Dall’e-commerce al meta-commerce. Travolgente evoluzione dello shopping di moda

Con la pandemia e la chiusura dei negozi fisici, la moda ha dato un’accelerata al trend degli acquisti online. Ma cosa ci riserva il futuro?

È stata la pandemia a stimolare l’interesse e la necessità per le vendite virtuali: il fashion ha dapprima sdoganato l’e-commerce poi, spalancata la porta dell’online, la sperimentazione non si è più fermata. Subito dopo i marchi si sono intrufolati nel gaming, acquisito come nuovo spazio dove contattare giocatori da trasformare in possibili futuri clienti.
L’interesse per il metaverso ha accelerato ancora più di recente a causa del rebranding di Facebook come Meta. È del resto previsto che nel 2030 cinquecento (?!) miliardi di dispositivi saranno connessi alla rete con una conseguente, enorme crescita di frequentazione di ambienti sino a pochi anni fa nemmeno immaginabili.

E-COMMERCE E METAVERSO

Da questa situazione i brand moda e chi disegna piattaforme tecnologiche hanno molto da guadagnare. La banca d’affari Morgan Stanley stima che il metaverso potrebbe costituire il 10% del mercato dei beni di lusso entro il 2030, rappresentando un’opportunità di guadagno di 50 miliardi di euro, con prêt-à-porter, pelletteria e calzature (in testa? Le sneaker) ben posizionati per beneficiare di una domanda in crescita.
La dinamica è velocissima e suscita giustamente reazioni le più disparate: da una parte assistiamo al plauso un po’ ebete per qualsiasi iniziativa glamourizzata dal nome di un marchio. Dall’altro alla resistenza di piccoli (Stefano Quintarelli, Capitalismo immateriale, Einaudi) o grandi Soloni (Byung-chul Han, Nello sciame. Visioni del digitale, Nottetempo) affiancati da inchieste (Frenkel-Kang, Facebook: l’inchiesta finale, Einaudi) sui comportamenti spesso poco corretti delle Big Tech che del metavero sono le dominatrici incontrastate.
Tutti immediatamente presenti nell’e-commerce (per sopravvivere alle serrande dei negozi fisici abbassate causa pandemia) i marchi moda: meno nel gaming ‒ anche in ragione degli investimenti necessari ‒, dove comunque abbiamo visto sino a ora avventurarsi super griffe come Balenciaga e Gucci, Burberry, Dior e Louis Vuitton, Moncler e Vans.

La collezione Olympia di Burberry nel dep store Harrods

La collezione Olympia di Burberry nel dep store Harrods

LA BOUTIQUE VIRTUALE

Più recente è la sperimentazione riguardante le boutique virtuali, che spingono la loro progettazione ben oltre la riproduzione dei relativi luoghi fisici. Da questi ultimi i marchi ereditano le esperienze coinvolgenti, dall’e-commerce invece la profilazione dei dati che consente di monitorare in maniera molecolare l’attività degli utenti, i loro gusti, la loro età attraverso il processo di pagamento.
Così accade nello shop virtuale” Dior Beauty” del dep store Harrods, dove fiori spuntano dal pavimento sotto un cielo stellato. O nella “House of Gifts” dove Ferragamo propone di muoversi all’interno delle stanze di una lussuosa villa di campagna italiana per imbattersi in video, musica e ovviamente prodotti da acquistare. In questo 2021 hanno aperto negozi del genere anche Tommy Hilfiger, Ralph Lauren, Burberry e Coach, tra i più noti al grande pubblico.

La cover di House of Gifts di Ferragamo

La cover di House of Gifts di Ferragamo

PRO E CONTRO DEI NEGOZI VIRTUALI

Per incoraggiare acquisti e visite di ritorno il racconto dei negozi virtuali allinea agli elementi pratici quelli fantasy. Le esperienze di vendita virtuali hanno pochissime limitazioni: nessuna ad esempio di spazio oppure orari, come avviene invece negli spazi di vendita reali.
Burberry per il lancio della linea di borse Olympia ha creato il factice virtuale di un tempio greco: contiene la statua di Elpis (per i greci la personificazione della speranza) che si anima in AR mentre le borse Olympia poggiano su pilastri circondati da statue. Un codice QR dedicato consente ai visitatori di posizionare la statua nell’ambiente circostante e osservarla camminare, lasciando dietro di sé una scia di statue in sequenza. Agli utenti è consentito inoltre scaricare una fotografia o un video della statua animata, nella speranza (la dea Elpis?) che condividano ulteriormente l’esperienza con altri utenti.
Un’ultima considerazione è inevitabile. I risultati estetici non paiono sino a questo momento all’altezza dello sforzo tecnologico. Si tratta di prodotti ancora piuttosto poveri, anche solo messi a paragone con quanto la crypto arte ha già fatto vedere.

Aldo Premoli

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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