Addio a Gaetano Pesce. L’ultima intervista al grande designer italiano

Colore, autorironia, connotazione politica e sociale: queste le costanti che accompagnano il lavoro di uno dei maestri indiscussi del design italiano, presente a Milano con una mostra e una grande installazione urbana

Quando lo abbiamo incontrato, alla soglia degli 85 anni, con quasi altrettante migliaia di follower su Instagram e innumerevoli pezzi presenti in oltre trenta collezioni permanenti dei più importanti musei del mondo, Gaetano Pesce (La Spezia, 1939 – New York, 2024) si confermava lo sperimentatore eclettico che avevamo sempre conosciuto, da sempre in bilico tra arte e design, e l’esponente più noto del design radicale. Instancabile cittadino del mondo, la sua esperienza è stata globale: nel corso della sua carriera, che ha abbracciato quattro decenni con incarichi di architettura, urbanistica, interni, design espositivo e industriale, ha ideato progetti pubblici e privati negli Stati Uniti, Europa, America Latina e Asia. Ha insegnato architettura all’Institut d’Architecture et d’Etudes Urbaines di Strasburgo, ma anche alla Carnegie Mellon di Pittsburgh, alla Domus Academy di Milano, alla Polytechnic University di Hong Kong, alla Architectural School di Sao Paulo e alla Cooper Union di New York City, dove viveva dal 1980. Qui, nel suo laboratorio di Brooklyn Navy Yard, per quarant’anni ha caparbiamente infranto i confini tra arte, design e industria, divertendosi a manipolare i suoi materiali preferiti – resine, elastomeri, schiume poliuretaniche – dando loro, oltre alla forma, anche senso e significato. 

Gaetano Pesce at workingallery, 2019. Photo Olga Antipina
Gaetano Pesce at workingallery, 2019. Photo Olga Antipina

La mostra di Gaetano Pesce a Milano

In occasione della settimana del design, Gaetano Pesce è tornato a Milano con due grandi progetti, una mostra e un’installazione monumentale. La monografica Nice to See You, con entrata libera al pubblico dal 15 al 23 aprile presso laSala delle Accademie della Pinacoteca Ambrosiana, raccoglie una trentina di opere, per lo più inedite: alcune del passato, ma la maggior parte realizzate tra il 2023 e il 2024. Le sue ultime dunque. Le opere sono state selezionate non solo per il loro ruolo funzionale ma anche in quanto portatrici di messaggi, oggetti con un doppio significato: quello utile e quello del far pensare. L’Uomo Stanco è invece un’installazione monumentale in esterno realizzata in collaborazione con il Comune. Un lavoro che mira a rappresentare la stanchezza etica di cui soffre il cosiddetto sesso forte e porta a termine quanto iniziato nel 2019, sempre a Milano, con un’altra opera urbana: la Maestà Sofferente, che parlava del crudele trattamento riservato alle donne in molti Paesi del mondo. 

Intervista a Gaetano Pesce

Si descriva con tre parole, o aggettivi.
I AM – A – CURIOUS – PERSON.

Quali sono i principi della “futura arte del design”?
Come per l’architettura che ancora si trova ad esprimersi secondo gli obsoleti principi dell’International Style, anche il design degli oggetti si trova nello stesso cul de sac. In altre parole, prende forma senza tener conto delle realtà dei luoghi dove esso è prodotto. A mio parere, il design del futuro sarà capace di esprimere la realtà del luogo dove nasce. Quindi sarà un’espressione che non solo curerà la sua praticità e funzionalità, ma esprimerà anche le caratteristiche socio-politiche della realtà dove prende forma, oltre ai valori culturali del suo autore, divenendo così documento d’arte.

Quali sono le tre opere esposte che lei ritiene più significative, quelle che proprio non potevano mancare nella mostra a Milano?
Il perché esprime una ricerca durata più decenni per ottenere un oggetto in serie che si realizza sul principio della diversità. Il Pugno che esprime la mancanza di libertà di parola che ancora esiste in diversi Paesi del mondo. Le sedie alte, fuori scala, che esprimono il vivere degli individui a “elevarsi”.

Qual è il valore di fare pezzi che fanno pensare, dotati di una connotazione politica?
È molto importante fare oggetti che hanno un significato, che fanno pensare. La gran parte della cosiddetta arte che si vede nelle gallerie e musei contemporanei ha perso la sua forza critica per diventare mera decorazione. Ecco l’importanza del design come portatore di messaggi, come quello che ho creato nel 1969: una poltrona con le sembianze di una donna con il piede legato a una sfera (il poggia piedi). 

Quali sono i temi chiave su cui devono concentrarsi il design e le nuove generazioni da qui ai prossimi anni?
È difficile dire per gli altri. Per me sarà importante continuare a esprimere concetti contrari alla superficialità dilagante.

Ci spieghi meglio il progetto urbano “L’Uomo Stanco” e quale pensa sia il ruolo dell’arte per la città contemporanea.
Nel passato l’uomo ha dato dei contributi fondamentali per lo sviluppo e la civiltà del genere umano. Oggi questo immenso contributo ha generato la fatica dell’uomo attuale provocandone in molti casi la disonestà, interesse fine a se stesso per il potere, violenza verso la donna, eccetera. Per questo penso che la donna dovrà mettersi al servizio del mondo per migliorarne le condizioni attuali e future. 

Giulia Mura 

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Giulia Mura

Giulia Mura

Architetto specializzato in museografia ed allestimenti, classe 1983, da anni collabora con il critico Luigi Prestinenza Puglisi presso il laboratorio creativo PresS/Tfactory_AIAC (Associazione Italiana di Architettura e Critica) e la galleria romana Interno14. Assistente universitaria, curatrice e consulente museografica, con…

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