Didattica e pandemia. La Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano

Prosegue la nostra ricognizione sulla risposta dei musei e delle istituzioni culturali alla pandemia attraverso le attività didattiche. Stavolta tocca alla Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano.

Nel cuore di Milano c’è uno studio-museo che non si ferma mai: è la Fondazione Arnaldo Pomodoro. Abbiamo raggiunto Paola Boccaletti, responsabile della sezione educational, per chiederle come si può fare didattica dell’arte oggi e perché.

Quando è nata la sezione didattica della Fondazione e come è evoluta negli anni?
La Fondazione Arnaldo Pomodoro ha costituito il proprio dipartimento educativo nel 2007, all’interno del museo della Fondazione in via Solari 35 a Milano, con lo scopo di favorire l’avvicinamento del pubblico alle dinamiche dell’arte contemporanea, dal punto di vista della creazione, della fruizione, dell’esperienza diretta dell’opera d’arte.

E quando il museo ha chiuso?
In seguito alla chiusura del museo, nel 2011, il dipartimento ha avviato un processo di diffusione sul territorio, trasformandosi da luogo fisico a sistema di connessioni con il mondo esterno: portando il proprio patrimonio fuori dalle proprie mura, riconoscendo al pubblico una sua centralità. Questo modus operandi ce lo ha insegnato Arnaldo Pomodoro stesso, che riassume così la missione della Fondazione: “Ho sempre sentito la necessità di un coinvolgimento concreto dal punto di vista sociale: uscire dal proprio studio, dove si lavora e si è protetti, non è una facoltà: è un dovere. Il compito dello scultore è quello di mettersi in gioco e coinvolgersi con il tessuto urbano della città, facendo sentire l’importanza pubblica di tutta l’arte, non solo della propria”.

Cosa significa lavorare nello studio di un artista?
Alle volte diamo per scontato cosa significhi lavorare in uno studio ancora attivo come quello di Arnaldo Pomodoro, poi realizziamo la nostra condizione privilegiata percependo l’effetto dirompente che fa sui visitatori quando lo vedono passare mentre sono in visita nel suo studio… lui sorride divertito e alle volte si sostituisce alle guide nella spiegazione lungo il percorso!

Quindi il contatto è diretto anche da parte vostra?
Svolgiamo i nostri workshop nel suo laboratorio, ci confrontiamo direttamente con lui per capire come spiegare al meglio il suo lavoro. Recentemente abbiamo selezionato insieme tutti i materiali d’archivio funzionali a un racconto sulla sua esperienza teatrale. A 94 anni continua a volere sempre tutto a modo suo, e noi non possiamo che continuare a imparare!

LE PROPOSTE DIDATTICHE DELLA FONDAZIONE ARNALDO POMODORO

Quali sono le vostre proposte didattiche?
Costruiamo attività a partire dall’enorme patrimonio che la Fondazione possiede, fatto di sculture e progetti, di strumenti, di conoscenze tecniche e di saperi di bottega, di aneddoti e di relazioni con altri artisti e personalità legate alla storia e alla letteratura, e tutto ciò che riguarda la figura di Pomodoro. Usiamo i materiali d’archivio (foto, filmati, ritagli di giornale ecc.), creiamo suggestioni per rendere l’esperienza unica: workshop di scultura e di incisione dentro lo Studio, visite guidate tra Studio e Archivio, ma anche nella fonderia dove realizza i suoi bronzi, in città… e nel nostro prezioso scrigno, il Labirinto che si trova nei sotterranei di via Solari 35, dove un tempo c’era il museo.

A che pubblici vi rivolgete?
Il nostro programma di attività mira a incentivare la partecipazione culturale e a coinvolgere pubblici diversi, dalle scuole alle famiglie agli adulti, in una fruizione dell’arte contemporanea diretta e immediata attraverso la rielaborazione dei linguaggi, la sollecitazione dei sensi e l’uso di nuove tecnologie.

