Com’è l’Autostrada Biennale di Prizren? Recensione e intervista al curatore Di Pietrantonio

Si sono conclusi i giorni di inaugurazione della Autostrada Biennale di Prizren. Ottimo successo già essere arrivati alla seconda edizione di una manifestazione nel cuore del Kosovo. Foto, interviste e riflessioni

Ne avevamo già parlato ampiamente in questa lunga intervista al curatore. Poi ci siamo recati fino in Kosovo e abbiamo visitato la seconda edizione di Autostrada Biennale. Intitolata La rivoluzione siamo noi prende spunto da una ormai mitologica opera di Joseph Beuys, poi divenuta manifesto nel 1971 a Napoli, presso la galleria di Lucio Amelio. Beuys, d’altra parte, è da sempre uno degli spiriti guida di Giacinto Di Pietrantonio, alle redini di questa biennale diffusa nella città di Prizren. 30 gli artisti in mostra – italiani, kosovari, albanesi, russi, montenegrini, croati, bosniaci, belgi: tra questi nomi importanti come Giuseppe Stampone, Iva Lulashi, Adrian Paci, Francesco Vezzoli, Jan FabreDriant Zeneli e così via. Il tema, quello della rivoluzione, segue l’argomento guida della prima edizione nel 2017, curata da Manray Hsu, sul Futuro dei confini topic molto caro alle riflessioni culturali sulle rotte adriatiche (non a caso qui Autostrada è raccontata da Cristiana Colli, direttrice di Demanio Marittimo.Km-278 che delle traiettorie adriatiche ha fatto la sua missione).

LE OPERE E I PROPOSITI

Al di là della qualità delle opere quello che è importante per questa rassegna è il proposito che si è data. Porre di nuovo al centro dell’Europa anche se solo per un istante un territorio lontano da tutto, difficile da raggiungere, celebre in occidente solo per guerre e stragi. Qui la guerra è finita da vent’anni ormai e i giovani del Kosovo vogliono far capire al resto del continente che quando si parla di queste terre bisogna parlare anche di altro. Di creatività ad esempio. La prima edizione di Autostrada, nel 2017, ha portato buono: Pristina, la capitale del piccolissimo paese balcanico, è stata scelta come sede della edizione 2022 di Manifesta e speriamo che tutti siano in grado di preparare a dovere un evento così importante. La manifestazione poi sarà utilissima per visitare l’affascinante città di Prizren, autentica mini-capitale intellettuale del paese (ciò che per certi versi Scutari è per l’Albania). Qui non ci sono spazi espositivi e dunque la Autostrada Biennale è allestita in spazi di fortuna, talvolta – se così si può dire – museali (un ex bagno turco attrezzato alla buona a Museo Archeologico), talvolta totalmente fuori contesto: il sottotetto di un liceo, delle ex carceri sotterranee di un piccolo posto di polizia, le celle del castello medievale dove sono stati allestiti molti lavori video e il greto del torrente, dove sta adagiata quasi come fosse lì da sempre la scultura a forma di stella del croato Nemanja Cvijanovic.

IL COINVOLGIMENTO DELLA CITTÀ

Come avviene molto spesso in questi casi di biennali esotiche organizzate in paesi e città improbabili e lontani dal circuito dell’arte contemporanea, Prizren appariva abbastanza indifferente alla manifestazione e alla piccola invasione di artisti, curatori e giornalisti internazionali durante i giorni dell’opening. Il coinvolgimento tuttavia c’è stato e si è manifestato in alcune apparizioni assai suggestive. Non solo i ricami sui tronchi degli alberi di un gruppo di donne della città, di cui il curatore ci ha parlato nell’intervista di qualche settimana fa, ma anche gli allestimenti: negli spazi del ginnasio, dove si saliva per vedere i video di Adrian Paci e Lek M. Gjeloshi gli allestitori avevano inventato un sistema di prese d’aria e di luce togliendo delle tegole dal tetto e creando dei tagli di luce che intercettavano la polvere che si alzava dal pavimento in terra battuta della soffitta. Fascino inconsapevole, come spesso avviene nei Balcani.  Tutte le altre considerazioni le lasciamo a Giacinto Di Pietrantonio in questa bella video intervista.

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Redazione

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