Musei e digitale. Intervista a Linda Volkers

Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle intersezioni fra musei e digitale. Stavolta la parola va a Linda Volkers, responsabile dell’international e digital marketing al Rijksmuseum di Amsterdam.

Dopo l’esordio nella Grande Mela – con Nancy Proctor e Chiara Bernasconi – e il passaggio a Torino con Silvio Salvo, la rubrica che si occupa di musei e digitale approda al Rijksmuseum di Amsterdam, dando voce a Linda Volkers.

Quanto la comunicazione digitale incide sulla comunicazione in generale di un museo?
La comunicazione digitale sta divenendo via via sempre più importante quale strumento per raggiungere gli stakeholder del museo. Al Rijskmuseum il “digitale” costituisce uno dei principali pilastri della strategia dell’istituzione. Dicendo “digitale” non mi riferisco solo alla digitalizzazione della collezione e delle informazioni relative con ciò che riguarda la logistica o i processi. Digitale è anche raggiungere la nostra audience attraverso i canali frequentati abitualmente in autonomia, a partire dai social media, fino al sito web del museo o l’app. Per il Rijksmuseum, in particolare, significa rendere la collezione disponibile online tramite il Rijksstudio, un mezzo per raggiungere i possibili visitatori del museo e far sì che più persone entrino in contatto con la nostra collezione e il marchio Rijksmuseum. Invece, quando sono fisicamente presenti al museo, desideriamo che si concentrino unicamente sugli oggetti esposti. Per questa ragione non abbiamo alcuna installazione o distrazione digitale, con l’unica esclusione del WiFi.

Linda Volkers, responsabile dell’international e digital marketing al Rijksmuseum di Amsterdam

Linda Volkers, responsabile dell’international e digital marketing al Rijksmuseum di Amsterdam

Quanto la digitalizzazione delle risorse e dei processi influisce sulla possibile efficacia della comunicazione sui social?
Il Rijksmuseum utilizza i suoi canali digitali principalmente come modo per mostrare la propria collezione: ciascuno può usare tutte le immagini in alta qualità del Rijksstudio. Un secondo obiettivo è quello di fornire informazioni sulle mostre e gli eventi che organizziamo. Usiamo diversi canali con diverse ragioni, servendoci della forza di penetrazione specifica di ogni social media (Facebook, Instagram, Twitter, LinkedIn, YouTube). Abbiamo perfino progettato un programma educativo speciale: si chiama Snapguide e si serve di Snapchat. In aggiunta ai nostri canali, interagiamo sempre di più con instagrammer, blogger e vlogger.

L’istituzione per la quali lavori è uno dei grandi esempi di digitalizzazione: ha superato resistenze obsolete rispetto ai diritti delle immagini, condividendole in HR.
Il Rijksmuseum cominciò la digitalizzazione più di dieci anni fa, per ragioni accademiche, legate alla ricerca, come parte del processo quotidiano del museo. Dato che avevamo le immagini delle nostre opere in digitale, abbiamo deciso di renderle disponibili a un pubblico più vasto. Ci è stato possibile farlo perché i diritti d’autore non sussistevano più per gran parte della nostra collezione.

Per un museo come il Rijksmuseum cosa significa svolgere una attività “relevant”?
Relevancy” per noi significa consentire agli altri di fare un uso della collezione nel modo che preferiscono: noi non abbiamo stabilito restrizioni o limitazioni. Puoi usarle per fare o progettare tutto ciò che vuoi, da un’opera d’arte a un uso commerciale. L’unico vincolo esistente è che non è permesso utilizzare il nome e il logo del museo. Fare attività rilevanti, insomma, per me significa facilitare e consentire altri sguardi, necessariamente diversi, perché provengono da occhi con storie diverse.

Rijksmuseum, Amsterdam. Photo credits Erik Smits

Rijksmuseum, Amsterdam. Photo credits Erik Smits

Che competenze deve avere chi si occupa di comunicazione social in un museo? E quali soft skill? Si può fare su mandato, semplicemente seguendo delle regole?
Credo che la caratteristica più importante sia essere curiosi, aperti all’interazione con gli stakeholder e i colleghi, non aver timore di procedere su binari non tradizionali e aver voglia di sperimentare. Allo stesso tempo, però, avere ben chiaro in mente un obiettivo specifico, sul quale rimanere concentrati e avere un impatto reale.

È un profilo per il quale sono richieste competenze di tipo tecnico?
No, non per me. Essere capaci di coinvolgere in una conversazione è molto più importante, così come saper riconoscere dove ti serve competenza ed esperienza e dove qualcos’altro.

Online e offline sono due mondi o uno solo?
Io penso a due mondi che stanno sempre più convergendo. Tuttavia esistono cose delle quali vuoi fare esperienza nella vita reale, come un bellissimo Rembrandt o un Leonardo da Vinci.

In che misura il museo ha un ruolo anche politico? Il MoMA, ad esempio, si è schierato contro il ban di Trump.
Il Rijksmuseum racconta la storia dell’arte e la storia dell’Olanda. Rappresenta tutto ciò, ma senza prendere posizione politica alcuna.

Rijksmuseum, Amsterdam. Photo credits Erik Smits

Rijksmuseum, Amsterdam. Photo credits Erik Smits

Un libro da consigliare ai colleghi italiani.
Ho due libri nel mio elenco “da leggere”. Il primo è Irresistible: The Rise of Addictive Technology and the Business of Keeping us Hooked di Adam Alter: parla della ragione per cui smartphone, app e social media danno dipendenza. Il secondo è Customers the day after tomorrow dell’esperto di marketing Steven Van Belleghem.

Si ringrazia l’International Game Camp che si è tenuto dal 13 al 15 ottobre 2017 nelle sedi dello IED – Istituto Europeo di Design di Milano e del George Brown College di Toronto, progettato e prodotto da Streamcolors e Bookrepublic.

Maria Elena Colombo

www.rijksmuseum.nl

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #40

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