Che rapporto avete con gli studenti?
Abbiamo instaurato un legame strettissimo con le istituzioni scolastiche, un lavoro che si è fortemente intensificato in questi ultimi anni e che ci ha portato ad andare nelle classi, a elaborare progetti su misura per ciascun insegnante, per seguire le esigenze dei suoi studenti. Attraverso il cofinanziamento di Fondazione Cariplo, due anni fa abbiamo messo a punto Explore:art, un modello di fruizione flessibile dei nostri percorsi in co-progettazione con i docenti. Adesso stiamo aspettando gli esiti del nuovo bando di Fondazione Cariplo Per la cultura 2020, per poterci avventurare in nuove imprese dedicate al videogioco applicato all’arte nelle scuole, sempre sullo schema di una progettazione condivisa, per noi una condizione di lavoro ormai imprescindibile.

Fondazione Arnaldo Pomodoro Studio. Photo credits Andrea Cherchi

Fondazione Arnaldo Pomodoro Studio. Photo credits Andrea Cherchi

LA RISPOSTA DELLA FONDAZIONE POMODORO ALLA PANDEMIA

Da marzo in poi come si è modificato il rapporto con i vostri pubblici?
Già da qualche anno Fondazione ha intrapreso un percorso di digitalizzazione, con l’idea di favorire una sempre più ampia conoscenza dell’opera di Arnaldo Pomodoro e rendere accessibile al grande pubblico il suo patrimonio. Di fatto, l’emergenza sanitaria ha accelerato una metamorfosi avviata da tempo, da quando siamo usciti dalla sede museale per portare la nostra esperienza direttamente sul territorio e progettare in collaborazione con le realtà che insistono sulle aree interessate.

Quali sono gli strumenti “a distanza” di cui disponete?
Durante il lockdown di marzo è stato presentato il digital tour Alla scoperta del Labirinto di Arnaldo Pomodoro, un viaggio interattivo dentro l’opera ambientale Labirinto, a partire dalla sua ricostruzione in VR realizzata dagli artisti Oliver Pavicevic e Steve Piccolo e prodotta nel 2016 grazie al contributo di TSS – The Secular Society (Virginia, USA) per la mostra antologica a Palazzo Reale. Il digital tour è stata l’occasione per recuperare la dimensione virtuale dell’esperienza e allacciarla alla pratica laboratoriale grazie agli spunti elaborati con alcune classi della primaria lo scorso anno, all’interno del progetto Explore:art, il cui risultato è stata la pubblicazione di un piccolo volume dedicato al Labirinto di Pomodoro, edito da Corraini.

E adesso, con i musei di nuovo chiusi, cosa avete in serbo?
Abbiamo lanciato due appuntamenti su Zoom: Il mio labirinto, una visita-laboratorio sul tema del Labirinto dedicata ai bambini, e un ciclo di incontri rivolto agli adulti, L’archivio racconta: il teatro scolpito, in collaborazione con le associazioni culturali milanesi Waam Walk alternative art Milan e Ambarabart.
Stiamo continuando a tessere relazioni, a ricercare nuove soluzioni per mantenere forte il legame con le persone e al contempo trovare nuove formule di fruizione del patrimonio culturale, in equilibrio tra virtuale e reale, analogico e digitale. Perché oggi ci troviamo davanti a una sfida davvero ambiziosa. Come scrive Vincenzo Trione: “Sperimentare proposte quasi anti-museali. Ripensarsi. Portarsi al di là di ritualità consolidate. Sospendere le proprie ‘missioni’ conservative ed espositive. Uscire dai propri confini. Abbandonare la cornice dentro cui si tendono a iscrivere le proprie iniziative. Per aprirsi al mondo della vita. E dissolversi nel gran teatro delle città” (L’arte è pubblica, in “La Lettura”, 31 maggio 2020).

Annalisa Trasatti

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Annalisa Trasatti

Annalisa Trasatti

Sono laureata in Beni culturali con indirizzo storico artistico presso l'Università di Macerata con una tesi sul Panorama della didattica museale marchigiana. Scrivo di educazione museale e didattica dell'arte dal 2002. Dopo numerose esperienze di tirocinio presso i principali dipartimenti…

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