L’uomo che vendette la sua pelle: il film sul rifugiato divenuto opera d’arte vivente

Il suo stesso corpo trasformato in un'opera d'arte vivente e prontamente esposto in un museo: è questa la trama del film di Kaouther Ben Hania ispirato all'opera Tim di Wim Delvoye

Il suo stesso corpo trasformato in un’opera d’arte vivente e prontamente esposto in un museo: Sam, un rifugiato siriano, si renderà presto conto di aver venduto più della sua pelle. Dal 7 ottobre arriva al cinema L’uomo che vendette la sua pelle, distribuito da Wanted.

L’origine del film nell’opera di Wim Delvoye

Il film, presentato alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia e Migliore interpretazione maschile nella sezione Orizzonti, ha la regia di Kaouther Ben Hania. L’idea di questo film risale al 2012. Il regista si trovava al Louvre di Parigi quando negli appartamenti di Napoleone III ha visto l’opera d’arte vivente Tim (2006 – 08).

Delvoye aveva tatuato la schiena di Tim Steiner, che stava seduto su una poltrona senza maglietta e mostrava il disegno dell’artista. “Da quel momento questa immagine singolare e trasgressiva non mi ha abbandonata”, racconta Kaouther Ben Hania. “A poco a poco, altri elementi della mia esperienza, l’attualità bruciante e gli incontri imprevisti si sono aggiunti e arricchiti a questa immagine. Una volta che tutti questi elementi si sono riuniti, la storia era pronta per essere scritta. Un giorno del 2014, mentre stavo per scrivere l’ennesima versione della sceneggiatura del mio precedente film Beauty and the Dogs, mi sono invece ritrovata a scrivere per cinque giorni senza sosta la storia di L’uomo che vendette la sua pelle”.

Nel film arte contemporanea e diritti dei rifugiati

Il film è il perfetto incontro tra arte contemporanea e la situazione politica dei rifugiati. “Da un lato abbiamo un mondo fatto di elite in cui libertà è la parola chiave, dall’altro un mondo fatto di sopravvivenza influenzato dagli eventi attuali in cui l’assenza di scelta è la preoccupazione quotidiana dei rifugiati”, aggiunge il regista. L’uomo che vendette la sua pelle è un film che pone una grande riflessione sulla libertà in senso molto ampio. “Quando Sam, il rifugiato, incontra Jeffrey, l’artista, gli dice: “Sei nato dalla parte giusta del mondo”. Il problema è che viviamo in un mondo in cui le persone non sono uguali. Nonostante tutti i discorsi sull’uguaglianza e i diritti umani, i contesti storici e geopolitici sempre più complessi fanno sì che ci siano inevitabilmente due tipi di persone: i privilegiati e i dannati” continua Kaouther Ben Hania. Il film è un mix di generi, dramma, tragedia, satira, romanticismo, dark humor, come fosse un imponente ma non pretenzioso “spartito musicale”.

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Margherita Bordino

Margherita Bordino

Classe 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte. Vive per scrivere e scrive per vivere, se possibile di cinema o politica. Con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in…

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