Anish Kapoor si mette a ballare il rap. Sulle note di Gangnam Style. Déjà vu? Sì, perchè il primo ramake polemico-parodistico lo aveva firmato Ai Weiwei. Censurato, naturalmente…

I fatti risalgono a circa un mese fa. Nel cortile di casa sua, a Pechino, Ai Weiwei metteva in scena insieme ad alcuni amici la parodia di una popolarissima hit del rapper sud coreano Psy, “Gangnam Style“. La location del video è un noto quartiere snob di Seoul, un ghetto dorato in cui proletari e […]

I fatti risalgono a circa un mese fa. Nel cortile di casa sua, a Pechino, Ai Weiwei metteva in scena insieme ad alcuni amici la parodia di una popolarissima hit del rapper sud coreano Psy, “Gangnam Style“. La location del video è un noto quartiere snob di Seoul, un ghetto dorato in cui proletari e fighetti non si incontrano mai; protagonista un classico “white-collar” che balla goffamente e si pavoneggia, tronfio, tra auto di lusso, allegre signorine e grattacieli scintillanti. Nella provocatoria cover di Ai Weiwei spunta una frase in cinese – “cavallo di fango della prateria” – che pronunciata con un accento particolare significa qualcosa come “mother fucker”. Apriti cielo. Forse l’insulto peggiore per un cinese doc. Insulto che, camuffato dall’ironia generale, l’artista rivolge alle autorità repressive e illiberali. Quindi, la chicca: mentre ancheggia con i ballerini, Ai Weiwei estrae dalla tasca un paio di manette, facendole volteggiare per aria. Un chiaro riferimento al suo sofferto periodo di detenzione: era il 2011 e il governo cinese lo sequestrava per due interminabili mesi, ufficialmente a causa di problemi col fisco, in realtà per via del suo attivismo politico. Il video, manco a dirlo, è stato immediatamente bloccato su tutti siti del Paese.

E arriviamo a oggi. A sostegno di Ai Weiwei scende in campo un altro artista internazionale. Ecco Anish Kapoor, novello performer, accompagnato da un po’ di gente dell’art world, dar vita nel suo studio a una nuova versione del pezzo di Psy. La canzone della discordia viene nuovamente inscenata e parodiata, in segno di dissenso contro le museruole dei commissari di Stato. Dalla danzatrice Deborah Bull, al boss dell’English National Ballet Tamara Rojo, dal designer Wayne Hemingway agli artisti Mark Wallinger e Bob & Roberta Smith, dal direttore artistico del Southbank Centre, Jude Kelly, ai performer ingaggiati da Tino Sehgal per la Turbine Hall: sono loro alcuni dei protagonisti di quello che si preannuncia come il nuovo tormentone polemico del web. La coreografia – che vede gli attori mimare il gesto dell’ammanettamento – è firmata da Akram Khan.

Come reagiranno le autorità cinesi davanti a questo nuovo video? Non se ne preoccupa Kapoor, convinto che l’unione faccia la forza: “Come nella maggior parte dei casi esiste una soglia critica. Se ci saranno abbastanza persone interessate, arriveremo anche in Cina. Credo che i governi non saranno in grado di fermarlo“. L’uscita su youtube è prevista per questa settimana. Di nuovo la Cina inciamperà nell’odioso vizio della censura, scagliandosi contro il diritto di ogni pensiero critico? La comunità internazionale della cultura continua a tenere i riflettori accesi sul caso Ai Weiwei. Strategia della libera creatività, contro la più sordida strategia del consenso.

– Helga Marsala

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

Scopri di più