Elezioni politiche 2018. La cultura nel programma del centrodestra

Ammesso e non concesso che il 4 marzo si scelga di andare a votare per le elezioni politiche, i criteri per apporre le crocette sulla scheda sono moltissimi. A partire dal voto in stile tifoso, passando per valutazioni di ordine ideologico, economico, sociale, etico. E spesso la cultura finisce per essere l’ultimo dei problemi. Noi vi raccontiamo cosa dicono in merito i programmi dei principali player di questa tornata elettorale. Cominciamo dal centrodestra, proseguiremo con centrosinistra e Movimento 5 Stelle. E le sorprese non mancano.

Come di consueto, anche durante questa campagna elettorale il capitolo cultura è relegato agli ultimi posti. Fra la retorica del “Paese più bello del mondo” e i beni culturali intesi come “volano per il turismo”. La cultura diventa interessante solo quando si parla direttamente agli operatori del settore, oppure quando può fare da cassa di risonanza, spesso suo malgrado – ogni riferimento alla piazzata di Giorgia Meloni di fronte al Museo Egizio di Torino è voluto.
Nonostante tutto questo, non ci si può esimere dalla lettura dei programmi. Perché qualche sorpresa può sempre emergere. Abbiamo iniziato con la coalizione di centrodestra, e in effetti le sorprese non sono mancate, là dove meno ce lo saremmo aspettati.

IL PROGRAMMA CONDIVISO

Com’è noto, la coalizione di centrodestra è formata da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia. I numeri importanti sono quelli dei partiti guidati da Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, seguito dalla formazione di Giorgia Meloni e dal neonato gruppo centrista.
Il programma condiviso è articolato in 10 punti, evidente frutto di numerosi compromessi, e perciò spesso piuttosto vago, in particolare quando si tratta di questioni meno spendibili con l’elettorato generico. Rarissimi i riferimenti a cultura e turismo. Al punto 4, Più aiuto a chi ha bisogno, si parla di un “piano straordinario di riqualificazione delle periferie, restauro delle coste e dei siti di interesse monumentale anche attraverso la ‘sostituzione edilizia’”. Poi nulla fino al punto 9, dedicato a Più autonomie territoriali, migliore governo centrale, dove si scova un sibillino “piano straordinario per l’adeguamento di Roma capitale agli standard delle principali capitali europee”. Ci si potrebbe aspettare di più dal decimo e ultimo punto, dedicato proprio a Più tecnologie, cultura e turismo. Tutela dell’ambiente. Efficientamento energetico. Ma la questione è liquidata in una frase, e per di più totalmente vuota: “Sviluppo e promozione di cultura e turismo”.

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

FORZA ITALIA E FRATELLI D’ITALIA

Il programma specifico di Forza Italia ha la forma di un glossario intitolato 2018. Berlusconi dalla A alla Z. Qui si fa prestissimo a discutere le proposte in ambito culturale: infatti non ve n’è alcun accenno.
Quanto al Partito di Giorgia Meloni, il decimo dei quindici punti del suo programma è intitolato Cultura e bellezza al centro dell’identità italiana. Fra la retorica della “difesa del bello” e gli stereotipi di una cultura intesa come “volano per il settore del turismo”, spicca una proposta: “Affitto a lungo termine a musei esteri del nostro materiale storico e artistico inutilizzato con vantaggi di ricavo e di pubblicità per il nostro patrimonio culturale”. Incoerenza? Potrebbe essere giustificata esplicitando l’argomentazione che quel “materiale” fungerebbe da ambasciatore dell’“identità italiana”.

LEGA

Perché parliamo della Lega soltanto a questo punto, quando invece alcuni sondaggi la danno addirittura al primo posto all’interno della coalizione favorita, superando Forza Italia e prefigurando uno scenario in cui il prossimo governo sia guidato niente meno che da Matteo Salvini? Perché Salvini Premier. La rivoluzione del buonsenso, il programma della Lega, è molto ampio e articolato in 27 temi. Il 22esimo è dedicato al Turismo e il 23esimo a Beni culturali e identità italiana. E, con buona pace di chi poteva pensare il contrario, i due temi sono trattati con grande accuratezza, con analisi e proposte che derivano evidentemente da uno studio non superficiale di entrambi i settori. Magari non sono le proposte del secolo, ma va dato atto al partito di Salvini di aver dedicato tempo e attenzione a un settore che i suoi compagni di coalizione (e non solo) hanno palesemente snobbato.

