La zuppa lanciata sui Girasoli di van Gogh è un gesto consapevole

È un messaggio forte e chiaro quello delle due attiviste che hanno rovesciato la zuppa di pomodoro sulla vetrina protettiva dell’opera di van Gogh alla National Gallery di Londra. E parla di ambiente, ecologia, ma anche di politica e di qualcosa che si sovrappone ad arte e vita

Lo confesso subito: le due attiviste di “Just Stop Oil” che qualche giorno fa alla National Gallery di Londra hanno lanciato della zuppa di pomodoro sui Girasoli di Vincent van Gogh mi fanno, istintivamente, simpatia. E suscitano il mio interesse.
Al di là degli insulti a cui nel nostro Paese, e anche immagino altrove, sono state sottoposte dal minuto successivo alla loro ‘azione’ (a partire dall’immancabile e ineffabile “gretine”, passando per “ignoranti”, “viziate”, “ecofanatiche”, ecc.), credo che ci sia tutta una serie di equivoci piuttosto marchiani attorno a questo episodio.
Intanto, le due ragazze non mi sembrano affatto delle sprovvedute: sapevano benissimo, ovviamente, della presenza del vetro a protezione della tela (dunque nessun danno o sfregio). Per questo, risultano abbastanza incomprensibili le rimostranze e le lamentele della maggior parte dei boomer giornalistici nostrani, i quali hanno basato la loro indignazione quasi esclusivamente sulla presunta minaccia portata al valore economico del quadro: 80 milioni!
In secondo luogo, considerata l’eco globale che ha circondato il loro gesto (tutto sommato abbastanza semplice e immediato), direi che hanno ottenuto un risultato comunque apprezzabile.
Terzo: io non sono affatto convinto che si trattasse di un attacco all’opera d’arte (o all’artista, se è per questo). Dunque, nessuna iconoclastia post-adolescenziale ed ecologista. Invece, il gesto è piuttosto sottile, considerata anche l’età delle protagoniste: il messaggio rivolto a tutti noi recita esplicitamente “preferite conservare e proteggere l’arte invece della vita, della natura, del pianeta”; e per renderlo ancora più chiaro il contenuto di una lattina di zuppa di pomodoro, che qualcosa a che fare con la storia dell’arte evidentemente ce l’ha (anche se questa era di marca HEINZ, e non CAMPBELL…), viene lanciato – e anche qui, volendo, i lanci e le sgocciolature di colore liquido sulla tela hanno un ruolo ben preciso nell’arte contemporanea – su una tela che raffigura, guarda un po’, una “natura morta”. E non una a caso, ma probabilmente la “natura morta” più famosa al mondo.

Attiviste imbrattano i Girasoli di van Gogh alla National Gallery di Londra

Attiviste imbrattano i Girasoli di van Gogh alla National Gallery di Londra

ARTE, POLITICA E CONSAPEVOLEZZA

C’è quindi una riflessione molto consapevole e soprattutto contemporanea (molto più di quella di tanti commentatori, se la vogliamo dire tutta) per esempio sul ruolo dell’arte nella società, e poi un’idea su quale possa essere la relazione possibile tra cultura e realtà politica (un’idea che, per quanto esposta in modo magari rudimentale, si presenta già come molto molto diversa da quella generalmente in voga oggi, che per arte e cultura prevede una funzione assolutamente decorativa e ancillare, al netto delle dichiarazioni d’intenti e di circostanza), e una critica del modello attuale di conservazione e patrimonializzazione. Uno poi può essere d’accordo o no, ma tant’è.
Dopo di che, come sa bene chi frequenta la rubrica inpratica e questa serie, direi che una risposta (possibile) al quesito “preferite proteggere l’arte o la vita, la natura?”, sarebbe quella di – come del resto sta già in parte accadendo, in qualche caso… ‒ confondere e intrecciare e sovrapporre e mescolare il più possibile l’arte e l’esistenza, l’opera e il mondo. Fino quasi a non distinguere l’una dall’altro.
Lo diceva molto bene, del resto, Judith Malina (fondatrice de Living Theatre) qualche anno fa: “Credo che l’arte migliore sia quella che è coinvolta nel tempo vivente. Non vogliamo riconoscere questa linea, questa frattura tra arte e vita. Se c’è la vogliamo evitare. L’artista non è da un lato artista e dall’altro uomo. Vogliamo costruire la nostra vita dalla nostra vita di teatro. Dal contenuto del pezzo teatrale non vogliamo creare la frattura tra l’ideologia e ciò che dobbiamo fare ogni giorno. Non credo però che per questo motivo non sia arte” (Frankenstein nel XXI secolo, nota introduttiva ad A. M. Monteverdi, Frankenstein del Living Theatre, BFS Edizioni, Pisa 2002, pp. 116-117).
Di sicuro, il gesto delle due attiviste è infinitamente più ricco di stimoli, più politico, più creativo, più pop di tutti gli strali dei soloni che si sono accaniti con un certo gusto su di loro in questi giorni.

Christian Caliandro

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Christian Caliandro

Christian Caliandro

Christian Caliandro (1979), storico dell’arte contemporanea, studioso di storia culturale ed esperto di politiche culturali, insegna storia dell’arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. È membro del comitato scientifico di Symbola Fondazione per le Qualità italiane. Ha pubblicato “La…

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