolio, 1978

Robert Mapplethorpe, Autoritratto con frusta, dalla serie X Portfolio, 1978

I temi più comuni delle fotografie di Robert Mapplethorpe sono ritratti di celebrità, soggetti sadomaso e studi di nudo omoerotici. All’estero Mapplethorpe è noto soprattutto per la sua serie Portfolio X, la quale fece scandalo per i contenuti fortemente espliciti, compreso un autoritratto di spalle con una frusta inserita nell’ano. In queste immagini il fotografo spezzava deliberatamente il confine tra foto d’arte e foto commerciale destinata al mercato pornografico, adottando soggetti e temi tipici della pornografia nel contesto di immagini d’arte. Ciò che neanche poteva essere discusso negli Anni Settanta, ovvero omosessualità, HIV, sadomasochismo, lui lo mostrò pubblicamente attraverso immagini dalla forte connotazione classica, in una galleria d’arte con modelli afroamericani e marmorei. Verso la fine della sua vita, l’aperta natura erotica e omosessuale di molti dei suoi lavori fece scattare una controversia più generale sui finanziamenti pubblici per opere provocatorie (o, secondo altri, pornografiche).

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THÉRÈSE REVÂNT ‒ BALTHUS

Balthus, Thérèse rêvant, 1938. The MET, New York. Photo Artists Rights Society (ARS), New York © Balthus

Balthus, Thérèse rêvant, 1938. The MET, New York. Photo Artists Rights Society (ARS), New York © Balthus

Balthus, come Schiele, non ebbe vita facile per via delle critiche dovute ai suoi soggetti. Una delle sue opere più sferzate è Thérèse revânt, realizzata nel 1938, che raffigura una ragazzina dalla posa sensuale e conturbante. Le accuse che vengono continuamente mosse nei confronti dell’artista sono quelle di istigazione alla pedofilia (se non di essere egli stesso un pedofilo). Insomma, anche in questo caso sono passati quasi cent’anni ma certe immagini rimangono ancora troppo audaci. Così Balthus, ancora oggi, a quasi vent’anni di distanza dalla sua morte, continua a subire la violenza censoria.

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SENTENCED TO DEATH ‒ OLIVIERO TOSCANI

Oliviero Toscani, dalla serie Sentenced to Death, 2000 © Benetton Group

Oliviero Toscani, dalla serie Sentenced to Death, 2000 © Benetton Group

Tra i fotografi che hanno suscitato più shock nella critica pubblica non poteva mancare Oliviero Toscani. Per un periodo fotografo ufficiale della Benetton (quest’anno cacciato per una gaffe fatta in radio), diventa famoso grazie alle continue denunce sociali che sono protagoniste dei suoi scatti. Una delle più note cause di scandalo fu la campagna contro la pena di morte. La campagna, realizzata sempre per Benetton e la quale ritrae diversi detenuti nel braccio della morte, subì moltissime critiche, mentre il fotografo, in Missouri, fu accusato di non aver specificato ai soggetti lo scopo degli scatti, ovvero una campagna pubblicitaria.

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