Matteo Salvini

Matteo Salvini

IL TURISMO SECONDO SALVINI

L’Italia è una nazione a vocazione turistica grazie al patrimonio storico, culturale, paesaggistico e naturale e ad eccellenze quali, ad esempio, l’enogastronomia, la moda, il design, unici al mondo”. Si apre così il capitolo sul turismo nel programma della Lega. Identificato come “settore fondamentale dell’economia”, il turismo viene messo non soltanto in relazione diretta con PIL e occupazione, ma individuato quale “raccordo con altri settori cruciali della società, come ad esempio i Trasporti, le Infrastrutture, l’Agricoltura, lo Sviluppo Economico, Comunicazioni, Cultura, ecc.”.
I punti critici sono, a parere della Lega, tre: la “competitività delle imprese turistiche”; la “qualità dei servizi e della ‘vita’ in generale”; “lo sviluppo del digitale o l’‘overtourism’”, con particolare riferimento a Venezia.
Ben dodici i punti in cui è articolata la proposta:

  1. Istituzione di un Ministero del Turismo, che tuttavia “non dovrà avere un impatto economico negativo per le casse statali”. Come fare dunque? Potenziando il Tax Free Shopping (questione dettagliata al punto 6) e sviluppando l’integrazione con gli altri enti che si occupano del settore (in particolare l’Enit, che “potrebbe essere controllata direttamente dal Ministero del Turismo”).
  2. Lotta alla concorrenza sleale, in particolare alle OLTA (OnLine Travel Agency), tramite meccanismi di identificazione delle stesse e l’introduzione di una “Web Tax turistica”.
  3. Intervento sulla fiscalità di settore: Flat Tax al 15%, riduzione dell’IVA, riduzione del cuneo fiscale e abolizione degli Studi di Settore
  4. Ancora in tema fiscale, recupero dell’IVA “agli italiani che acquistano una vacanza in Italia tramite un’Agenzia di Viaggi italiana”.
  5. Abolizione della tassa di soggiorno o efficientamento della stessa. In altre parole, renderla effettivamente una “tassa di scopo”.
  6. Revisione del Tax Free Shopping in una doppia direzione: “revisione della normativa, prevista dall’ art 13 bis di Art Bonus, che finora non è mai stata attuata” e “rimborso maggiore dell’Iva ai turisti stranieri Extra UE, in maniera ‘shock’ (aumentando molto il primo anno il rimborso dell’Iva) oppure gradualmente, aumentandola per 5 anni per poi mantenerla al livello raggiunto (l’obiettivo possibile: aumento del rimborso del 10%)”.
  7. Abolizione della direttiva Bolkenstein relativa agli stabilimenti balneari. (Qui stendiamo un pietoso velo, N. d. R.)
  8. In ambito formativo, aggiornamento e sviluppo degli Istituti Alberghieri Statali e “detassazione delle cifre investite in formazione da parte di aziende in ambito F&B per la promozione della cucina italiana e la tutela dei prodotti italiani”.
  9. Generale “riordino” della professione di Guida Turistica.
  10. Intervento rivolto ai giovani: da un lato si propone di “defiscalizzare per alcuni anni (minimo 2) l’assunzione di giovani nel turismo”, dall’altra “uno sconto (in percentuale) per l’acquisto dei loro viaggi off-line (da operatori italiani)”.
  11. Incremento del “turismo accessibile”, con particolare riferimento alle disabilità.
  12. Sviluppo del “turismo digitale” sul doppio versante di domanda e offerta, ad esempio con “gestione dei Big Data, segmentazione, profilazione e definizione dei trend previsionali”.
Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

