Una riflessione sul settore musicale per andare oltre al meccanismo del sold-out

Il mercato musicale sta attraversando una fase particolare, in cui i ricavi degli artisti dipendono più dagli eventi live che dalla vendita dei dischi. Una dinamica che, dando vita al meccanismo del sold-out, rischia di diventare insostenibile nel lungo periodo, per cui urge pensare a nuove alternative…

Negli ultimi tempi sono sempre più numerosi gli affondi che esponenti del mondo musicale e più in generale dello spettacolo, fanno al cosiddetto sistema dei sold-out, che, come qualche giorno fa ha affermato Venditti: “inserisce i giovani fragili all’interno di un frullatore” e che Zampaglione descrive come “un sistema che trattiene la maggior parte dei potenziali introiti”. Un sistema che, se non proprio truffaldino, può ricordare molto il Gatto e la Volpe di Battiato.

“Il sistema del sold-out” un meccanismo che dipende da vari elementi

Si tratta di un meccanismo che da tempo viene discusso e che è la diretta conseguenza di alcuni elementi strutturali e altri contingenti. Da un lato la trasmigrazione dei ricavi degli artisti, che dalla vendita di dischi si è ormai completamente trasferita sui concerti; dall’altro, il grande boom di concerti-spettacolo, con la grande affluenza che si è registrata nel periodo post-Covid. Condizioni che hanno spinto a strategie espansive, sia in termini di prezzo dei biglietti (con cifre che a volte sono fuori da ogni logica), sia in termini di “numero di concerti” per artista e complessivi.

La dinamica della domanda e dell’offerta

Preso atto che questo meccanismo funziona fino a quando c’è una domanda che lo sorregge, era del tutto naturale che si giungesse a questa fase del mercato: la domanda determina l’aumento dell’offerta. La domanda in ogni caso continua a superare l’offerta, allora si estende l’offerta e si alzano i prezzi. A questo punto la domanda crolla o non cresce allo stesso tasso dell’offerta e la gran parte dei progetti (artistici e imprenditoriali) che sono nati sull’onda dell’entusiasmo senza riuscire a costruire nel tempo una base solida, tenderanno a fuoriuscire da questo mercato. Segue una fase di consolidamento, in cui rimangono tendenzialmente i più grandi e qualche piccolo operatore.

La scena musicale oltre la fabbrica delle hit 

La scena musicale, tuttavia, non è soltanto rappresentata dalla fabbrica delle hit: ci sono sempre più artisti che senza alcuna pretesa di riempire i palazzetti, continuano a suonare in circuiti più ristretti, costruendo un po’ alla volta una carriera che si nutre di esperienze, errori interpretativi, rapporti con il pubblico.

Il concerto all'Inalpi Arena di Torino di Gigi D’Agostino, foto Claudia Giraud
Il concerto all’Inalpi Arena di Torino di Gigi D’Agostino. Photo Claudia Giraud

La costruzione del “sold-out” un’industria che coinvolge diversi professionisti

L’industria delle pop-star che si basa sulle grandi dimensioni si avvale poi di migliaia e migliaia di musicisti, arrangiatori e tecnici del suono. Professionisti che si occupano di trasformare una canzone in un tormentone. Le case discografiche intervengono anche in modo massivo, a volte rispettando l’inclinazione del brano, altre volte stravolgendola. 
Ad arricchire i suoni, quindi, non sono le band o gli stessi artisti, ma tecnici, forniti dalla major, che generano con regolarità brani poi canticchiati da tutti.
Ragionando per semplificazioni, da un lato abbiamo una produzione massiva che riempie tutti gli spazi possibili del quotidiano intercettando accordi con soggetti afferenti alla pressoché totalità dei settori merceologici; dall’altro, una produzione più ricercata che si fonda su metodi più vicini all’artigianato che all’industria. 
Accanto a queste due macro-categorie ci sono le numerosissime linee borderline, nicchie di mercato che agiscono in modo completamente differente; come nel caso della musica elettronica, metal, jazz o sperimentale. Pur sottolineando quanto queste nicchie rappresentino un fenomeno importante, tanto dal punto di vista artistico-musicale, quanto economico, la maggioranza degli introiti è rappresentata dalla grande industria delle pop-star, popolata da idoli che, in pochissimo tempo, riescono a raggiungere vette di successo altissime a livello planetario.

Pensare ad una nuova di sviluppo per arginare questa trappola della crescita

Fermo restando che sarà difficile per il pubblico continuare a reggere i consumi sostenuti sinora per le esperienze musicali, è forse giunto il momento di definire una nuova linea di sviluppo, perché evitare di cadere in una sorta di trappola della crescita, in cui è necessario sviluppare sempre maggiori ricavi per sostenere spese in costante espansione.

Le possibili risposte 

Quale potrà essere la risposta, dipende da tantissimi fattori: un progressivo ritorno verso nicchie di mercato o verso artisti che per quanto popolari non sono mainstream? O lo sviluppo di forme fruitive differenti con nuovi accordi contrattuali per agevolare nell’acquisto dei biglietti gli abbonati alle piattaforme di ascolto? È chiaro tuttavia che questa particolare tipologia di conformazione del mercato merita una riflessione e presumibilmente un’evoluzione, perché l’industria musicale può sicuramente essere un mercato, ma è un mercato che se assorbe troppi precetti fordisti, finisce per diventare meno esplosivo. E disinnescare il potere della musica è forse uno dei torti maggiori che possiamo compiere verso noi stessi.

Stefano Monti

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Stefano Monti

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Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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