21 anni di aMAZElab, il laboratorio che parla di cultura

Intervista a Claudia Zanfi, fondatrice del laboratorio culturale non profit che mette in relazione discipline diverse nel segno del dialogo puntando sulla sostenibilità

Dal dialogo fra culture all’attivismo in ambito ecologico, sono tanti gli obiettivi e le azioni messe in campo dal laboratorio aMAZElab. La sua fondatrice, Claudia Zanfi, racconta origini e sviluppi del progetto.

Quest’anno l’organizzazione da te fondata ha raggiunto un anniversario importante: 21 anni di aMAZElab, Arte, Cultura Paesaggio. C’è un progetto che ti è rimasto impresso più di altri, in termini di innovazione o di tuo gusto personale? 
Difficile scegliere tra le proprie “creature”. Sicuramente il programma internazionale GOING PUBLIC, con sezioni come Atlante Mediterraneo e Arcipelago Balkani, è stato un laboratorio unico nel suo genere. Oltre ai vari premi ricevuti, questo progetto, durato più di un decennio (2002-2012), ha attraversato l’Europa e il Mediterraneo con una serie di mostre, conferenze e seminari tali da mettere in evidenza la natura sociale dell’arte utilizzata come medium linguistico e coltello con cui sezionare la realtà. Ha puntato l’obiettivo su culture emergenti e su micro-geografie, all’epoca piuttosto inesplorate, come Beirut, Tangeri, Nicosia, Skopie, Sarajevo, Baghdad, solo per citarne alcune. GOING PUBLIC ha rappresentato un percorso innovativo e seminale, con un’attenzione costante al rapporto fra comunità e nuovi paesaggi. Ha partecipato a eventi internazionali come la Biennale di Istanbul, di Atene, di Liverpool, di Venezia. Ha collaborato con istituzioni quali Triennale Milano, Festivalfilosofia Modena, Arnolfini Art Center Bristol, CCCB Barcelona e molte altre. Ha invitato centinaia di artisti tra cui Thomas Hirschhorn, Maria Papadimitriou, Zafos Xagoraris, Marcello Maloberti, Pavel Braila, Alterazioni Video, Akram Zaatari, Atelier van Lieshout, Calin Dan, Dan Perjoschi, Maria Thereza Alves, Stefan Rusu, Yto Barrada, Ursula Biemann, Zineb Sedira.

Going Public, Port Ampliphones, by Zafos Xagoraris

Going Public, Port Ampliphones, by Zafos Xagoraris

E per quanto riguarda GREEN ISLAND?
GREEN ISLAND è un altro programma di grande rilievo, che vent’anni fa ha anticipato pratiche e tematiche oggi urgenti come biodiversità, clima, impollinazione, verde urbano. A questo secondo progetto sono particolarmente legata per il grande amore che ho verso la natura, gli animali e le api in particolare. Il programma GREEN ISLAND nasce per promuovere una ricerca culturale sui paesaggi urbani contemporanei e le ecologie sociali, in una forma di dialogo tra società e territorio. GREEN ISLAND invita a riflettere sul tema urgente dello spazio collettivo e del verde pubblico. Il progetto sostiene la riqualificazione culturale con miglioramenti locali, portando nei quartieri una progettualità di respiro internazionale. Al progetto hanno aderito prestigiosi autori tra cui Andrea Branzi, Tom Matton, Lois Weinberger, i giovani Medusa Group. Tra le varie attività importanti libri monografici sulle erbe spontanee (Flora urbana); sui giardini d’artista (The Mobile Garden); sui nuovi paesaggi urbani (I giardini di Piet Oudolf), sugli alveari d’artista (Api & Arte). GREEN ISLAND si occupa inoltre di eco-design durante Milano Design Week e di promuovere attività di sensibilizzazione e formazione per le donne, i cittadini, i giovani.

Green island, Alveari Urbani, photo Claudia Zanfi

Green island, Alveari Urbani, photo Claudia Zanfi

LE CARATTERISTICHE DI AMAZELAB

aMAZElab è una piccola associazione culturale che con le proprie forze sta al passo di grandi organizzazioni. Quale pensi sia stata una strategia di comunicazione vincente che avete adottato?
Punto di forza di aMAZElab è stato avere creato una struttura culturale nuova, agile e dinamica, in grado di dialogare sia con il territorio locale, sia con quello internazionale, di parlare della contemporaneità e della memoria, di essere presente sul campo, di occuparsi dei fatti di grande trasformazione sociale e di paesaggi. Strategia vincente è sicuramente aver saputo attivare nuove pratiche curatoriali, avere creato un forte dialogo tra pubblico e privato, essere riusciti a costruire un importante network internazionale, essere attenti alle nuove piattaforme di comunicazione. Uno sguardo sempre puntato verso il nuovo, senza mai dimenticare l’origine.

Quanto pensi sia importante oggi far convergere la comunicazione sui canali digitali? Pensi debbano lavorare in sinergia con i media tradizionali o possono in un qualche modo sostituirli?
Progettare e comunicare in maniera sostenibile e attenta alle nuove dinamiche e ai nuovi media rappresenta la necessità di risemantizzare i messaggi che intendiamo divulgare. I media tradizionali restano comunque utili per una comunicazione più “istituzionale”. Mentre le nuove piattaforme creano maggiore libertà e circolazione delle idee, del sapere e una maggiore mobilità per tutti, soprattutto nei confronti delle generazioni future.

XX Anniversary aMAZElab

XX Anniversary aMAZElab

I PROGETTI DI AMAZELAB

aMAZElab ha dei riferimenti precisi in ambito culturale quando procede in termini di comunicazione dei progetti?
Ricordo che quando abbiamo disegnato il nostro primo sito web (agli inizi del 2000), insieme a un nostro associato, studente della Normale di Pisa, siamo stati ispirati da progetti online inglesi e americani, pionieri sia nella grafica, che nei contenuti. Poi ci hanno ispirato luoghi come il Kunst Werke di Berlino e il Palais de Tokyo di Parigi. Oggi l’ispirazione maggiore è nel potere progettare e comunicare attività aperte, senza muri e barriere di alcun genere. Isole verdi, foreste urbane, luoghi dell’utopia, ma anche del fare, dell’attivismo culturale, della mobilità delle idee. Una sorta di grande “officina verde”.

La rete di aMAZElab è in costante espansione. Assodati i metodi per attirare nuovo pubblico, quali strumenti o strategie adottate per mantenerlo nel corso del tempo?
Allargare sempre gli orizzonti: quando si è raggiunto un obbiettivo, essere già pronti a spostarsi su un nuovo programma. Fondamentale è sapere ampliare il network di collaborazioni nazionali e internazionali. Collaborare con istituzioni e piattaforme d’arte, con università e collettivi, con gallerie e case editrici, con botanici e artisti. Mai chiudersi in una sola disciplina. Ampliare gli orizzonti significa anche riuscire a mettere in dialogo vari linguaggi, diverse figure professionali, varie realtà, a volte apparentemente distanti tra loro. Questo permette di ampliare gli interessi e il pubblico di riferimento, di promuovere progetti culturali inediti, di essere pionieri nella divulgazione di nuove pratiche e messaggi costruttivi.

Bonnie Borsari

http://www.amaze.it/AMAZE/it

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Redazione

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