I dimenticati dell’arte. La storia dell’editore Roberto Bazlen
Da appassionato lettore a visionario editore, a cui si deve il merito di aver portato in Italia grandi autori stranieri, come Robert Musil e Heinrich Mann. Ecco la vicenda del fondatore di Adelphi, la casa editrice che ebbe l’ardire di dare spazio a “libri unici”

“Abitatore ancora inesperto di un mondo che in una logica delle essenze sarebbe ancora il mondo successivo”. Così Roberto Calasso definiva il suo amico e sodale Roberto Bazlen (1902-1965), che gli aveva dato consigli preziosi per fondare la sua casa editrice, Adelphi. Misterioso, inafferrabile, nomade per vocazione ma anche per necessità, Roberto, per gli amici Bobi, era nato a Trieste da Eugenio e Clotilde Levi Minzi.
L’infanzia e la giovinezza di Roberto Bazlen tra Trieste e Genova
Suo padre appartiene ad una famiglia tedesca luterana e muore quando Roberto ha un anno: Bobi viene allevato dalla famiglia della madre, nell’ambiente della borghesia ebraica cittadina. Frequenta il Real Gymnasium dove impara il tedesco, e si iscrive alla facoltà di economia, senza mai laurearsi perché comincia a lavorare per una ditta di esportazioni. A 21 anni lascia Trieste per Genova, dove incontra Eugenio Montale, e si impiega presso l’Atlantic Refining Co. Dopo poco, tuttavia, torna nella sua città natale, nel cui ambiente letterario, animato da personaggi come Silvio Benco, Umberto Saba, Italo Svevo e Giani Stuparich, si inserisce subito. Passa le giornate tra librerie e mercatini, alla ricerca di testi rari e preziosi. “Ancora adesso” raccontava, “se sento di libri introvabili, che sono stati rivalutati in questi ultimi venti o trent’anni e che non ritroverò mai più, ricordo che mi passavano per le mani, sulle bancarelle del ghetto, una trentina d’anni fa, polverosi e pronti a essere dispersi, a una lira, due lire l’uno”.
Roberto Bazlen, le prime esperienze con le case editrici tra Milano e Roma
Nel 1934 va ad abitare a Milano, dove lavora presso l’ufficio pubblicitario della Olivetti. Negli anni successivi dilapida il patrimonio di famiglia, per poi trasferirsi a Roma nel 1939, in una camera ammobiliata a via Margutta. All’inizio cura la corrispondenza presso un importatore di pellicce, poi comincia a seguire la sua attitudine caratteriale che lo porta, fin da giovane, a trascorrere alcune ore della giornata sdraiato sul letto a leggere. Inizia così a svolgere il ruolo di consulente per case editrici, alle quali suggerisce di pubblicare autori italiani o stranieri poco noti, a suo avviso meritevoli di attenzione. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, Adriano Olivetti chiede a Bobi di aiutarlo a scegliere i testi per la casa editrice Nuove edizioni Ivrea che aveva appena fondato, ma il progetto non vede mai la luce e Bobi lascia la cittadina piemontese per ritornare nella sua stanzetta romana, dove vivrà per ventisei anni, svolgendo l’attività di consulente per Einaudi (dal 1951 al 1962), Bompiani, Astrolabio, Bocca, Guanda e Boringhieri.
Il rapporto tra Bobi e gli editori non è semplice, anche perché le sue proposte, per quanto valide e originali, non garantiscono buoni risultati commerciali, e spesso alla fine rimangono nei cassetti.
Una personalità vulcanica ma poco pratica. Bazlen nel ricordo di Montale
Personalità vulcanica ma poco pratica, come lo descrive nel 1965 Montale: “Bon vivant, amante del buon vino, curioso di tutto, capace di percorrere venti chilometri a piedi per scoprire una nuova osteria, fu soprattutto un impareggiabile suggeritore e suscitatore di sempre nuove inquietudini intellettuali e morali”. Esploratore di territori poco battuti in Italia, come la psicanalisi e la cultura orientale, Bazlen ha il merito di far conoscere autori tra cui: Robert Musil, Peter Altenberg, Hermann Brock, Alfred Döblin o Heinrich Mann.
La nascita di Adelphi la casa editrice dei “libri unici”
Dopo una serie di buchi nell’acqua, nel 1962 Bobi decide di fondare a Milano la propria casa editrice insieme a Luciano Foà e al giovane Roberto Calasso, con cui pubblicare quelli che aveva definito “libri unici”, la Adelphi. Ma la sua vita non cambia di molto, anzi: due anni dopo viene sfrattato da via Margutta, e da allora non ha più fissa dimora, viaggiando tra Roma, Londra e Milano, dove muore improvvisamente il 17 luglio 1965 in un hotel. Lo scrittore Sergio Solmi, suo grande amico, ricordava così il suo insegnamento: “un invito a mantenere, sempre, la massima apertura del compasso: magari anche a rischio di oltrepassarne l’estremo circolo”.
Ludovico Pratesi
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