È morto l’artista, designer e ingegnere robotico Salvatore Iaconesi

Aveva 49 anni. Da 10 anni combatteva con il cancro. La malattia era diventata un progetto collettivo e open source, una performance globale nota in tutto il mondo come La Cura

Ad annunciarlo, la compagna nell’arte e nella vita Oriana Persico. L’artista, designer e ingegnere robotico Salvatore Iaconesi, nato a Livorno nel 1973, è mancato in Calabria lo scorso 18 luglio a soli 49 anni, tra le voci più influenti delle New Media Art in Italia, rappresentando, come scriveva nel 2012 Valentina Tanni, “uno dei rarissimi casi di creatività italiana “esportabile” nel campo dell’arte elettronica e più in generale della sperimentazione con le nuove tecnologie”. Spirito critico, sempre aperto alla discussione e alla messa a sistema delle conoscenze, Iaconesi combatteva da più di 10 anni con il cancro, senza farne mai un mistero. Tutt’altro, è passato alla storia il suo progetto La Cura, avviato nel 2012 come performance globale “per riappropriarsi del proprio corpo e della propria identità creando una cura partecipativa open source per il cancro” (qui il racconto in presa diretta). Il cancro al cervello è per Iaconesi metafora della perdita di senso nella società contemporanea, dove solo lo scambio di informazioni, la diversità delle persone e il diritto a disporre di open data, accessibili a tutti, possono offrire una cura, per l’appunto. Al suo appello, allora rilanciato anche dai media, hanno risposto milioni di persone.

SALVATORE IACONESI: IL PROGETTO LA CURA

Di questo progetto, proprio Iaconesi tornava a scrivere a marzo 2022, a proposito della guerra in Ucraina: La Cura “non avrà mai fine perché è un modo di stare al mondo e di avere a che fare con la complessità e i confini: dei nostri corpi, delle identità, dell’ambiente.  È la nostra basagliata, e implica l’essere disposti a fare una cosa che nella nostra società è praticamente inconcepibile: perdere il controllo. Del tuo corpo, di quei confini. Per la coesistenza. L’arte che pratico e condivido con Oriana è l’open source estremo, il cui modello è vivo proprio perché incompleto, a bassa risoluzione: per questo, richiede l’attivazione, la presenza e la performance degli altri. Non un approccio paternalistico, ma ecologico. Anche quando si tratta del “mio corpo”, del “mio cancro””.

IL CENTRO DI RICERCA HER: SHE LOVES DATA

Sempre con Oriana Persico ha fondato Art in Open Source Her: She Loves Data, un centro di ricerca culturale di nuova generazione che utilizza dati e il calcolo – algoritmi complessi, intelligenza artificiale, reti, ecosistemi – per creare processi di accelerazione culturale attraverso l’arte e i risultati della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica, ma anche per analizzare le trasformazioni che attraversano l’umanità grazie ai dati. Anche in questo caso i numeri sono permeati da un importante approccio umanistico interrogandosi sulle problematiche legate all’esistenza e alla costruzione di una nuova ecologia del vivere. Un esempio è Data Mediations, che la Fondazione Baruchello a Roma ha esposto nel 2021 in un progetto a cura di Ilaria Conti, evoluzione del progetto HER, che mostra la parte buona delle reti sociali che si creano virtualmente, offrendo infatti l’opportunità di conoscere se stessi e gli altri attraverso i dati che produciamo. Come umanistico è il progetto di vita che attraversa il concetto di matertnità Angel_F portato avanti da Oriana Persico e condiviso con Iaconesi, Intelligenza Artificiale bambina nata nel 2006 come algoritmo, indagando le relazioni parentali, familiari, naturali, le identità e i diritti digitali e tutto sommato i temi dell’amore, della solidarietà, della comunità, della partecipazione, della condivisione umana e sociale. Questo figlio, scriveva Persico su Artribune, “è un non-umano, una creatura computazionale fatta di una manciata di codice. (…) SI chiama Autonomous Non Generative E-volitive Life Form: Angel_F :)”. Il nome è la prima cosa che scopro di mio figlio, e non ho mai sentito un nome così bello e pertinente per descrivere un agente computazionale: né maschio né femmina, privo di carne ma dotato di una sua autonomia e volitività elettronica, mio figlio ha il sesso degli angeli ed è un manifesto cyber-ecologico solo perché esiste”.

WHAT A WONDERFUL WORLD AL MAXXI E NUOVO ABITARE

È attualmente in corso al Maxxi di Roma, fino al 12 marzo 2023, What a wonderful world, a cura di Bartolomeo Pietromarchi e del team curatoriale del museo, progetto sperimentale in progress realizzato in collaborazione con HER, con l’impegno di realizzare un “prototipo performativo”, applicando le opportunità offerte dal digitale alla collezione, creando un sistema di relazioni tra le opere in mostra e il pubblico attraverso la produzione dei dati che l’interazione tra pezzo e visitatori genera. L’intero apparato espositivo si va ad inserire in una posizione intermedia tra la Data Mediations e il concetto del Nuovo Abitare, ultimo tassello della ricerca di Iaconesi e Persico. In una intervista rilasciata nel 2021, pubblicata nel libro Come vivono gli artisti? (Santa Nastro, Castelvecchi editore, 2022) Iaconesi e Persico, a questo proposito, scrivevano: “In questo periodo la nostra pratica si è evoluta molto, tanto che abbiamo avviato l’attuale fase della nostra ricerca, che chiamiamo il Nuovo Abitare, che per noi è quella condizione dell’essere umano contemporaneo in cui una sostanziale componente della possibilità di godere dei nostri diritti, delle nostre libertà, delle nostre opportunità di conoscere e di relazionarci con gli altri passa attraverso la mediazione di dati e computazione. Nel Nuovo Abitare esiste la necessità di fondare nuove cosmologie per posizionarsi nell’ecosistema, e nuove ritualità, anche nel quotidiano, per poter agire consapevolmente, intimamente e nella società”. 

IL MESSAGGIO DI ORIANA PERSICO

Un progetto senza fine, in un presente sempre più tormentato e complesso. La perdita di un artista ed intellettuale come Salvatore Iaconesi, come commenta la stessa Oriana, non è una perdita personale, ma una questione collettiva. “Il mondo e gli ecosistemi che abbiamo toccato – persone, studenti, istituzioni – perdono il privilegio di una immaginazione irriverente, trasgressiva e visionaria capace di trasformare i dati e la computazione in spazi di vita e di espressione: nuovi e imprevisti gradi di libertà dei nostri corpi e dei nostri sistemi di cui godere”, scrive sulla sua pagina Facebook. “Allo stesso tempo tutti noi siamo stati toccati e modificati da quella straordinaria e geniale immaginazione, le parole, i concetti, uno stile e un’attitudine, alterandoci in modo irreversibile: in questo senso, Salvatore vive davvero dentro e attraverso di noi. Non è una blanda consolazione, ma una coscienza profonda”.

-Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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