Quando propaganda e polemiche sono nemiche della cultura

Sempre più spesso il dibattito politico in Italia si sposta sul terreno della polemica, perdendo di vista la qualità, criterio alla base di qualsiasi progetto, soprattutto culturale

La questione della cultura di destra e di sinistra, che all’inizio del mandato poteva rappresentare un vezzo di questo nuovo Governo, sta iniziando a divenire molto più ricorrente del necessario, e la questione rischia di configurarsi come un vero e proprio circolo vizioso che è necessario recidere o dal quale in ogni caso difendersi.
Facciamo un piccolo sunto: sale il Governo – di destra – e subito sottolinea che la cultura non è solo di sinistra, con annesse repliche e controrepliche di rito. Polemiche che, in realtà, già da tempo attraversano il rapporto tra le due differenti correnti politiche, come dimostrato dalle frequenti riflessioni dedicate all’utilizzo, da parte della destra, di autori vicini alla sinistra. Dopo queste prime avvisaglie, sono apparsi nei radar gli Stati Generali della Cultura Nazionale, o qualcosa di simile, che sarebbero passati del tutto inosservati se non fosse nato un nuovo round di polemiche al riguardo, polemiche cui hanno fatto ovviamente seguito rivendicazioni di natura varia ed eventuale da ambo le parti.
Ci sono state poi le nomine RAI, e giù di nuovo a parlare di cultura di destra e cultura di sinistra, per poi giungere al grande caso odierno: uno scrittore di destra al Salone del Libro.
Pur trattandosi di una condizione evidente, è in ogni caso doveroso sottolineare che tutto questo argomentare non è altro che il risultato di vere e proprie trappole mediatiche, realizzate da coloro che da tali polemiche traggono beneficio, seguite da coloro che, trattandosi di un tema all’ordine del giorno, non possono fare a meno che diffonderle, e subite da coloro che, in ogni caso, sentono la responsabilità di dover esortare i lettori a non tener conto di queste puerili battaglie, condotte con la stessa foga con cui i bambini dell’asilo rivendicano per se stessi degli oggetti o dei ruoli durante i giochi.

“La capacità di un Governo di strutturare un’offerta culturale valida, e di determinare delle valide modalità di produzione, organizzazione ed erogazione di servizi culturali, è l’unico elemento che deve essere posto all’attenzione del dibattito pubblico

POLITICA E CULTURA

Viste le condizioni attuali, quindi, è forse opportuno ribadire un concetto che rischia di essere distratto e confuso da tanto strepitio: la cultura, nel nostro Paese, è una cosa seria.
Coloro che si occupano di cultura in Italia hanno un entusiasmante quanto impegnativo compito: devono tutelare, a nome degli attuali e dei futuri cittadini dell’intero pianeta, un patrimonio che viene riconosciuto come riflesso materiale di una storia che appartiene a tutto il mondo e, contemporaneamente, devono stimolare la nascita, lo sviluppo e il consolidamento di attuali forme culturali e creative, ricorrendo agli strumenti che sono propri del nostro modello sociale e stimolando un dibattito culturale che possa favorire lo sviluppo di tutti i cittadini, in primo luogo i cittadini italiani.
A rischio di essere pignoli richiamando tali dettagli di piccola portata, si ritiene importante sottolineare come tali tematiche meritino un po’ di attenzione, perché il patrimonio culturale che abbiamo ereditato è una delle ragioni per cui il nostro Paese è noto nel mondo.
Tutelando tale cultura, e valorizzando la cultura esistente, il nostro Paese può potenziare il proprio livello di reputazione internazionale. Reputazione che potrebbe essere di certo potenziata, se i nostri decisori politici dovessero ritenerlo opportuno, prestando attenzione anche a piccoli dettagli come le condizioni di stabilità politica, la riduzione del cuneo fiscale, e quelle altre piccolissime cose che sono passate più che giustissimamente in secondo piano rispetto all’imperdibile dibattito legato allo scrittore di destra al Salone del Libro.

QUALITÀ E CULTURA

Al fine di favorire dunque l’emersione di un dibattito serio sulla cultura, che non venga depistato da accuse reciproche senza alcun fondamento, può forse essere d’aiuto stilare qui una serie di punti fermi che nell’attuale dibattito culturale sembrano essere un po’ sbiaditi.
Punto primo: l’Italia è una Repubblica democratica, che ha assunto la forma della democrazia rappresentativa.
Punto secondo: uno dei meccanismi più importanti dell’intera vita democratica è il voto dei cittadini.
Punto terzo: dopo qualche annetto di pausa, qualche tempo fa gli italiani sono stati nuovamente chiamati a esprimere la propria fiducia a differenti partiti e colazioni politiche.
Punto quarto: il risultato di tali elezioni ha determinato una nuova distribuzione di potere all’interno del Parlamento e la nomina di un nuovo Governo.
Punto quinto: in linea con le preferenze espresse dagli italiani, il Governo costituito appartiene a ciò che storicamente viene classificata come una corrente politica di destra.
Punto sesto: è specifico mandato del Governo quello di avviare anche delle politiche culturali.
Punto settimo: qualunque Governo è pertanto chiamato a esprimere, attraverso differenti modalità, una politica culturale coerente con le proprie idee, sulla base del mandato indiretto ricevuto da parte dei cittadini, che hanno infatti espresso il proprio voto anche tenendo conto delle idee di cui i singoli partiti politici si sono fatti portavoce.
Punto ottavo: uno dei principali meccanismi volti a tutelare la nostra democrazia è la presenza, nello scenario politico, di partiti politici portatori di una visione differente da quella espressa dal Governo, che, malgrado il costume in uso e il conseguente lessico, non necessariamente deve conformarsi a una strenua e acritica opposizione.
Punto nono: la Treccani definisce come propaganda un’azione che tende a influire sull’opinione pubblica, orientando verso determinati comportamenti collettivi, e l’insieme dei mezzi con cui viene svolta.
Punto decimo: che nelle tecniche di propaganda comunemente utilizzate rientrano l’utilizzo di argomentazioni ideologiche e lo sviluppo di dibattiti distrattivi, che abbiano il compito principale di polarizzare le posizioni di opposte fazioni.
Tenendo in considerazione questi elementi, sarebbe forse giusto cercare di far convergere il dibattito pubblico su un elemento che in questo periodo non è mai stato preso in considerazione: la qualità. La qualità dell’offerta determina, nei fatti, se una proposta culturale sia o meno valida. La capacità di un Governo di strutturare un’offerta culturale valida, e di determinare delle valide modalità di produzione, organizzazione ed erogazione di servizi culturali, è l’unico elemento che deve essere posto all’attenzione del dibattito pubblico.
Ferma restando la libertà di espressione del proprio dissenso, bisogna ricordare che se il dibattito culturale prescinde da tali elementi e si concentra su quale forma di cultura debba essere ritenuta o meno accettabile, non su base qualitativa ma su base politica, si assiste a una potenziale minaccia della nostra democrazia.
Per quanto possa essere l’argomento cultura poco rilevante, farsi coinvolgere sempre e comunque nel già stanco giochino del noi contro voi a suon di autori citati può essere più pericoloso di quanto possa, a prima vista, sembrare.

Stefano Monti

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Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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