Il libro sull’architettura di Scarpa vista da un grande fotografo giapponese 

Le connessioni tra l’architettura di Carlo Scarpa e la cultura giapponese vengono riattualizzate dall’opera, riportata alla luce a Tokyo, del fotografo giapponese Sekiya Masaaki. I cui scatti sono al centro di un recente libro

Davvero da non perdere il bel volume che documenta il lavoro sull’opera di Carlo Scarpa del fotografo giapponese Sekiya Masaaki. Permette di apprezzare il fascino delle numerose immagini dell’autore anche a chi non ha avuto l’opportunità di visitare la mostra fotografica, organizzata a Treviso dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche (a Ca’ Scarpa, dal 15 aprile al 16 luglio 2023, ndr). Ne consiglio l’acquisto anche per l’ottimo rapporto qualità prezzo, che può contribuire alla diffusione di un libro in cui si possono ammirare straordinarie foto che documentano, con acribia e passione, la produzione architettonica di Carlo Scarpa (1906-1978). Un progettista, come scriveva Paolo Portoghesi, che “impiega l’architettura non per risolvere un problema in modo definitivo ma per innescare un gioco di scatole cinesi in cui ogni soluzione è a sua volta un problema e il compito dell’architetto è insieme quello del mago e del sofista, far balenare infinite soluzioni possibili e giocare con le immagini come con le parole dimostrandone insieme la relatività e la forza”. In particolare, in quel capolavoro rappresentato dalla Tomba Brion a San Vito d’Altivole. Alle immagini si aggiunge il notevole testo di J.K. Mauro Pierconti, anche curatore della recente mostra. Accompagna il lettore, passo passo, alla scoperta di quel luogo indicibile, permettendo di comprendere come nacque quell’universo misterioso, ricco di simboli e rimandi. Storico dell’architettura, Pierconti si è formato allo IUAV con Francesco Dal Co; dopo la laurea, ha conseguito il dottorato, approfondendo il rapporto tra la cultura giapponese e Carlo Scarpa. Ha quindi ottenuto borse post-dottorato in Giappone, dalla Japan Foundation e dalla Japan Society, dove ha svolto attività di ricerca presso l’Università di Tokyo e la Waseda University. Ha quindi pubblicato numerosi testi sia su Scarpa che sull’architettura giapponese. Attualmente cura lo spazio espositivo Ca’ Scarpa. 

Carlo Scarpa, Sekiya Masaaki. Tracce d’architettura nel mondo di un fotografo giapponese. Crediti fotografici Antiga Edizioni
Carlo Scarpa, Sekiya Masaaki. Tracce d’architettura nel mondo di un fotografo giapponese. Crediti fotografici Antiga Edizioni

L’architettura scarpiana nelle foto di Sekiya Masaaki 

La sistemazione dell’archivio di Sekiya Masaaki (1942-2002), custodito a Tokyo, ha permesso di scoprire fotografie che documentano il lavoro degli architetti in vari paesi; sono riemersi anche alcuni scatti giovanili sul complesso di Angkor Wat e sull’architettura Khmer in Cambogia. A queste opere si aggiunge la campagna fotografica sulle architetture di Otto Wagner, che attestano l’intenzione di sviluppare la ricerca sulla scuola viennese dopo aver già pubblicato una monografia sulle opere di Vienna, nel 1998: di grande efficacia sono gli scatti ai grandi edifici della città e la suggestiva foto aerea della chiesa di S. Leopold “am Steinhof”. Nel caso di Carlo Scarpa, Sekiya non esplora solo la Tomba Brion. Ritrae il Museo di Castelvecchio, a Verona, dove “l’episodio della collocazione della statua di Cangrande della Scala rappresenta uno degli acuti nel panorama dei lavori museali di Scarpa. Una soluzione giunta solo alla fine di un lungo processo fatto di prove e tentativi e che meglio di qualsiasi parola chiarisce il potere di trasformazione della realtà che il progetto contiene in sé”. Quindi Villa Palazzetto a Monselice nel padovano, il Monumento alla partigiana a Venezia, Villa Ottolenghi a Bardolino, il Negozio Olivetti di Venezia e la Fondazione Querini Stampalia.  

