Il restauro della prima e sconosciuta architettura di Aldo Rossi 

Tra i primi e meno noti progetti di Aldo Rossi, Villa Ceragioli ai Ronchi, sulla costa apuana, è stata recentemente restaurata. Abbiamo incontrato gli architetti che hanno seguito l’intervento per riflettere sul tema del recupero del patrimonio moderno.

Di Aldo Rossi sono ben note le architetture monumentali, dalle forme primarie e dalle citazioni storicistiche. Forse non tutti sono a conoscenza del fatto tra i suoi maestri di riferimento ci fu il più austero, e moderno, Adolf Loos: anche se ciò può sorprendere, esiste – nascosta tra i pini marittimi della costa apuana – un’opera rossiana che si discosta dall’immaginario comune sull’operato dell’architetto, confermando proprio Loos come suo riferimento. È Villa Ceragioli ai Ronchi: completata nel 1963 e progettata a due mani con l’architetto Leonardo Ferrari, è un chiaro omaggio al progettista viennese.

La storia della Villa Ceragioli ai Ronchi di Aldo Rossi e Leonardo Ferrari

Volumi cubici compositi, intonaco bianco in contrasto con le ombre delle aperture quadrangolari, assenza di un prospetto principale indicano, anche a un occhio poco esperto, l’immediata somiglianza con le opere dell’architetto austriaco. Il parallelismo, inoltre, regge persino sotto l’aspetto progettuale: la spazialità interna è infatti plasmata seguendo il principio compositivo del raumplan, teorizzato proprio da Loos. Per raumplan si intende la scelta di disporre in successione ascendente gli ambienti interni dell’edificio, garantendo una spazialità dal notevole verticalismo ed esternamente una composizione di volumi cubici. La Villa, progetto giovanile dell’architetto milanese, è stata restaurata nel 2023. Ad anticipare l’intervento è stato un percorso di sensibilizzazione attraverso un Open House nell’estate 2022: in quell’occasione è stata presentata un’interessante installazione progettata dal giovane studio Grazzini Tonazzini Colombo, realtà fondata nel 2021 dagli architetti ed ingegneri Michele Grazzini e Andrea Tonazzini assieme dell’architetta Giorgia Colombo.

Il restauro della Villa Ceragioli ai Ronchi di Aldo Rossi. Courctesy Studio Grazzini Tonazzini
Il restauro della Villa Ceragioli ai Ronchi di Aldo Rossi. Courctesy Studio Grazzini Tonazzini

Lo studio Grazzini Tonazzini Colombo e la villa disegnata da Aldo Rossi

Michele Grazzini (1991) ha studiato Ingegneria Edile-Architettura all’Università di Pisa. Si è laureato con João Pedro Falcão de Campos, professore alla FAUTL dell’Università di Lisbona, per poi collaborare con lo studio Foster+Partners, nella sede di Londra. Andrea Tonazzini (1992) ha studiato Ingegneria Edile-Architettura all’Università di Pisa e Architettura alla FAUP dell’Università di Porto; si è laureato con Mathias Klotz, decano dell’Università Diego Portales di Santiago del Cile. Ha quindi collaborato con Francisco Mangado a Pamplona e John Pawson a Londra. Giorgia Colombo (1989) ha studiato Architettura all’Università di Roma Tre, al Politecnico di Milano e all’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture La Villette di Parigi; ha conseguito il Master di II livello “Museo Italia” presso l’Università degli Studi di Firenze. Tra le sue collaborazioni ci sono quelle con lo studio Lamberto Rossi Associati a Milano, Allies and Morrison e Haworth Tompkins a Londra. Tornati in Italia, nel 2021 aprono il proprio studio a Roma; già vincitori di concorsi sia per opere ex novo (è il caso dei progetti per il centro civico a Montalcino e per la scuola di Marino) che per interventi di restauro sul patrimonio storico (un esempio è il progetto per il Castello ducale Orsini-Ottoboni, a Fiano Romano), sono stati scelti direttamente dagli eredi della famiglia Ceragioli per il restauro della villa rossiana. Ospitandoci nel loro studio capitolino, collocato in una delle zone più ricche di storia romana – nella zona di Porta Latina, nel vitale quartiere San Giovanni –, illustrano il loro progetto e chiariscono la loro posizione sul tema del restauro del moderno.

