Arti antiche e Intelligenze Artificiali si incontrano nella mostra Scoletta a Venezia
Il concetto di apprendimento artistico nell’era delle Intelligenze Artificiali in una mostra a Venezia, proprio durante questa Biennale che non sembra interessata alla tecnologia
Ogni volta che una nuova tecnologia comincia a farsi strada nella vita dell’uomo vi è sempre un periodo di gestazione nel quale si inizia a entrare in confidenza con quel linguaggio misterioso attraverso sperimentazioni di ogni tipo: un tempo delicato in cui bisogna anche imparare a lasciar sedimentare ciò che si sta apprendendo. Questa fase transitoria di pratica, studio e riflessione è infatti necessaria per comprendere gli effettivi utilizzi e le possibili direzioni future che prenderà quell’innovazione specifica. Durante un simile stadio conoscitivo può capitare però che – vuoi per spiccato interesse, vuoi per sensazionalismo, vuoi per FOMO – si avverta l’urgenza di giocare in anticipo creando un precedente storico tramite la presentazione di progetti, opere o testi, esclusivamente dedicati a quella scoperta che di fatto è ancora in divenire.
Il Decentral Art Pavilion e gli NFT
Non c’è niente di sbagliato anzi, stiamo comunque parlando di processi creativi inevitabili per normalizzare in seguito la fruizione di quel nuovo strumento, ciononostante il terreno su cui si cammina rimane ancora molto scivoloso. E così, un po’ come è avvenuto due anni fa con l’esperienza Decentral Art Pavilion (interamente focalizzata sul “futuro” degli NFT), anche durante quest’ultima Biennale di Venezia ci si è confrontati con un’esposizione totalmente incentrata sull’ultima tendenza del momento in ambito artistico/tecnologico che, in questo caso, coincide con l’utilizzo delle Intelligenze Artificiali.
La mostra “Scoletta dell’arte: digital reform”
Di cosa stiamo parlando? Di Scoletta dell’Arte: Digital Reform, una mostra interattiva che, fino al 15 settembre, si avvale di una location particolarissima per riflettere sul concetto di insegnamento in un’epoca di grandi cambiamenti sociali e tecnologici come la nostra. Curata da Antonio Geusa, e presentata dalla piattaforma interdisciplinare TAEX, la rassegna si snoda attraverso i piani della Scoletta dell’Arte dei Tiraoro e Battioro (sede storica della Corporazione degli artigiani del XVIII secolo che lì vi producevano fili e foglie d’oro) per invitare il pubblico a osservare l’arte digitale con gli occhi di un attento studioso. Un intento nobile e puntuale quello di Geusa che però si concretizza in un’esposizione fatta di pochi guizzi interessanti e alcuni dubbi.
Come spesso capita per quei progetti di matrice didattica che si rivolgono soprattutto a neofiti e curiosi, la linea curatoriale adottata sceglie un approccio ludico all’argomento proponendo diverse opere partecipative in cui il gioco funge da filo conduttore.
Gli artisti della mostra sulle intelligenze artificiali
È questo il caso di You Are Making Art di Andrea Meregalli che accoglie lo spettatore all’interno di una sorta di set fotografico nel quale potersi scattare un selfie che, grazie a un software come Stable Diffusion, viene poi mescolato insieme alle tante immagini presenti nel database dell’artista e visualizzato su di un monitor per pochi secondi prima di svanire. Un lavoro che ci interroga sulla nostra posizione nel mondo, sull’effimero e sull’essere parte di un’opera d’arte ma che al contempo utilizza un espediente non troppo originale che rischia di appiattire il tutto. Il coinvolgimento del pubblico è anche al centro degli interventi di Francesco D’Isa e di MAOTIK: e se nell’installazione del primo la presenza dell’osservatore determina i tempi di contemplazione di immagini volutamente errate generate con programmi Text To Image, in quella del secondo la sua fisicità influenza in real time la composizione stessa dell’opera. L’impronto giocoso della mostra si manifesta inoltre anche in due progetti prodotti da TAEX: un gioco di carte sulla storia dell’arte che mette in evidenzia le criticità di un sistema come Chat GPT, e Vera, un’applicazione TTI utilizzabile in loco da chiunque. Fortunatamente non tutti i progetti selezionati esigono un’interazione con il visitatore e vi si trova così anche il modo di fruirne in maniera più “tradizionale”. È quello che avviene con i contributi rispettivi dell’artista cinese Funa Ye, del collettivo nostrano Accurat e della pioniera della Net Art Shu Lea Cheang che, in questa cornice, partecipa con Virus Becoming, un video distopico di animazione 3D realizzato nel 2022.
Scoletta: una mostra nella mostra
A dare una sferzata realmente inaspettata all’allestimento complessivo è la scelta di esporre anche disegni e dipinti di maestri del passato che fanno in qualche modo riferimento alla pratica dello studio. Delle figure che nella visione di Geusa fungono da precursori dell’indole rivoluzionaria insita nell’arte digitale: un pensiero che crea un sottile parallelismo tra lo studio della percezione visiva e il machine learning. Come in una sorta di “mostra nella mostra” è così possibile ammirare opere notevoli di artisti del calibro di Salvator Rosa, Jean Géricault, John Constable e Malevich(giusto per citarne alcuni).
Perplessità a parte, bisogna ammettere che all’interno del contesto della Biennale Scoletta dell’Arte: Digital Reformrappresenti l’unica occasione per saperne un po’ di più su di una questione così importante e attuale come quella dell’utilizzo delle AI in campo artistico. Una tematica particolarmente assente nella kermesse veneziana che, in un modo in un altro, meritava comunque di essere trattata.
Valerio Veneruso
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