L’opera d’arte, dall’epoca della sua riproducibilità tecnica all’epoca della proliferazione delle reti. Un lasso di tempo di circa due secoli, in cui si dipanano i destini dell’estetica e le evoluzioni dell’oggetto artistico, dal concetto alla forma, dai metodi di produzione ai canali di fruizione. Con un intervento dal titolo “Dall’orinale all’orale: la fine dell’arte contemporanea”, Francesco Bonami, critico e curatore di fama internazionale, tra i più assidui e appassionati divulgatori del pensiero artistico contemporaneo, ha provato a investigare la storia e a ipotizzare i destini dell’arte contemporanea: un talk organizzato dal Pecci di Prato, lo scorso 10 febbraio, per il ciclo “Changes-Cambiamenti”. Con lui Fabio Cavallucci, direttore del Museo.
Così, dall’Orinatoio di Duchamp, opera simbolo della grande rivoluzione che sconquassò, disorientò e capovolse i codici estetici occidentali, si arriva alle opere effimere di Tino Seghal – volatili ma non incorporee -, nuova star internazionale, premiato all’ultima Biennale di Venezia, testimone di una smaterializzazione della forma artistica in chiave performativa, coreografica, vocale, teorica, gestuale o narrativa. Dall’oggetto all’azione, in un lungo percorso complesso e variegato, che per Bonami corrisponde, essenzialmente, a un ciclo: nascita e morte del contemporaneo, intesa come stagione culturale da affiancare ad altre grandi stagioni della storia. Un ciclo di cui Seghal rappresenterebbe la figura ultima e insieme di passaggio.

E allora cosa ne sarà dell’arte, dopo il tramonto del contemporaneo? Forse, in quest’era incipiente, successiva a quella della sperimentazione, si ripartirà proprio dal “racconto”, dall’oralità, dal recupero dell’antica pratica della narrazione immateriale. Col mondo della virtualità e dell’iper-tecnologia a orientare nuove misure, nuove esperienze, nuove localizzazioni, nuovi strappi e rinnovate convenzioni.
Da qui una lunga conversazione sui luoghi, le mitologie, le intuizioni, le funzioni, i flussi visivi, le suggestioni, le pratiche autoriali e i rituali collettivi che definiscono, nel passato recente e nel futuro prossimo, la meravigliosa scena della cultura artistica contemporanea e post-contemporanea.
Helga Marsala