Restaurare l’architettura di Aldo Rossi: parola a Grazzini Tonazzini Colombo

Cosa ha significato per voi il confronto con una delle opere giovanili di uno dei maestri del Novecento italiano?
Apprendere dalle basi di un maestro come confrontarsi con un’opera giovanile, studiare, ricercare è stato utile a livello professionale: lo studio bibliografico ci ha aiutato a capire appieno l’autore e ad apprenderne la poetica. Vivere in maniera diretta l’opera architettonica è stato di fondamentale importanza: abbiamo toccato con mano la volontà rossiana di andare oltre ai modelli “in voga” all’epoca e di ricongiungersi con un’architettura locale, calata nel contesto e, dunque, atemporale.

Quali sono state le vostre scelte restaurative? Avete mantenuto un atteggiamento conservativo, tenendo intatta la facies dell’opera, oppure avete trovato ricchezza nel dialogo, inserendo nuovi elementi e apportando modifiche? 
Per prima cosa abbiamo reperito i disegni originali dall’Archivio Ferrari: ciò ci ha consentito di strutturare il progetto affinché si potesse tornare il più possibile vicini all’immagine originale dell’edificio, a ogni scala costruttiva, dai prospetti agli infissi.
Proprio il tema dell’infisso nell’edificio si rivela di particolare interesse. Come già detto, uno degli insegnamenti rossiani è la passione per l’opera artigiana: originariamente gli infissi si presentavano in ferro, realizzati da artigiani locali. Ciò dunque ci ha condotto alla scelta di nuovi infissi, il più simili a quelli originali, ma affidati a una mano artigiana anche per garantire il corretto funzionamento degli stessi.

Il restauro della Villa Ceragioli ai Ronchi di Aldo Rossi. Courctesy Studio Grazzini Tonazzini
Il restauro della Villa Ceragioli ai Ronchi di Aldo Rossi. Courctesy Studio Grazzini Tonazzini

Ovvero?
C’è una finestra angolare, operante per compressione, che con l’utilizzo di materiali più pesanti sarebbe incorsa a problemi di funzionamento.

La vostra installazione per l’evento di fine lavoro, concomitante l’apertura della villa per Open House 2022, includeva un tronco di pino. Si può individuare un parallelismo tra questo elemento, come “archetipo” della colonna, e il ricorrente tema rossiano della colonna? 
L’idea dell’installazione nasce a seguito di un forte temporale abbattutosi sul luogo qualche giorno prima di Open House 2022, che ha comportato la caduta di molti pini marittimi della zona. Si è quindi sfruttata la possibilità di utilizzare i tronchi degli alberi per un’opera sul tema della colonna: un tronco è stato lasciato a terra orizzontalmente, a simboleggiare una colonna in rovina; altri, di dimensioni nettamente più piccole, volevano simboleggiare le parti scomposte della stessa mentre. Il tronco verticale, posizionato all’angolo della finestra appunto angolare, è stato svuotato al fine di poter essere inserito proprio sotto il volume vuoto.

Si parla sempre più del restauro del moderno; in questa occasione, ne siete stati parte attiva. Lo scenario architettonico italiano, a vostro parere, è a buon punto in questo ambito? O c’è ancora bisogno di dialogare e sensibilizzare sul tema, nelle università e anche con chi non del settore?
Non è possibile delineare una pratica restaurativa – come progettuale – assoluta e valida in ogni contesto: ogni progetto, ogni pratica, deve portare con sé delle scelte specifiche e adatte all’oggetto del restauro, ciò a seguito di un attento studio delle documentazioni e un’analisi sullo stesso oggetto. Il restauro deve creare un nuovo equilibrio, quindi non bisogna aver paura di un intervento apparentemente più visibile, purché si crei una nuova armonia. Un dialogo tra i linguaggi.

Giovanni Manfolini

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Si ringrazia la Fondazione Aldo Rossi, la Fondazione Leonardo Ferrari e la famiglia Ceragioli.

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Giovanni Manfolini

Giovanni Manfolini

Giovanni Manfolini è nato a Perugia, città nella quale ha compiuto gli studi classici. Dopo il liceo ha conseguito il titolo triennale in “Scienze dell’Architettura” presso l’Università degli Studi di Firenze, per poi concludere il percorso laureandosi, con il massimo…

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