La cultura della dance music. A Mestre

Parco Albanese della Bissuola, Venezia-Mestre – fino al 10 novembre 2019. Nata dalla collaborazione tra la Biennale di Venezia e la Philarmonie di Parigi, la mostra “ELECTRO – Elettronica: visioni & musica” rende ancora più pulsante la sede del CIMM del Parco Albanese della Bissuola di Mestre. Una mostra giusta, nel posto giusto, ma al momento sbagliato.

Il polo mestrino del Centro di Informatica Musicale e Multimediale della Biennale di Venezia – nato sotto la supervisione del direttore del settore Musica, Ivan Fedele – ha spalancato le sue porte per accogliere, il 23 settembre, una grande mostra dedicata al prezioso valore sociale della musica elettronica e alla visionarietà dei suoi pionieri. Grazie alla lungimiranza del presidente della Biennale di Venezia, Paolo Baratta, l’esposizione ha fatto tappa in Italia dopo aver invaso gli spazi della Philarmonie di Parigi. Concepita dal curatore Jean-Yves Leloup, ELECTRO mira a tracciare un filo diretto tra le arti musicali e quelle visive sancendo l’importanza che, dalla fine degli Anni Settanta in poi, la dance music continua ancora ad avere all’interno della nostra società. La mostra offre così un godibile excursus storico che tocca i momenti più rappresentativi di questa grande rivoluzione culturale: dalla club culture di Detroit, passando per il fenomeno dei rave e della conseguente seconda ondata della Summer of Love (a cavallo tra gli Anni Ottanta e i Novanta), per poi giungere fino alla spettacolarizzazione del fenomeno tramite festival dall’impronta molto più mainstream.

OPERE E ARTISTI

Collocata all’esterno del CIMM (proprio dove fino a due anni fa sorgevano gli storici “cubi” della Bissuola), l’opera Oscillation pervade lo spettatore delle suggestioni tipiche di un luogo emblematico come il Berghain di Berlino, tempio per antonomasia della techno contemporanea. Dalla forza evocativa di questa installazione sonora multicanale, realizzata da Soundwalk Collective, si passa al rumore tangibile propagato dal sorprendente Walking Cube: una scultura dinamica firmata dal duo francese 1024 Architecture (che già vanta collaborazioni con artisti come Daniel Buren e con musicisti quali Étienne de Crécy e Vitalic) e dallo statunitense Jason Cook. Tramite un imponente lavoro di programmazione, il solido geometrico avanza nel suo perimetro modificando le proprie dimensioni e producendo un suono che rimanda ai ritmi ossessivi e industriali tipici di un genere come la techno. Nonostante l’affascinante opera incarni il costante mutare di un corpo/volume che al contempo si fa anche spazio/ambiente (palese l’allusione al dancefloor), essa assume, in quel preciso contesto urbano, anche un altro significato. Agli occhi di chi in passato ha frequentato la città di Mestre, il Walking Cube apparirà sicuramente come un beffardo ricordo di quei blocchi in cemento che, fino al 2017 (anno in cui il sindaco Luigi Brugnaro ne ordinò la demolizione per contrastare attività di spaccio e riqualificare il territorio), fungevano da centro di aggregazione per skater, writer e giovani di diversa estrazione sociale.

The Walking Cube v2 from 1024 on Vimeo.

DA PEINADO A GARNIER

Accantonando per un attimo certe nostalgie, si può entrare nel vivo della mostra immergendosi nell’oscurità dello spazio espositivo e ammirare così le opere di Bruno Peinado, che fanno esplicito riferimento a due elementi a dir poco iconici: una disco ball, dalle sembianze di un grosso teschio rotante, e un luminoso smile (soggetto divenuto popolare nei primi Anni Novanta soprattutto per la sua riproduzione su pasticche di ecstasy). Da queste apparizioni estatiche e inquietanti all’atto catartico del ballo vero e proprio il passo è breve. Undici playlist, confezionate nientepopodimeno che dalla leggenda vivente dell’house music Laurent Garnier, fanno da background all’intero allestimento dando vita, allo stesso tempo, a Core: la sorprendente installazione interattiva (sempre frutto degli ingegnosi 1024 Architecture), fatta da led luminosi capaci di creare vere e proprie coreografie in tempo reale. Sulle note di mostri sacri come Donna Summer, Kraftwerk, Derrick May o Amon Tobin (giusto per citarne alcuni), e con la visione del progetto fotografico Dancefloor Panorama 1987-2017, si conclude la prima sezione di ELECTRO – Elettronica: visioni & musica. Nell’ordine di analizzare più da vicino le ripercussioni concrete della musica elettronica nel mondo dell’arte visiva e dello spettacolo, la seconda ala del CIMM si apre con l’imponente Imaginary Studio di Jean-Michel Jarre: una serie di strumenti analogici e avveniristici che hanno accompagnato la carriera musicale dell’illustre compositore francese.
Da un’arpa laser a sintetizzatori rari, non mancano le occasioni per rimanere a bocca aperta. Altrettanto interessante la collezione di robot sonori esposti nell’installazione MR-808 Interactive, a opera del performer e ingegnere robotico, Moritz Simon Geist. Sintesi invece dell’incontro tra suono e percezione visiva la serie Divination, del fotografo Jacob Khrist, e alcuni frammenti video di esibizioni estremamente scenografiche come quelle dei Daft Punk.

LUCI E OMBRE

ELECTRO non è però l’unica sorpresa che serba il CIMM; completano l’offerta culturale proposta dal Centro uno studio di prova e uno studio di registrazione messi a disposizione per musicisti e giovani del territorio. Dallo scorso aprile, infatti, sono stati indetti due bandi nazionali atti a formare professionalmente undici DJ e dodici producer. Tutor d’eccezione dei workshop, il DJ e sound designer Guglielmo Bottin, il produttore Bob Benozzo, il ricercatore e docente Sergio Messina, il DJ veneziano Spiller e Fabrizio Mammarella.
Benché l’intero progetto sia animato da nobili propositi, è impossibile non accorgersi di un lieve stridore tra la proposta di un’esposizione così ricca di riflessioni sul senso di comunità e di libertà espressiva a 360 gradi ‒ come appunto è ELECTRO ‒ e un’amministrazione che, negli ultimi anni, ha esplicitamente contrastato un certo modo di creare collettività chiudendo, di fatto, luoghi di ritrovo e locali storici dedicati alla sperimentazione musicale.
L’augurio ultimo è che il tutto non si riduca a uno specchio per allodole e che si riesca, in un futuro vicino, a riconsiderare la vita all’interno dei centri urbani puntando verso nuovi metodi di inclusione piuttosto che al ricorso ad approcci di matrice repressiva.  

Valerio Veneruso

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Valerio Veneruso

Valerio Veneruso

Esploratore visivo nato a Napoli nel 1984. Si occupa, sia come artista che come curatore indipendente, dell’impatto delle immagini nella società contemporanea e di tutto ciò che è legato alla sperimentazione audiovideo. Tra le mostre recenti: la personale RUBEDODOOM –…

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