Alla Biennale di Venezia il Padiglione Israele resta chiuso fino a liberazione degli ostaggi e cessate il fuoco

La richiesta arriva da curatrici e artista israeliane regolarmente presenti ai Giardini con il progetto “(M) otherland”, che però resta celato dietro le porte serrate del padiglione. “Mi oppongo al boicottaggio culturale”, spiega Ruth Patir, “ma non ho altro modo per far sentire la mia voce”

Si è parlato a lungo, nei mesi scorsi, dell’opportunità di avallare la presenza del Padiglione di Israele alla 60. Esposizione d’Arte di Venezia. Risale a febbraio l’appello promosso dall’alleanza internazionale di artiste e artisti e operatrici e operatori culturali Art Not Genocide Alliance (ANGA), costituitasi per l’occasione, per chiedere l’esclusione del Paese e dunque non “legittimare le sue politiche genocide a Gaza”. Incassata la secca risposta del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano – “Inaccettabile, oltre che vergognoso, il diktat di chi ritiene di essere il depositario della verità e con arroganza e odio pensa di minacciare la libertà di pensiero e di espressione creativa in una Nazione democratica e libera come l’Italia. Israele non solo ha il diritto di esprimere la sua arte ma ha il dovere di dare testimonianza al suo popolo proprio in un momento come questo in cui è stato duramente colpito a freddo da terroristi senza pietà. La Biennale d’arte di Venezia sarà sempre uno spazio di libertà, di incontro e di dialogo e non uno spazio di censura e intolleranza” – la richiesta di ANGA si era scontrata anche con le procedure che regolano la partecipazione alla Biennale: “Tutti i Paesi riconosciuti dalla Repubblica Italiana possono in totale autonomia richiedere di partecipare ufficialmente. La Biennale, di conseguenza, non può prendere in considerazione alcuna petizione o richiesta di escludere la presenza di Israele o Iran dalla prossima 60. Esposizione Internazionale d’Arte”. E anche sulle pagine di Artribune, un articolo a firma di Fiammetta Martegani si pronunciava contro il boicottaggio del padiglione israeliano, suggerendo la strada del sostegno bilaterale, “verso un padiglione israelo-palestinese”.

Il Padiglione di Israele alla Biennale resta chiuso

Alla partenza della kermesse, che svela i suoi padiglioni e tutte le attività correlate nei giorni di preview dal 16 al 20 aprile, il Padiglione di Israele è dunque regolarmente presente ai Giardini dell’Arsenale, con il progetto presentato a settembre 2023 a cura di Mira Lapidot e Tamar Margalit, rappresentato dall’artista e regista Ruth Patir.
Ma sceglie di restare serrato “fino al cessate il fuoco e al raggiungimento di un accordo per la liberazione degli ostaggi” fatti prigionieri da Hamas lo scorso 7 ottobre (circa un centinaio sono le persone ancora detenute). Un ribaltamento dello scenario, quindi, che – scampato il boicottaggio del fronte pro Palestina – fa i conti con la posizione assunta da curatrici e artista israeliane, come “scelta di solidarietà con le famiglie degli ostaggi e della grande comunità di Israele che chiede un cambiamento”.

Ruth Patir e la via estrema del boicottaggio culturale

All’interno del Padiglione tutto sarebbe allestito per mostrare il progetto (M) otherland, che “aspetta dentro il momento in cui i cuori potranno ancora una volta essere aperti all’arte”. “Come artista ed educatrice” ha spiegato Ruth Patir all’Ansa “rifiuto fortemente il boicottaggio culturale, ma sono in grande difficoltà a presentare un progetto che parla di vulnerabilità per la vita in un momento in cui non c’è rispetto per essa”. Contestualmente, l’artista approfondisce il suo pensiero nel post pubblicato su Instagram: “Sento che il tempo dell’arte è perduto e ho bisogno di credere che tornerà. Mi oppongo fermamente al boicottaggio culturale, ma dal momento che non credo ci siano risposte corrette, e posso fare ciò che posso solo con lo spazio che ho, preferisco far sentire la mia voce per coloro che sostengo, per il cessate il fuoco e riportare le persone a casa ora. Non ce la facciamo più”. Intervistata dal New York Times, però, aggiunge una nota di speranza: “Voglio credere che apriremo prima del 24 novembre“.

Livia Montagnoli

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