A Londra Frieze Masters è bella e tanto tanto italiana. Analisi della fiera

Sono più di dieci le gallerie che provengono dall’Italia, ma tantissimi gli artisti. Spicca su tutti Alberto Burri, presenza “fissa” in fiera. Da non perdere il bel progetto su Enrico Baj da Giò Marconi/Luxembourg & Dayan e Laura Grisi da P420.

È bella e monumentale questa edizione numero 6 di Frieze Masters, in Regent’s Park a pochi passi dalla fiera madre, fino all’8 ottobre 2017. Un corposo viaggio nella storia dell’arte, spaziando dai libri antichi alle statue classiche, dai grandi nomi della modernità ai contemporanei. Con allestimenti e progetti spesso da capogiro. Qualche esempio, sicuramente non esaustivo (aspettando la nostra consueta top 10)? Il booth dedicato a Lynda Benglis da Thomas Dane (Londra, Napoli), il bel progetto su Craig Kauffman presentato da Sprüth Magers(Berlino), Jan Dibbets da Alan Cristea Gallery (Londra), un opulentissimo Julian Schnabel da Blum & Poe (New York, Los Angeles, Tokyo), Robert Morris da Castelli (New York), Saul Steinbergh da Pace Gallery, Georg Baselitz da Gagosian. O la galleria Les Enluminures (Parigi) che presenta una rarissima teca di anelli bizantini tra i III e il XIII secolo, con i relativi sigilli.

DAL PASSATO…

Ma c’è anche tantissima Italia in questa Frieze Masters che ospita più di dieci stand di gallerie italiane o che hanno una sede nel nostro Paese. E qua e là, tra i booth, si trovano opere, manufatti, oggetti che raccontano una certa forza dell’arte italiana qui a Londra e sul mercato internazionale. È chiaro che in una manifestazione come questa che attraversa le epoche, passando dall’antichità al Rinascimento, fino ai giorni nostri, l’arte italiana non può non avere un ruolo protagonista. Lo dimostrano le proposte degli antiquari di Firenze Bacarelli e Botticelli, qui insieme in un unico stand, il bel crocifisso ligneo toscano da Peter Freeman (New York, Parigi), la selezione di busti e marmi funerari di epoca e provenienza romana della Galerie Chanel (Parigi).

BURRI THE KING

Ma anche i “moderni” non scherzano. Star indiscussa è Alberto Burri: i suoi lavori compaiono ovunque, a partire dal bellissimo booth dedicato realizzato da Mazzoleni (Londra, Torino) che presenta cellotex, sacchi e combustioni dal 1966 agli anni ’90. Ma Burri compare anche da Tornabuoni, insieme a belle opere di Paolo Scheggi e Lucio Fontana, da Robilant e Voena, insieme a old masters italiani e altri artisti come Consagra, da Nahmad Contemporary, New York e nel notevole stand di David Zwirner (nella nostra foto in compagnia di un Chamberlain), per esempio. Massimo Minini (Brescia) presenta, invece, un omaggio a Shusaku Arakawa, artista e architetto scomparso nel 2010. Nelle opere in mostra le due sensibilità si fondono, mutuando la leggerezza e la forza della tradizione del segno giapponese. Star dell’arte povera da Massimo De Carlo. Spiccano la Balena (1966) di Pino Pascali e Fucili Kill (50 fucili per Johnson) di Gianfranco Baruchello, in un insieme di opere davvero notevole. Da Cardi (Milano, Londra), da non perdere due autoritratti realizzati agli inizi degli anni ’90 da Gino De Dominicis. Diversamente la Galleria Continua di San Gimignano (Beijing, Les Moulins, Habana) presenta una vera e propria mostra di Chen Zhen, artista da sempre tra le colonne portanti della scuderia, con lavori monumentali ed un display avvincente.

SPOTLIGHT CON TANTE SORPRESE

Sorprese anche nella sezione Spotlight, curata da Toby Kamps del Blaffer Art Museum di Houston). Oltre ai raffinatissimi “quadri neri”, segnati da leggeri contrappunti, di Vincenzo Agnetti, portati da Zero… (Milano), spicca il progetto di P420 (Bologna) che riscopre il lavoro di Laura Grisi, nel biennio tra il 1966 e il 1968. Un’affascinante rivelazione per chi non conosce questa “maestra” italo-greca nata nel 1939, che ha debuttato nel 1964 ed esposto a fianco di artisti del calibro di Mambor, Pascali, Anselmo, tra gli altri. Le opere in mostra sono concertate come delle quinte attraverso le quali si muovono spettri e presenze umane, in un lavoro autorevole e senza genere, che strizza l’occhio all’arte cinetica, ma va molto oltre la corrente. E a ben informarsi si scopre che la Grisi ha un curriculum eccellente, presenze alla Biennale di Venezia, opere nelle collezioni più importanti di tutto il mondo e sette mostre con Leo Castelli, per dire.

GLI STUDI

Chiude il cerchio l’indimenticabile e coraggioso progetto di Giò Marconi, Milano, che in collaborazione con Luxembourg & Dayan, Londra, porta un Enrico Baj inedito. Non sono tanto le singole opere (seppur bellissime) a lasciare il segno, ma l’intero display che ricostruisce (con gli arredi originali) la casa e lo studio dell’artista milanese. C’è anche un altro progetto, non italiano, qui a Frieze Masters che racconta il tema dello studio, ricostruendo all’interno dello spazio di Waddington Custot, Londra, (che nella sezione Sculptures ha portato Mimmo Rotella), gli ambienti di lavoro, situati in West London, di Sir. Peter Blake, ricreandone il “caos calmo”, i memorabilia, la musica, l’atmosfera. E c’è anche l’artista che si aggira nello stand conversando generosamente con i visitatori. Il progetto non ha convinto moltissimo i colleghi del Guardian. A noi, invece, è piaciuto tantissimo.

– Santa Nastro

Londra// fino all’8 ottobre 2017
Frieze Masters
Regent’s Park
https://frieze.com/fairs/friez e-masters

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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