I BENI CULTURALI SECONDO SALVINI

Quanto a Beni culturali e identità italiana, la Lega cerca di mantenere un equilibrio fra “radici radicate nei territori” e gestione statale, rigettando la retorica del patrimonio da sfruttare: “I beni culturali non sono un onere, bensì un giacimento di tradizioni, esperienze e creatività e dopo anche una risorsa economica”. In questo senso, “il fine non è il profitto, ma neppure il passivo all’infinito. Il fine è la sostenibilità”. Tutto questo, però, ribadendo che i beni culturali sono “l’asset strategico del nostro paese”: con un pizzico di retorica – anzi: più di un pizzico – si scrive che “L’Italia e le sue mille culture deve essere la Silicon Valley dei beni culturali, la Bangalore del paesaggio, la Shanghai del bien vivre”.
La proposta operativa è articolata in quattro aree: Interventi strategici, Interventi di medio termine, Interventi legislativi immediati e Musei.
La “strategia” inizia con una questione nominale: “Trasformare il Ministero dei Beni culturali in Ministero del Tesoro dei beni culturali”. Si prosegue con la costruzione di “un gruppo di lavoro di persone qualificate per Marketing e Sviluppo” al fine, in particolare, di “coordinamento delle iniziative e dell’utilizzo delle risorse pubbliche destinate alla promozione”. Un secondo gruppo di lavoro avrà invece “funzioni di raccordo tra il gruppo Marketing e sviluppo, tra le Soprintendenze e tra i 20 grandi musei ora diventati 30” (si noti: nessuna critica diretta viene mossa a questa parte della Riforma Franceschini, tantomeno la nomina di direttori stranieri). Infine, con una sottolineatura nel programma stesso: “Analisi e verifica di tutte le soprintendenze che in questi anni hanno cambiato volto e denominazione molte volte, rendendo il panorama complesso e di difficile comprensione di chi fa e cosa”.
Quanto al medio termine: 1. “Federalismo museale e archeologico (studio di fattibilità)”; 2. “Riforma radicale del FUS”, il Fondo Unico per lo Spettacolo; 3. “Iva agevolata per le opere d’arte”, con particolare riferimento all’arte contemporanea, il cui mercato soffre di “eccessiva tassazione, che è molto più alta, spesso il doppio di quella prevista in [altri] paesi europei”, e all’archeologia, il cui mercato è “asfittico per motivi ideologici e di eccessivo controllo pubblico”; 4. “Censimento e protezione delle librerie storiche”; 5. “Terzo e Quarto Settore (Ente nazionale per il microcredito) come partner di progetti culturali integrati”; 6. “Piani individuali di risparmio (PIR) e Kultur Tax (percentuale su commissioni bancarie da imporre agli istituti di credito)”; 7. Un più vago “Roma città museo (modello Parigi)”, che richiama l’indicazione omologa nel programma elettorale condiviso; 8. E infine un riferimento alle origine lombarde del Partito, con la “Creazione a Como [sic] nel palazzo Terragni e negli edifici adiacenti del più grande museo di arte moderna, architettura e design del Nord Italia”.
Infine, il breve termine: 1. “Più ampia defiscalizzazione degli investimenti in cultura”; 2. “Cancellazione delle fondazioni culturali dalla famigerata lista Istat”, così da sottrarle alle norme sulla spending review; 3. “Abolizione delle norme di spending review”, accusate di “deprimere nelle molte città d’arte il cosiddetto marketing territoriale su cui si fonda il turismo culturale”.
Chiude il capitolo la questione dei musei. I problemi identificati sono la quantità e dispersione dei musei (questione che tuttavia sembra confliggere con l’importanza dei territori che la Lega sottolinea all’inizio dello stesso capitolo del programma), la “mancanza di organizzazione e regole basiche di ospitalità”, la “digitalizzazione scarsissima” (come best practice è citato il Metropolitan di New York e la presenza nel suo staff di un “chief digital officer”). Le soluzioni? “L’accorpamento e la concentrazione di alcuni musei non statali” e la “Dotazione per i grandi e autonomi musei italiani di un Manager da affiancare al direttore”.

Marco Enrico Giacomelli

www.berlusconi2018.it/
www.leganord.org/
www.fratelli-italia.it/

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Marco Enrico Giacomelli

Marco Enrico Giacomelli

Giornalista professionista e dottore di ricerca in Estetica, ha studiato filosofia alle Università di Torino, Paris 8 e Bologna. Ha collaborato all’"Abécédaire de Michel Foucault" (Mons-Paris 2004) e all’"Abécédaire de Jacques Derrida" (Mons-Paris 2007). Tra le sue pubblicazioni: "Ascendances et…

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