Museo della Merda. Metamorfosi a due passi da Piacenza

A una decina di chilometri da Piacenza, l’Azienda Agricola di Castelbosco organizza visite private agli allevamenti e alla collezione di opere d’arte allestite nel castello tardo-medioevale adiacente. Fra interventi di David Tremlett, disegni di Gianfranco Baruchello e tele di Roberto Coda Zabetta. Fil rouge? Le deiezioni.

LO SCENARIO
L’ultimo fine settimana di ogni mese, il Museo della Merda, nella frazione Campremoldo Sopra a Gragnano Trebbiense, propone visite gratuite su prenotazione. Famiglie e coppie arrivano principalmente dalla Lombardia, da Milano, ma anche da Brescia e dalla vicina Piacenza. Dal casello dell’autostrada si impiegano all’incirca venti minuti. Sono necessari pochi chilometri perché i centri abitati, diradandosi, lascino posto a distese verdissime, campi di pomodori e mais. Pianure che incalzano quietamente le altezze dei colli, sorti all’orizzonte come nuvole basse.

LATTE E STERCO
L’azienda agricola, all’interno della quale è nato e dalla quale è supportato il Museo della Merda, è attualmente deputata alla produzione di latte per il Grana. Ospita 2.500 bovini di razza selezionata, animali che producono quotidianamente 360 quintali circa di latte e… 1.000 di sterco. Rifiuti che, data la capacità di massa e l’impatto ambientale critico delle sostanze organiche in essi contenute, hanno necessitato l’intervento di macchinari appositi e di processi di trasformazione.
Un’attitudine che ha portato la gestione quotidiana delle bovine e dei vitellini, della loro produzione e dei loro rifiuti a creare un progetto ecologico e, allo stesso tempo, industriale. I liquami emanano metano, ma sono prima di tutto concime per i campi e in ultimo, attraverso reazioni anaerobiche, materia grezza per intonaco e mattoni attraverso sistemi di nuova concezione che, oltre a ridurre l’inquinamento atmosferico e la distribuzione di nitrati nel terreno, seguono un principio che si inserisce nuovamente all’interno del ciclo della natura.

Museo della Merda

Museo della Merda

DAVID TREMLETT COME APRIPISTA
Uno dei primi artisti chiamati a interpretare la volontà del proprietario Gianantonio di riduzione, da parte dell’azienda, di impatto ambientale e sul territorio è stato David Tremlett che, nello studio del paesaggio, ha trasformato, dipingendo segmenti monocromi tra silos e stalle, gli edifici storici e produttivi, oltre ad aver concepito l’insegna dell’ingresso e la recinzione dell’azienda.
Inserzioni de-saturate, geometriche e anche verbo-visuali, interpretazioni delle forme e dei colori del contesto naturale e industriale, fungono da trama di collegamento tra l’esterno dell’azienda agricola e gli interni del Museo della Merda.
Nell’adiacente castello tardomedievale, nella seconda sala sono stati esposti alcuni progetti preparatori degli interventi realizzati anni fa, sala che presenta i prodotti di Castelbosco, ovvero sia il digestato in polvere sia i mattoni ottenuti dal suo impasto con l’argilla.

IL MUSEO
Ma a qualche passo da essa, subito dopo aver attraversato l’antico ponte levatoio ricoperto di glicine, la prima sala del Museo della Merda espone, al di là di ogni suggestione, la propria poetica, la propria essenza. Merda o non merda. Letteratura, natura, arte, tecnologia.
L’esposizione al piano terra del castello, riscaldato da un sistema di impianti a vista, infatti, si rivela come frutto del dialogo tra Locatelli, l’architetto Luca Cipelletti, lo storico dell’arte Gaspare Luigi Marcone e il gallerista e collezionista Massimo Valsecchi (da non confondersi con il fotografo Carlo Valsecchi, in mostra allo stesso museo).
Il percorso attualmente permanente unisce biomeccanica, design, elementi trovati in azienda, arte ambientale e paesaggio agricolo, occupandosi, tra estratti de Il fantasma delle libertà di Buñuel e interventi di Costa del 1975, anche di citare il sistema di digestori che trasformano lo sterco in energia.

Museo della Merda

Museo della Merda

LA COLLEZIONE LOCATELLI
La collezione di proprietà di Locatelli, talvolta esposta su teche ricoperte di digestato e acciaio corten, non include solamente lavori acquistati negli anni, frutto di amicizie personali con pochi artisti selezionati, ma anche un percorso che accosta reperti archeologici egizi, come lo scarabeo stercorario – simbolo del logo posto a sigillo del museo – alla fotografia in bianco e nero post-industriale dei coniugi Becher, passando per la Naturalis Historia di Plinio e la rievocazione della bioluminescenza metanizzata.
Da visionare, infine, e dunque all’inizio, seguendo il principio di reversibilità di natura, anche il coprolite di dinosauro e l’ex-voto anatomico di area etrusco-laziale, terracotta del III-II secolo a.C. Componenti, non a caso, posti come lari e penati a sovrintendere l’ingresso, l’attività, la vita, la programmazione di un luogo deve continuare a crescere nuovi frutti. A partire dalla merda.

Ginevra Bria

MUSEO DELLA MERDA
Frazione Campremoldo Sopra
Loc. Castelbosco
Gragnano Trebbiense
[email protected]
www.museodellamerda.org

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Ginevra Bria

Ginevra Bria

Ginevra Bria è critico d’arte e curatore di Isisuf – Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo di Milano. È specializzata in arte contemporanea latinoamericana.

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