Gli scatti di Sekiya Masaaki per rileggere Carlo Scarpa 

Come evidenzia Luigi Latini, direttore della Fondazione Benetton Studi Ricerche, il libro rappresenta “un contributo critico e operante nell’ambito degli studi su Carlo Scarpa, ma anche un passo in più rispetto al precedente lavoro editoriale della fondazione che ha prodotto una corposa serie di volumi”. Il curatore, nel testo Per servire all’opera di Carlo Scarpa, annota che “rileggere, rivedere l’architettura di Carlo Scarpa alla luce delle fotografie di Sekiya dà a tutti noi l’opportunità di confrontarci e di meditare ancora una volta sull’importanza e sul senso del ‘progetto’, non solo come strumento di intervento sulla città, ma anche come operazione culturale, inserita nella società”. Certamente la Tomba Brion rappresenta il capolavoro del maestro. Scarpa progetta il complesso funerario a partire dal 1969 e fino alla sua morte, con un continuo lavorio di revisione che ha contribuito a limare le prime intuizioni: lo dimostrano le migliaia di disegni che ha elaborato con tutti i dettagli, anch’essi di sicuro fascino. Nel plasmare il suo intervento, Scarpa si è ispirato a testi letterari, tra cui un brano di Edmondo De Amicis che chiama questi luoghi “giardini funebri”. Esistono poi una serie di testimonianze che vanno da Paul Valery a Ugo Foscolo a Giacomo Leopardi, con il suo Infinito, fino a molti altri autori che si sono misurati con il tema della morte.  

Carlo Scarpa e il Giappone 

Tra i numerosi riferimenti vale inoltre la pena citare i versi di Josa Buson, pittore e poeta giapponese del 1700, che rischiarano il rapporto tra l’uomo e la natura, come nel testo: Cadono i fiori di ciliegio / sugli specchi d’acqua delle risaie: / stelle, / al chiarore di una notte senza luna. Tra le testimonianze di Scarpa, da apprezzare una lezione ai suoi studenti, in cui afferma: “La cosa più bella che ho visto in Giappone: il giardino dei muschi, tutto verde, perfetto. Ma anche il bosco di bambù (…) Una delle cose più grandi, più belle, più ineffabili del mondo, da abitarci sempre. In quel posto, che si varcava attraverso ghirigori, improvvisamente da una terra dolcemente pulita nascevano questo colonne d’un verde pallido, verde fresco (…) Poi c’era un giochetto curioso: si sentiva, nel silenzio del bosco, nel silenzio del parco, nel silenzio del giardino una nota sonora che non saprei dire cosa fosse: era dell’acqua che entrava dentro una canna di bambù e faceva un certo suono e il tempo per realizzare questo fatto era ben calcolato in maniera che ognuno, a diversa distanza temporale, sentiva questo suono: tam, tam, che non era casuale”. Anche il lettore più distratto può rintracciare quel suono nel suo capolavoro.  

Mario Pisani 

J.K. Mauro Pierconti, Carlo Scarpa / Sekiya Masaaki Tracce d’architettura nel mondo di un fotografo giapponese. Traces of architecture in the world of a Japanese photographer 
Collana editoriale della Fondazione Benetton Studi Ricerche 
Antiga Edizioni, Concetta del Montello (Treviso) 2023 
Pagg. 224, € 30.00 
ISBN 9788884353757 
https://www.antigaedizioni.it/

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Mario Pisani

Mario Pisani

Mario Pisani (Roma, 1947) laureato a La Sapienza in Architettura con 110 e lode e pubblicazione della tesi, ha insegnato Storia dell'Architettura Contemporanea, Storia del Design e Storia del Giardino e del Paesaggio all'Università della Campania Luigi Vanvitelli dal 1990…

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