Swiss Dance Days: a Basilea 5 giorni nel segno della danza

Un reportage dalla manifestazione elvetica “Swiss Dance Days” che, dopo lo stop imposto dalla pandemia, ha ospitato i talenti della danza e della coreografia emergenti o recentemente consacrati al successo

Cinque giorni di danza, performance, incontri con autori e coreografi: l’edizione 2022 degli Swiss Dance Days, piattaforma della danza svizzera e appuntamento di rilievo internazionale, ha rappresentato quest’anno un’occasione per ricreare un contesto di riflessione e ripensare le forme della performatività ricercando un’ondata di energia tra le nebbie della coda lunga della pandemia.
A Basilea, dal 2 al 6 febbraio 2022, sono stati presentati 14 lavori selezionati fra oltre 170 creazioni realizzate e approdate sulle scene dopo il 2019, scelte da un team di curatori e programmer, insieme al coreografo Foofwa d’Imobilité, cui quest’anno è stata affidata la Carte Blanche.

Marco Berrettini © Cyril Porchert

Marco Berrettini © Cyril Porchert

GLI SWISS DANCE DAYS 2022

Nella prima edizione postpandemica ‒ nel 2021 l’appuntamento biennale infatti era stato annullato ‒, la giuria ha privilegiato le compagnie emergenti e i lavori di coreografi recentemente consolidati, accomunati da una forte componente teatrale e performativa, spesso umoristica, a volte autobiografica, carica di energia vitale ed efficacia espressiva.
I lavori presentati lasciano emergere le riflessioni sulla natura del virtuosismo cui spesso non si negano, ma che riportano in forme e codici linguistici singolari. Siamo lontani dall’impostazione coreografica astratta e minimale o dai formati sperimentali ed espansi, profondamente connessi con la performance e le arti visive, della nuova coreografia svizzera che normalmente caratterizzano gli Swiss Dance Days. Qui il lavoro di ricerca si posiziona volutamente nel campo aperto dell’incertezza del futuro, e di conseguenza dei linguaggi, a volte ancora instabili, lasciando spazio all’emersione di generazioni meno visibili sul mercato della danza, affidando loro la scrittura del segno dei nostri tempi.

Rudi van der Merwe, LDR vertical © John Hogg

Rudi van der Merwe, LDR vertical © John Hogg

LOVERS, DOGS, RAINBOWS DI RUDI VAN DER MERWE

Tra i lavori di maggiore interesse va menzionato Lovers, Dogs, Rainbows di Rudi Van der Merwe, una lettera d’amore alla figura del padre, un coming out sotto forma di video documentario e di performance, una pagina di un diario consegnata alla fine di un’esistenza, che approfondisce un dialogo sulla pietas e sul tentativo di ricostruire un amore filiale a partire dalla diversità delle scelte di vita.
Lovers, Dogs, Rainbows è anche un’indagine, personale e insieme etnografica, sulla relazione con il Sudafrica, nazione di provenienza del coreografo afrikaner, che qui riporta le contraddizioni, il dolore, l’oblio della condizione omosessuale all’interno di una supremazia bianca. Un video potente, intimo, tra paesaggi aspri e desertici, percorre gli incontri ravvicinati con le minoranze, i ricordi di sole, la terra bruciata, i corpi di cani e pecore allevate, tosate e uccise, e lascia emergere la realtà socio-politica degli ultimi anni dell’Apartheid, le ombre della violenza sottesa, il silenzio subito dalle minoranze, dalla popolazione più marginalizzata, nera o omossessuale. Due drag queen entrano nella visione dello schermo, la attraversano come ombre fantasmagoriche. Dalla sudafricana Calvinia a Ginevra, città di Calvino, Rudi Van der Merwe procede in un percorso che interroga la propria biografia e per estensione il tema dell’identità e della relazione tesa con il patrimonio culturale.

Teresa Vittucci, doom © Felix Hergert

Teresa Vittucci, doom © Felix Hergert

DA LA PP A TERESA VITTUCCI

Altro lavoro di grande interesse è Farewell di La PP, dove i danzatori e coreografi Romane Peytavin e Pierre Piton affrontano con visionarietà dadaista il tema della perturbante relazione tra umano e robot, conducendoci con una partitura ritmica schizzata ed eccentrica in un territorio dagli accenti sincopati, che ricordano l’ironia performativa, post punk, fantascientifica e demenziale dei grandissimi Devo.
Si ritrovano nel programma i paesaggi queer dell’intensa Teresa Vittucci, che presenta, con la sua grande potenza performativa, DOOM, seconda parte della trilogia in lode della vulnerabilità, insieme al compositore Colin Self che analizza le figure mitiche di Eva e Pandora, in una prospettiva transfemminista queer. Presenti Ruth Childs con il suo ultimo Fantasia, e Tabea Martin con Forever.

Neopost Foofwa, Faune © Hitzigraphy

Neopost Foofwa, Faune © Hitzigraphy

LO SPETTACOLO DI FOOFWA D’IMOBILITÉ

La Carte Blanche di Neopost Foofwa / Foofwa d’Imobilité è un tributo a Vaslav Nijinski e al suo L’Après-Midi d’un Faune, nell’installation performance FAUNE. In un paesaggio di lampadine appese, frutta, riferimenti bucolici e oggetti, Foofwa interpreta insieme al suo cast, con una prospettiva queer ed edonista, onanista e onirica, il fauno di Nijinski, ampliando in una dimensione espansa e “durational” la geometria impetuosa della partitura del grande danzatore russo. Il lavoro gioca tra le derive ecologiche e postumane, in un affresco interspecie che rappresenta un invito alla gioia, a una creatività giocosa, che permetta di godere del mondo anche nell’assenza di mondo.
Interessanti, come sempre, i momenti dei Salon d’Artist, che permettono di conoscere le fasi di ricerca di coreografi e performer, e che in questa edizione mostrano il grande interesse della Svizzera a investire nella coreografia contemporanea dedicata al pubblico del futuro.

Maria Paola Zedda

https://www.swissdancedays.ch/en

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Maria Paola Zedda

Maria Paola Zedda

Curatrice ed esperta di performance art, danza e arti visive, rivolge la sua ricerca ai linguaggi di confine tra arte contemporanea, danza, performance e cinema. Ha lavorato come assistente e organizzatrice per oltre un decennio nelle produzioni della Compagnia Enzo…

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