Il progetto Grande Brera: una storia lunga 50 anni

Brera 1972-2022: a cinquant'anni dalla Grande Brera sognata da Franco Russoli, a che punto siamo? Ripercorriamo la storia di un progetto lungo mezzo secolo, in attesa dell’ampliamento che interesserà Palazzo Citterio

Il 15 agosto 1809, alla presenza del Viceré Eugenio di Beauharnais in occasione del 40esimo genetliaco di Napoleone Bonaparte Re d’Italia, venne inaugurato presso il palazzo di Brera a Milano il Museo centrale del Regno, l’analogo italiano a quello che a Parigi stava prendendo forma come Musée Napoleon, oggi Musée du Louvre. In realtà allora il Louvre non era molto più grande dell’istituzione milanese, che godeva di una storia culturale già molto lunga come luogo di formazione e istruzione scientifica e artistica.
Brera in quegli anni aveva guadagnato spazio soprattutto grazie all’ampliamento offerto dalla tramezzatura della chiesa gotica degli Umiliati di Santa Maria di Brera, le cui strutture preesistenti vennero riutilizzate dove possibile (vedasi le colonne e i capitelli delle aule 37 e 38a dell’Accademia di Belle Arti) per appoggiare delle volte più basse che consentissero l’edificazione di un piano soprastante.
Per fortuna si erano salvati gli affreschi trecenteschi attribuibili a Giusto de’ Menabuoi, e sono ancora visibili nelle aule dell’Accademia, come nella navata laterale con volta a crociera, oggi utilizzata come ingresso dell’aula 35 dell’Accademia.
Al di sopra, al piano nobile, sarebbero state aperte delle sale di proporzione monumentale, le cosiddette “Sale Napoleoniche”, mentre al piano terra sarebbe stato aperto il Museo Patrio di Antichità, che era ospitato nelle attuali aule 38b, 38c e 38 e dell’Accademia.

Museo Patrio di Archeologia nella ex chiesa di Santa Maria di Brera, attuale aula 38B e 38C

Museo Patrio di Archeologia nella ex chiesa di Santa Maria di Brera, attuale aula 38B e 38C

BRERA E LOUVRE A CONFRONTO

Il Museo Napoleonico centrale del Regno d’Italia – ossia Brera ‒ era per l’epoca piuttosto grande, ma quello parigino, il Musée Napoleon, quanto era grande? Nel 1804 al Louvre erano aperte 19 sale, tutte comprese tra il celeberrimo Salon Carré, dove si svolgevano le esposizioni delle opere appena giunte dai territori conquistati (o “liberati”, che dir si voglia) dalle truppe napoleoniche, e la Grande Galerie: una superficie espositiva tutto sommato nell’ordine di misura di quella di Brera. Il problema è che Brera è poi rimasta esattamente quella che era a inizio Ottocento e non si sono visti grandi aumenti della superficie espositiva nel corso degli ultimi due secoli, caso più unico che raro tra i grandi musei d’Europa. Si potrebbe pensare che le dimensioni dell’edificio limitino l’espansione degli spazi museali, ma si badi bene: il Palazzo di Brera è uno dei complessi edilizi più grandi di Milano, e ha un notevole margine di crescita a livello di superficie museale, qualora si decidesse di utilizzare gran parte dell’edificio per ospitare la pinacoteca.
Se infatti si prende una pianta di Brera del 1822 e la si confronta con una odierna del 2022 si rimane piuttosto stupefatti da quanto siano simili, mentre il Louvre già nel 1900 raggiungeva e superava i 20mila metri quadrati di esposizione, per poi arrivare al progetto del Grande Louvre dell’ultimo ventennio del XX Secolo sotto impulso del presidente Mitterand.

Piano terra di Brera con indicato il Museo di Antichità nella ex chiesa di Santa Maria di Brera in _Schema di sistemazione del 1808

Piano terra di Brera con indicato il Museo di Antichità nella ex chiesa di Santa Maria di Brera in _Schema di sistemazione del 1808

