La città proibita. Arti marziali, cibo e culture a confronto in un solo film

Il nuovo film di Gabriele Mainetti rappresenta ancora una volta qualcosa di insolito nella nostra industria cinematografica. Per la promozione del film anche una tavola realizzata dall’illustratore Manuel Fior

Arti marziali e cibo, incontro tra culture, amore e vendetta. Il nuovo film di Gabriele Mainetti è una sorpresa cinematografica. Un film del tutto inusuale per l’industria italiana. La conferma che con il talento, buone idee e un interessante budget si possono realizzare film di notevole spessore artistico/visionario.

La città proibita, titolo che forse risuona nella mente di qualcuno, è nelle sale dal 13 marzo con Piper Film, ma non ha nulla a che vedere con la trilogia del regista Zhang Yimou, anche se dal cinema orientale attinge molto. La città proibita di Gabriele Mainetti, scritto insieme a Davide Serino e Stefano Bises, è un racconto fatto di azione ed emozione che unisce più dimensioni, in primis la Cina rurale con il cuore pulsante del quartiere Esquilino di Roma, e quindi Piazza Vittorio.

La città proibita: la trama ufficiale

“L’amore a volte è più forte della legge…”. Dopo il successo del suo esordio con Lo chiamavano Jeeg Robot e il bellissimo Freaks Out, questo è il terzo lungometraggio di Gabriele Mainetti.

Ma cosa racconta La città proibita? Mei, una misteriosa ragazza cinese, arriva a Roma in cerca della sorella scomparsa. Il cuoco Marcello e la mamma Lorena portano avanti il ristorante di famiglia tra i debiti del padre Alfredo, che li ha abbandonati per fuggire con un’altra donna. Quando i loro destini si incrociano, Mei e Marcello combattono antichi pregiudizi culturali e nemici spietati, in una battaglia in cui la vendetta non si può scindere dall’amore. Nel cast de La città proibita compaiono Enrico Borello e Yaxi Liu insieme a Sabrina Ferilli, Luca Zingaretti e Marco Giallini.

Le arti del film di Mainetti

Per descrivere questo film si potrebbe dire “La città proibita Vs. Da Alfredo” indicando così una sfida tra ristoranti, tra mondi differenti tra loro, nulla a che vedere però con eventuali stelle Michelin, altri riconoscimenti gastronomici o competitività riguardo la clientela. Qui tutto ruota attorno all’amore e alla tradizione, ai divieti e ai permessi, alle diverse possibilità e ai tradimenti di vario genere. La città proibita è un vero incontro – scontro tra lingue e gesti, o meglio ancora… tra noodles e amatriciana. Un film che a suo modo sfida un mondo e un cinema che sono in continuo cambiamento. Un film in cui ci sono più arti e si incontrano a più livelli.

Sì, La città proibita è anche un grande film d’arte. Ci sono le arti marziali con coreografie che rapiscono e catturano l’attenzione dello spettatore; c’è poi l’arte culinaria che racconta, come sempre, chi siamo e da dove proveniamo; e c’è l’arte cinematografica di Mainetti che avvolge il tutto in uno stile crudo, diretto, in evoluzione e, appunto, in trasformazione.

Cosa c’entra l’illustratore Manuele Fior con il film?

La città proibita è una favola a più strati. Familiare, di potere, di vendetta. Il colore predominante è il rosso. Il colore della passione e del sangue, dell’amore e del dramma. Una piccola grande curiosità: per la strategia di promozione di questo film è stato coinvolto un fumettista, Manuele Fior (illustratore, pittore, scrittore e architetto).

Chi segue Gabriele Mainetti dal minuto zero lo sa, è un grande appassionato di fumetti, come ha ammesso lui stesso di recente. Manuele Fior ha realizzato per La città proibita una tavola che mostra Mei e Marcello, i giovani protagonisti, scappare tra le vie di Roma, tra i luoghi del film, inseguiti dagli uomini del loro “nemico” – senza svelare troppo -, mentre le didascalie scandiscono il testo della nota canzone di Mina, E se domani.

Manuel Fior è lo stesso autore che firma il calendario Epson 2025, Fermo Immagine, in cui rende omaggio al cinema attraverso momenti e inquadrature iconiche di film da lui particolarmente amati e che vanno dagli Anni Sessanta a oggi.

Margherita Bordino

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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