Intervista ad Andrés Jaque, l’architetto che curerà la prossima Shanghai Biennale

Vincitore del Leone d'argento alla 14. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia e curatore della prossima Shanghai Biennale, l'architetto spagnolo Andrés Jaque guida dal 2003 l'Office for Political Innovation. In questa intervista, rilasciata nell'ambito del progetto "Past, present, future" coordinato da Itinerant Office, illustra il suo percorso professionale.

Correva l’anno 2015 quando, con l’installazione temporanea Cosmo, l’architetto spagnolo Andrés Jaque si aggiudicava la sedicesima edizione del programma internazionale YAP MoMA PS1, negli Stati Uniti. Fondatore nel 2003 dell’Office for Political Innovation, dopo l’importante riconoscimento conseguito alla 14. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia e una serie di interventi ultimati soprattutto nel Paese natale, nel novembre scorso il progettista, autore e curatore è stato scelto per guidare il team curatoriale della 13esima Shanghai Biennale, attesa per l’aprile 2021. Lavorerà con Marina Otero Verzier, Filipa Ramos, You Mi e l’italiana Lucia Pietroiusti, cui si deve il recente successo della Lituania alla Biennale d’Arte di Venezia.
Un percorso professionale, quello di Jaque, che sfugge alle più ricorrenti definizioni di “studio di architettura”: “Apparteniamo a un modello di pratica molto diverso da quelli degli anni ’90 e 2000”, ammette lui stesso nell’intervista rilasciata a Itinerant Office in occasione del progetto Past, present, future. “Se dovessi definire qual è la nostra pratica, direi che prevede di articolare il design con la ricerca e l’attivismo. (…) Non solo dobbiamo inventare il progetto e scoprire quali siano gli stakeholder in una data situazione, ma anche trovare chi potrebbe supportarci, e per farlo è necessaria la ricerca”. Un percorso poliedrico, sperimentale, votato all’ibridazione tra le discipline, che nel tempo lo ha portato a occuparsi, tra gli altri temi, delle relazioni tra l’urbanistica e la sessualità e, perfino, di Silvio Berlusconi. Per definire l’ex premier italiano, coniò il termine “teleurbanista” in seguito all’analisi del suoi progetti di sviluppo immobiliare a Milano.

LE PAGINE DEI GIORNALI? SONO PIENE DI ARCHITETTURA

Spesso gli architetti si lamentano del fatto che ciò che fanno non venga compreso dalla società, ma penso che sia perché quegli architetti siano loro un po’ scollegati dalla società”, prosegue, invitando a considerare il tipo di rilievo che viene dato alla disciplina. “Se guardiamo le prime pagine dei giornali, sono piene di architettura: il muro, i confini, le realtà mediterranee, i profughi che arrivano, come sono progettati i campi profughi, le questioni ambientali… Quando osserviamo tutti i grandi problemi che stanno interessando le società, l’architettura è sempre lì”, riconosce.
Nel segno dell’interazione dovrà inoltre essere la traiettoria descritta dall’architettura nei prossimi anni: anziché agire in modo separato come avviene ora – dal design industriale a quello architettonico, dall’urban design alla pianificazione urbana e territoriale -, Jaque auspica infatti che si inizi a “progettare nell’inter-scalarity, in modo tale da sviluppare interventi che operano su scale diverse simultaneamente”

– Valentina Silvestrini

L’intervista integrale è visibile sul sito
www.pastpresentfutureproject.com

PAST PRESENT FUTURE su ARTRIBUNE

1) Intervista a Odile Decq

2) Intervista a Juan Herreros

3) Intervista a Paul Robbrecht e Hilde Daem

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

Scopri di più