Stroboskop, uno spazio indipendente nel cuore di Varsavia

A Varsavia nasce una realtà indipendente, un white cube ricavato da un garage del periodo comunista. Gli ideatori sono quattro ragazzi, li abbiamo incontrati per capire cosa vuol dire dar vita ad uno spazio off nella capitale polacca.

Franciszek Buchner, Agnieszka Delman, Norbert Delman, Jan Słoniewski sono i fondatori di Stroboskop, lo spazio espositivo indipendente sorto nel cuore di Varsavia. In questa intervista raccontano motivazioni e obiettivi alla base di una scelta coraggiosa.

Siete quattro ragazzi, cresciuti a Varsavia e appena diplomati in accademia. Com’è nata l’idea di unirvi e dar vita a uno spazio indipendente?
Stroboskop è nato dall’unione di quattro persone, tutte connesse per qualche ragione al mondo dell’arte, ma non tutte provenienti da una formazione accademica: Agnieszka è una produttrice teatrale e Jan è un avvocato, mentre Norbert e Franek sono artisti. Nonostante arriviamo da differenti background personali, tutti noi abbiamo sentito il bisogno di dar vita a uno spazio artistico indipendente, che fosse staccato dalle dinamiche culturali della città. Eravamo perfettamente consapevoli del divario che esiste tra l’accademia, le varie istituzioni cittadine, e le gallerie private. Con questo spazio volevamo offrire qualcosa di nuovo, perché crediamo che iniziative del genere siano salutari per l’intero contesto culturale e, a nostro avviso, aiutino l’arte a crescere.

Da quali stimoli e con quali intenzioni nasce Stroboskop?
Volevamo creare uno spazio dove i giovani artisti fossero in grado di sperimentare, affinare il loro approccio visuale e fare cose che normalmente non sono possibili in un luogo istituzionale. Il nostro obiettivo è collaborare non solo con autori polacchi, ma anche con giovani artisti stranieri, meglio se al di sotto dei trent’anni.

Jagoda Dobecka - COFAM SUBA - installation view at Stroboskop, Varsavia 2016

Jagoda Dobecka – COFAM SUBA – installation view at Stroboskop, Varsavia 2016

Come si inserisce lo spazio nelle dinamiche culturali della città?
Il nostro spazio è situato in un vecchio garage del periodo comunista nel mezzo di Varsavia. È uno spazio piccolo nelle dimensioni, ma con un grande potenziale partecipativo perché, a differenza di altri luoghi artistici, nasce con l’intento di connettere persone. Il garage in sé è un luogo affascinante e in grado di adeguarsi alle diverse soluzioni degli artisti.

Negli ultimi anni a Varsavia sono nate molte gallerie private, ma gli spazi indipendenti e forse, più in generale, la cultura underground, restano ancora deboli se comparati a quelli delle altre capitali europee. Siete d’accordo?
Purtroppo hai ragione, da una parte c’è il pensiero diffuso e tangibile che spazi del genere siano necessari, dall’altra c’è ancora molta difficoltà a dar vita a iniziative simili. I giovani artisti hanno l’ambizione di entrare a far parte di gallerie private, con un programma chiuso e che spesso non lascia agli stessi il tempo e il modo per sperimentare e divertirsi. Credo che se ci fossero più iniziative simili alla nostra, la scena artistica di Varsavia sarebbe assai più vitale e attrattiva.

È pur vero che in ogni situazione artistica in spazi indipendenti e di ricerca, il pubblico ha sempre risposto con entusiasmo. La gente, insomma, sembra avere bisogno (soprattutto) di queste realtà, giovani e sperimentali.
È vero, a nostro avviso è sempre bello e gratificante sentire l’entusiasmo di chi apprezza l’attività di Stroboskop. La cosa importante, ora, ad ogni modo, è stringere le viti, lavorare per assunzioni, provando a scoprire e percorrere un sentiero di sviluppo per questo spazio. Per noi è una cosa completamente nuova, e non una priorità nelle nostre attività personali che – è bene ricordarlo – viaggiano su livelli diversi perché ognuno di noi ha la sua vita e la sua carriera.
Non abbiamo piani o interessi personali da far coincidere con la crescita dello spazio, ma vogliamo che questa sia una opzione potenziale per altri: vogliamo, insomma, che siano le persone ad alimentare Stroboskop.

Stroboskop, Varsavia - opening della mostra MONO, 2016

Stroboskop, Varsavia – opening della mostra MONO, 2016

Come vengono scelti gli artisti e che tipo di collaborazione create con loro?
La cooperazione con Stroboskop è basata su una sorta di scambio-baratto, in cui noi offriamo lo spazio e il supporto logistico, facendo il massimo per andare incontro alle necessità dell’artista nella messa in atto del progetto, e gli artisti in cambio realizzano la mostra. Non dichiariamo alcun tipo di diritto sulle opere, né tantomeno mediamo nella vendita dei pezzi.
In quanto alla selezione degli artisti abbiamo spesso delle open call, ma ci impegniamo anche in prima persona nella ricerca di autori interessanti, che solitamente conosciamo durante viaggi all’estero o attraverso le residenze artistiche alle quali alcuni di noi prendono parte. Ci piace cercare artisti nel sottosuolo, fuori dal radar delle istituzioni.

Molti spazi off nascono con intenzioni nobili (collaborazione, sperimentazione, ricerca), per poi venire spesso tentati dalle logiche comuni del mercato, collaborando con istituzioni e, in sostanza, allineandosi alle dinamiche culturali ed economiche più ampie e consolidate del circuito cittadino. Da parte vostra, quale posizione cercherete di mantenere a riguardo?
Difficile da dire, non abbiamo porte chiuse ma siamo aperti a ogni scenario prospetti degli sviluppi interessanti. Ogni direzione, insomma, è possibile. Chi può sapere se tra qualche anno Stroboskop sarà una galleria o, addirittura, sarà guidata da altre persone rispetto a noi? Al momento siamo decisamente aperti a tutto e vogliamo essere sorpresi.

Stroboskop, Varsavia

Stroboskop, Varsavia

Siete giovani artisti e curatori neodiplomati. Dal vostro punto di vista, cosa sta succedendo nella cultura polacca e in che direzione sta andando?
A nostro avviso l’arte polacca si trova al momento a un livello molto alto, pur non distinguendosi in modo particolare dal resto della scena internazionale con cui condivide, bene o male, gli stessi standard di qualità.
Riguardo al lavoro delle istituzioni, dei programmi di residenza nazionali, delle accademie e delle gallerie private, c’è sicuramente sempre da migliorare. Ma questo è uno statement che vale per la scena artistica di ogni paese.
Quello che è certo è che la cultura polacca potrebbe avere qualche problema a partire da ora e nei prossimi anni, specialmente dopo i cambiamenti politici in atto in Polonia, con la vittoria della destra ultraconservatrice. Possiamo solo sperare che in un futuro prossimo le migliori espressioni dell’arte contemporanea nazionale possano essere libere di attestarsi senza ostacoli o restrizioni anche a livelli più alti e istituzionali. Non solo, insomma, all’interno di un garage.

Alex Urso

www.stroboskop-space.pl

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Alex Urso

Alex Urso

Artista e curatore. Diplomato in Pittura (Accademia di Belle Arti di Brera). Laureato in Lettere Moderne (Università di Macerata, Università di Bologna). Corsi di perfezionamento in Arts and Heritage Management (Università Bocconi) e Arts and Culture Strategy (Università della Pennsylvania).…

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