LA GRANDE BRERA IMMAGINATA DA FRANCO RUSSOLI

Non sono però mancati i tentativi per realizzare una autentica Grande Brera, come quello intrapreso negli Anni Settanta da uno dei più vulcanici direttori che la pinacoteca abbia mai avuto: Franco Russoli. Perfettamente allineato alle più innovative tendenze museali europee e statunitensi, Russoli era consapevole del ruolo “sociale” che un museo aveva il compito di incarnare in una società complessa e contraddittoria come quella dell”epoca, attraversata da mille fratture e instabilità telluriche pronte a esplodere in fragorosi terremoti. Per questo, a seguito dell’insistenza e dell’entusiasmo incontenibile di Russoli, lo Stato fu quasi “costretto” ad acquistare il vicino Palazzo Citterio nel 1972. L’idea di Russoli era quella di realizzare una grande Brera, una sorta di palcoscenico per chi sentiva l’esigenza della modernità. Dunque, secondo Russoli, Palazzo Citterio doveva essere più un forum che non un tempio, un sacrario dell’arte dei nostri tempi? Pare di sì, tant’è vero che questa tensione al dialogo, al dibattito e all’interazione costante tra pubblico e creatori (“makers”, si direbbe oggidì) era decisamente presente nella mostra Processo per il Museo, una sorta di esperimento espositivo realizzato nel dicembre del 1976, sfruttando il periodo di chiusura della pinacoteca per il tanto agognato riallestimento della Grande Brera. Russoli però non vedrà mai gli esiti dei suoi immensi, quasi inumani sforzi, dato che morirà nel 1977 a soli 54 anni. I direttori seguenti non riusciranno a colmare il gap con le istituzioni museali europee dello stesso rango, che anzi si fece sempre più evidente.
Ma qual era il progetto di Russoli di cinquant’anni fa? Riusciamo oggi a dire qualcosa, a interpretare il suo disegno? Rubando le parole di Enrico IV di Borbone sul Louvre, qual era il “grand dessein” di Russoli per la Grande Brera? Le risposte le troviamo studiando il volume Senza utopia non si fa la realtà. Scritti sul museo (1952-1977) edito da Skira nel 2017, a cura di Erica Bernardi, che raccoglie gran parte degli scritti, degli interventi e degli articoli pubblicati da Russoli nel corso della sua attività pubblica. Qui è evidente il suo interesse nella musealizzazione completa della ex chiesa di Santa Maria di Brera, che entrerebbe a far parte del percorso espositivo che avrebbe poi superato l’Orto Botanico per poi ricongiungersi a Palazzo Citterio, da utilizzare soprattutto per le esposizioni temporanee e l’arte contemporanea, una sorta di Brera Modern. Leggiamo le parole di Russoli: “Nel palazzo di Brera va identificato esattamente lo spazio della pinacoteca, anche in vista di un possibile cambiamento di collocazione. Va tenuto fermo, però, che c’è un’identificazione del museo anche dal punto di vista storico con il nucleo napoleonico ricavato dal taglio (sic!) della chiesa di Santa Maria di Brera. Se noi riusciamo, in collaborazione con l’Accademia, a ottenere la chiesa di Santa Maria di Brera, avremo acquisito spazio in una zona di interesse storico-artistico elevatissimo, da inserire nella struttura museale espositiva, per esporci, ad esempio, le opere della galleria che nessuno ha mai visto”.
L’ampliamento di Brera al piano terra avrebbe almeno riguardato le attuali aule 33 e 33s (la Sagrestia dove era esposto l’affresco del Foppa oggi in galleria), le aule 35 e 35a, 36, 37 e 38a, 38b, 38c e 38e dell’Accademia di Belle Arti. Una bella superficie addizionale che è possibile calcolare in circa 1.600 metri quadrati. Più che sufficienti, ad esempio, a esporre il delizioso Trittico dell’Adorazione dei Magi del fiammingo Jan de Beer.
Come si sarebbe connesso il percorso espositivo attuale (e poco modificabile) con gli ambienti della ex chiesa di Santa Maria di Brera? È possibile solo congetturare qualche ipotesi, in attesa di un riscontro documentale. Ad esempio, è plausibile supporre che l’alto corridoio trasversale che si trova appena superato l’ingresso dell’Accademia, posto oltre il cortile d’onore e appena varcate le scale, potesse essere tramezzato e consentire un comodo passaggio tra la Sala XXXVIII della pinacoteca (e l’attuale Caffè Fernanda) fino all’atrio dei Gesuiti, ambiente contiguo agli ambienti della ex chiesa di Santa Maria di Brera, realizzando pertanto un piano ammezzato per connettere le due parti del museo. Ma al momento si tratta solo di ragionevoli congetture in attesa di un riscontro.

Mappa dell'Accademia di Brera con tramezzo russoliniano per raggiungere la ex chiesa di Santa Maria di Brera (ipotesi in rosso)

Mappa dell’Accademia di Brera con tramezzo russoliniano per raggiungere la ex chiesa di Santa Maria di Brera (ipotesi in rosso)

IL RUOLO DI PALAZZO CITTERIO

Per quanto riguarda invece il passaggio tra l’edificio di Brera e Palazzo Citterio, il “Corridoio russoliano” che tanto ha fatto parlare di sé recentemente, è tutt’altro che una fantasticheria moderna o un sogno irrealizzabile. Nell’edizione del 1990 del popolare libro Milano in Mano di Guido Lopez, un classico edito da Mursia, troviamo infatti scritto: “I locali [di Palazzo Citterio, N.d.A.] verranno collegati con la Pinacoteca attraverso un passaggio sopraelevato sull’Orto Botanico“. Insomma, della passerella panoramica per scavalcare l’Orto Botanico se ne parla già da svariati decenni, e non è impossibile una sua origine russoliana. Guido Lopez conclude le sue ottimistiche considerazioni con un dubbio che con il senno di poi risulta legittimo e amaro al tempo stesso: “Il lettore di domani vedrà tutto questo? Lo speriamo, e che sia presto”.

Pianta di Brera nel 2020

Pianta di Brera nel 2020

LA GRANDE BRERA DI DOMANI

Va detto poi che nel 1987 venne chiamata per completare il barocco Palazzo Citterio una stella della museologia di fine Anni Ottanta, James Stirling, reduce dal trionfo della Neue Staatsgalerie di Stoccarda, terminata nel 1984, che divenne l’icona dell’architettura postmodernista. James Stirling, però, come Russoli, morì nel 1992 senza vedere terminati i lavori e oggi del suo progetto restano solo le grandiose sale ipogee da cui si accede appena varcato il cortile del palazzo. Il resto è storia recente, con il restauro del 2015-18 che segue le linee guida indicate dagli architetti Alberto Artioli e Annamaria Terafina. Oggi, ricevuto il 5 gennaio 2021 il via libera dalla Soprintendenza ai lavori di adeguamento di Palazzo Citterio per l’adattamento museale voluto dall’attuale direttore James Bradburne (che del “Grand dessein” di Franco Russoli ha dimostrato essere coriaceo difensore e valoroso interprete), siamo in attesa della pubblicazione dei tanto agognati bandi esecutivi, con prospettiva di fine lavori previsti per il 2026, cinquant’anni dopo il Processo per il Museo di Russoli. Saremo noi la prima generazione a potere godere finalmente della Grande Brera?

Thomas Villa

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