Intervista a Michele Mariotti, nuovo direttore del Teatro dell’Opera di Roma

Il nuovo direttore del Teatro dell’Opera di Roma riassume i progetti di una istituzione che si apre alla città, esplora il repertorio internazionale. E dà spazio anche ai compositori del nostro tempo

Una data memorabile quella del 27 novembre, prima alzata di sipario nel 1880 e d’ora in poi giorno deputato per le aperture di stagione del Teatro dell’Opera di Roma. Quest’anno la data ha coinciso con il debutto ufficiale a Roma di Michele Mariotti nel ruolo di direttore musicale. Acclamato dal pubblico sin dalla sua prima esibizione in occasione dei Dialogues des Carmélites, lo abbiamo intervistato per capire meglio la sua idea di teatro.

Michele Mariotti. Ph. Fabrizio Sansoni,Teatro dell’Opera di Roma.jpg

Michele Mariotti. Ph. Fabrizio Sansoni,Teatro dell’Opera di Roma.jpg

Nove titoli d’opera, quattro concerti, cinque balletti e otto nuove produzioni tra opera e danza. Una ricca programmazione che attinge al passato con uno sguardo sempre rivolto al presente e al futuro. C’è un denominatore comune che guida la scelta di questi titoli?
Sono titoli che nascono da due desideri: ampliare il repertorio per renderlo internazionale e raccontare storie che, ahimè, fanno parte della nostra attualità, come la violenza, la guerra, il fanatismo, la difficoltà di comunicare. È una stagione che ha i piedi piantati nel passato, ma si serve di tematiche del presente per guardare al futuro. Dobbiamo sempre cercare di coinvolgere il pubblico a riflettere sulla vita, sui suoi problemi. Questa deve essere la funzione del teatro.

Aida Gregory Kunde Radames, Ph: Fabrizio Sansoni Opera di Roma 2023

Aida Gregory Kunde Radames, Ph: Fabrizio Sansoni Opera di Roma 2023

 
Oltre a luogo di musica e spettacolo, il teatro è anche centro di sperimentazione e di innovazione.  Quali sono le novità che ci propone?
Questa stagione abbraccia un arco temporale molto ampio, si parte dal Barocco fino ai capolavori del Novecento. Opere come i Dialogues des Carmélites di Poulenc, il Tabarro di Puccini e il Castello del Principe Barbablù di Bartókdialogano con Arvo Pärt, che a sua volta crea un fil rouge con Janáček, con Kát’a Kabanová della scorsa stagione e con un altro importante titolo che sarà presentato l’anno prossimo. Questa commistione di diversi linguaggi musicali è voluta. Anche l’arrivo per la prima volta in Italia del regista Warlikowski si inquadra in questa direzione. Ci sono delle novità sia dal punto di vista musicale che registico.

Requiem, 16 dicembre 2017 © Auditorio de Tenerife, Miguel Barreto

Requiem, 16 dicembre 2017 © Auditorio de Tenerife, Miguel Barreto

 
Dirigere più volte un’opera, come ha fatto con l’Aida ad esempio, vuol dire anche rinnovarla. Tecnicamente come si rinnova un testo senza stravolgerlo?
Un testo lo si rinnova anche soltanto essendogli fedele. La novità sta nel non cambiare la storia, ma il linguaggio espressivo. Nell’Aida, ad esempio, la scena del trionfo era volutamente vuota, le sei trombe egizie circondate dal nulla: abbiamo voluto rappresentare il trionfo dell’ignoranza, di chi non è capace di accogliere le diversità culturali, razziali e religiose. Quel vuoto urlava più di qualsiasi corteo di elefanti e soldati.

Aida Zanellato Ramfis Kunde Radames Semenchuk Amneris, Ph Fabrizio Sansoni Opera di Roma 2023

Aida Zanellato Ramfis Kunde Radames Semenchuk Amneris. Photo Fabrizio Sansoni Opera di Roma 2023

Ci può raccontare di più sul ruolo di direttore al Teatro dell’Opera di Roma?
Il direttore musicale ha il dovere di lavorare sul proprio strumento, che in questo caso è formato da esseri umani, coro e orchestra. È importante lavorare costantemente per ottenere un’identità di suono che sia riconoscibile. Devo dire che sono stupito dal fatto che così velocemente l’orchestra stia assimilando il mio modo di lavorare, questo mi rende molto felice e molto orgoglioso. Poi ci sono altre mansioni, come quella di gestire la questione dei concorsi. Abbiamo alcune prime parti scoperte e dobbiamo riempire questi “buchi” per creare uno strumento completo. Dunque è una figura a trecentosessanta gradi.

Nel programma si indica l’intento di affidare nuove composizioni a compositori contemporanei. Potrebbe rivelarci in anteprima qualche nome?
Non ancora, ma c’è un progetto con la Scala di Milano per i prossimi anni. Penso che sia importante commissionare ad artisti contemporanei opere per il teatro che parlino del nostro tempo, usando il linguaggio del nostro tempo.

IL RUOLO DEL TEATRO NELLA SOCIETÀ

Michele Mariotti. Ph. Fabrizio Sansoni,Teatro dell’Opera di Roma.jpg

Michele Mariotti. Ph. Fabrizio Sansoni,Teatro dell’Opera di Roma.jpg

La sua idea è anche quella di aprirsi alla città. Come prevede di portare avanti questo presupposto?
Non eseguiremo concerti solo in teatro. Due anni fa a Bologna ho diretto concerti in prigione o nei centri sociali, è importante che il pubblico venga in teatro ma anche che il teatro vada nella città. Il teatro deve ritornare a essere un luogo in cui una società si identifica perché è di vitale importanza, come un ospedale o una scuola.

Purtroppo molti fattori contribuiscono a veicolare tra i giovani il messaggio che la cultura non sia importante. Qual è l’impegno del teatro in questo senso?
Il nostro impegno è quello di far capire ai giovani che la cultura invece è vitale. Apriremo le prove anche ai giovani per fargli vedere che cosa succede in quei momenti perché il teatro non è un posto vecchio: qui ci si diverte, ci si arrabbia, si suda, si fa musica insieme. È un posto dove ci si arricchisce e ci si rinnova quotidianamente, come un museo.

Aida, Ph Fabrizio Sansoni Opera di Roma 2023

Aida. Photo Fabrizio Sansoni Opera di Roma 2023

Quale riscontro in termini di accessi ha registrato il teatro dall’inizio della stagione?
Il teatro è sempre pieno e questo ci dà una gioia enorme. L’Aida era sold out e con Dialogues des Carmélites, che non è un’opera di repertorio come la Tosca, su cinque recite abbiamo avuto il pieno cinque volte. Il teatro sta vivendo un momento di grande successo.
 
Chiudiamo con qualche altra curiosità…
Posso dire che, con il Requiem appena concluso e il Manfred di Schumann, in programma ad aprile, un grande risultato per noi è riappropriarci di una stagione sinfonica. L’anno prossimo, poi, terremo dei concerti che avranno una natura particolare, sarà un sorpresa. Avere una stagione sinfonica accanto a una stagione di balletto dà l’idea di quanto complesso e vario sia il cartellone che Roma propone.
 
Donatella Giordano

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Donatella Giordano

Donatella Giordano

Nata in Sicilia, vive a Roma dal 2001. Ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, dove nel 2006 ha conseguito il diploma di laurea con una tesi che approfondiva la nascita dei primi happening e delle azioni performative…

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