Fade Out Label, il brand di Berlino che recupera e ripensa il denim

La storia di Fade Out Label dimostra che non è utopia credere nel successo di un brand indipendente che si fonda su sostenibilità, produzione artigianale e sul valore dell’arte. Intervista al fondatore Andrea Bonfini

Fondato da Andrea Bonfini nel 2015, Fade Out Label è un fashion brand Berlin-based che si colloca al di fuori dei classici dettami del business della moda: rifiuta il concetto di stagionalità, rispetta tempi di produzione artigianali e opera un’attenta selezione di materie prime di recupero per considerarsi un brand 100% vegan e upcycling.

INTERVISTA AD ANDREA BONFINI

Com’è nato Fade Out Label?
Per gioco: avevo fatto dei costumi teatrali in denim che erano piaciuti ai miei amici così ho deciso di riprodurli per loro. Ho iniziato con cinque capi, li ho messi online su una piattaforma per stilisti e da lì è stato un crescendo, ricevendo anche un premio come designer dell’anno da Who’s Next.

La carta vincente?
È stata la combinazione di unicità e ripetibilità dei prodotti: come brand upcycling, il materiale di recupero rende inevitabilmente unico ogni capo, ma l’individuazione di modelli replicabili ha facilitato il collocamento commerciale. La cosa divertente è che i jeans non mi sono nemmeno mai piaciuti, non li ho mai indossati in vita mia.

E come mai la scelta del denim?
All’inizio eravamo due indecisi appena trasferiti a Berlino, io e il mio compagno. Ancora non sapevo se e quanto ci sarei rimasto, avevo solo il tempo da poter investire e cercavo un materiale su cui spendere pochissimo, possibilmente zero. Pensando poi alla questione della ripetibilità, cercavo qualcosa che avrei potuto trovare facilmente in qualsiasi altro luogo nel caso mi fossi spostato da Berlino. Così sono andato al mercatino e ho preso tutto il denim che sono riuscito a trovare. L’origine è stata casuale, ma ora c’è un’importante selezione sui materiali. Compro solo denim in cotone e uso anche altri materiali, come le coperte tradizionali abruzzesi, mio luogo d’origine, per la nuova collezione di Fade Out Label.

Photography Andrea Bonfini

Photography Andrea Bonfini

LA MODA VEGANA ED ECOSOSTENIBILE DI FADE OUT LABEL

Come si è sviluppato l’approccio alla sostenibilità?
Accadde che mi contattarono Orsola De Castro di Fashion Revolution e Marina Spatafora per l’Italia, oltre che Fashion Council; erano colpiti dall’approccio zero-waste del mio brand. Mi hanno intervistato e me lo hanno fatto notare, io lì per lì neanche sapevo cosa volesse dire, poi ne ho preso consapevolezza e ho deciso di continuare su questa strada. È diventato anche del tutto vegano, in linea con le mie scelte alimentari.

Quindi non lo avevi ancora definito, è stato tutto molto spontaneo…
Mi avevano anche invitato in un negozio fondato da due sorelle a Parigi, completamente sostenibile e vegano. In quell’occasione mi chiesero di rimuovere tutti gli elementi in pelle, come le label. Un’operazione molto semplice che è diventata poi il mio modus operandi.

Photography + art direction @towilive @tobiasboschfotomanagement

Photography + art direction @towilive @tobiasboschfotomanagement

Il tuo viaggio nell’universo fashion nasce dall’Italia e si sposta a Berlino. Qual è il background di Fade Out Label?
Ho costruito la mia esperienza professionale in aziende come Miss Sixty, ENERGIE e Diesel, ma il mio sviluppo come creativo è sicuramente partito dagli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera con l’artista Luciano Fabro, esponente dell’Arte Povera, corrente artistica che ancora mi influenza molto. Poi mi sono trasferito a Roma dove ho studiato Arte Immateriale, Scenografia e ho iniziato come costumista principalmente per teatro e performing art. Prima della laurea il proprietario di Miss Sixty mi contattò e mi propose di entrare in ufficio stile da loro. All’inizio rifiutai, non mi interessava questo mondo, ma successivamente mi convinse a fare una prova di sei mesi.

E poi?
E poi ci rimasi sei anni!

Insomma, il tuo interesse per l’arte risale agli studi in Accademia. Hai mantenuto vivo il legame con l’arte?
A oggi ho smesso di dipingere e fare incisioni, e quello che faccio non lo posso definire arte, è un’altra cosa. La moda è una decorazione, a me interessa l’arte come cosa universale che riguarda tutti, infatti il mio obiettivo è avvicinarmi di più a questo livello. Ho presentato un’installazione alla fiera d’arte Positions di Berlino, era la stessa opera con cui ho vinto un concorso della Fondazione Pistoletto, e consisteva in alcuni dei miei capi aperti che ricordano dei quarti di maiale appesi. Era precisamente una overall divisa in quattro, in denim sfumato dal bianco al blu scuro, appesa con ganci e corde. A terra c’erano altri frammenti di denim sempre più scuro fino al nero, che davano l’idea del sangue che cola. Di fianco c’era uno specchio con scritto “YOU ARE WHAT YOU WEAR”. Chiaramente riguardava il consumo della carne, ma soprattutto era una denuncia contro le industrie responsabili della crisi climatica.

Photography & Storyboard @cat_van_susan

Photography & Storyboard @cat_van_susan

LA NUOVA COLLEZIONE DI FADE OUT LABEL

Spostiamo lo sguardo sulla tua nuova collezione presentata al Denim Première Vision di Milano lo scorso novembre.
A Milano ho presentato una piccola capsule in collaborazione con il tessutaio che mi ha fornito gli jacquard. Solitamente in fiera ti propongono di realizzare una collezione usando i tessuti forniti da loro, ma io ho chiesto di andare con le telecamere nei magazzini a cercare i deadstock che avrebbero mandato al macero. La collezione completa uscirà a gennaio e integrerò questi pezzi con i tessuti abruzzesi.

Il tuo processo è molto improntato all’artigianalità. Ti definisci artista o artigiano?
Sono assolutamente un artigiano, lavoro esclusivamente su ordinazione. Il mio lavoro è molto connesso con lo spazio e gli strumenti, per questo sono così legato al mio studio di Lichtenberg, zona occupata da atelier e studi di artisti a Berlino Est. Ho elaborato un metodo tutto mio per creare i capi: disegno il cartamodello in carta e poi ci lavoro sopra il tessuto come un puzzle. È un lavoro lunghissimo, ma rende il risultato unico. Dopotutto sono Ariete ascendente Ariete, un perfezionista.

Elena Canesso

http://www.fadeoutlabel.com/

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Elena Canesso

Elena Canesso

Nata e cresciuta in provincia di Padova, mossa dalla curiosità verso il mondo e le sue contraddizioni vola in Cina e vive tra Shanghai e Guangzhou dopo una laurea in Mediazione Linguistica e Culturale a Ca’ Foscari. Nel 2016 la…

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