Biennale di Moss. Fra sensibilità ambientale e memoria condivisa

Pur nel carattere eccezionalmente retrospettivo che la decima edizione richiede, la Biennale di Moss non perde il suo accento contemporaneo, confermandosi un focus dinamico e interessante sulle tendenze artistiche più recenti. Diffusa in città nelle tre sedi della Kunsthall, della Galleri F15 e della House Of Foundation.

Una Biennale dove installazione, video e performance hanno la prevalenza sull’arte figurativa di stampo classico, non solo per motivi di novità temporale, ma anche in considerazione della tematica di quest’anno, che richiede un certo grado di dinamismo. Nelle intenzioni del curatore Marti Manen, Momentum10 è stata pensata come un momento di riflessione artistica sull’importanza degli stati emotivi nel rapportarsi con la realtà, nei suoi momenti sociali, politici, culturali, ludici, sociali. Inoltre, l’emotività è parte importante dell’identità scandinava, in particolare nella maniera in cui si relaziona con la natura. Per tale felice coincidenza, questa edizione della Biennale si armonizza particolarmente con l’atmosfera dell’ambiente circostante, al punto da essere una sorta di animus loci in chiave artistica, e di memoria storica, con alcuni artisti e opere già presenti in passato e richiamati per l’edizione del ventennale.

LO SPIRITO DELLA NATURA

Il paesaggio naturale è parte integrante nella vita dei popoli nordici, che nutrono nei suoi confronti un rispetto quasi filiale, le cui radici si ritrovano anche nel folklore: Anne de Vries rende omaggio alle leggende nordiche sugli spiriti delle foreste: EX, monumentale scultura in cemento e poliuretano, riproduce un albero incantato; posta all’ingresso della Kunsthall, è quasi il nume tutelare della Biennale, ma anche una presenza costante nel paesaggio locale, costellato di fitte boscaglie che si spingono fino al mare. L’espressione grottesca, però, al limite del malvagio, è metafora di come i cambiamenti climatici possano, sull’onda di un’emotività alterata, far percepire la natura come un’entità nemica. Ilkka Halso immagina un pianeta in cui la natura, sua vera padrona, riprende il sopravvento sull’umanità, coprendo e disgregando con foglie, radici, cortecce, le colate di cemento che l’hanno deturpata per secoli. Un’opera fotografica sintomatica del rispetto e della venerazione che i popoli scandinavi provano verso la natura, vivendo con essa quasi in perfetta simbiosi. Un approccio emotivo che si riallaccia alla metafora di de Vries.
Più statiche rispetto alla maggioranza delle opere esposte, le pitture di Hannaleena Heiska esprimono però una solenne, silenziosa bellezza: Not of this World è una serie (già esposta nel 2009) dove la figura animale assume caratteri gotici (ispirati anche dal metal-rock scandinavo) e onirici, grazie alle maschere tribali. Una riflessione sul soprannaturale che, nelle sue radici emotive, è ancora fortemente presente nell’identità scandinava.

Pepo Salazar, Frozen, 2005. Installation view, Momentum10, Moss 2019. Photo Vegard Kleven

Pepo Salazar, Frozen, 2005. Installation view, Momentum10, Moss 2019. Photo Vegard Kleven

LA VISIONE POLITICA DELL’EMOZIONE

Reminiscenze sessantottine nel lavoro di Pauline Fondevila, articolato in due differenti forme: alla Kunsthall si può ascoltare The promise by the sea, un brano da lei scritto che inneggia alla fuga in solitaria, più o meno metaforica, dalle costrizioni sociali. Un sentimento anarcoide, che ha il suo complemento nella performance in un tratto di mare prospiciente Moss: venti barche sfilano portando scritti sulla vela alcuni slogan situazionisti del maggio francese, un momento storico in cui l’emotività ha giocato un ruolo cruciale nelle azioni degli individui. Il mare, con il suo orizzonte che promette l’infinito, è ciò da cui è possibile trarre ispirazione per riscoprire personali spazi di libertà in un’epoca sempre più sottilmente costrittiva. Epoca della quale Pepo Salazar offre un ironico ma efficace ritratto, riflettendo sugli svantaggi dell’omologazione: Frozen è un’installazione che suggerisce nel titolo il congelamento, l’annullamento dell’emozione che ha luogo quando si ritrovano, in luoghi fra loro assai lontani e diversi, i medesimi cliché: i centri commerciali, le ricostruzioni posticce di scorci o monumenti celebri di altri Paesi, le magliette delle squadre di calcio. Un vibrante attacco alla società di massa voluta dalle multinazionali del commercio.
Ha invece una prospettiva femminista In Purple, il video di Joanna Billing dedicato alle performance del gruppo hip hop femminile svedese Mix Dancers, che si batte per la concessione di spazi pubblici all’aperto per il ballo, solitamente ignorato a favore di altre discipline come il calcio o il basket.

ROMANZO FAMILIARE

Con reminiscenze dei drammi di Ibsen, e una sottile ironia, Fanny Ollas ha costruito Mental Landscapes, scenografica installazione con sculture, suoni e luci colorate, che percorre le intricate possibilità delle relazioni familiari, immerse in uno stato psicologico di apprensione, se non proprio di angoscia. Si ispira invece alla pittura di Klimt e Munch Mama Dada Gaga, altra scenografica installazione che fa da cornice a un cortometraggio, ideato da Asa Cederqvist: tra realtà e fantasia, la poetica vicinanza fra una madre, la propria figlia, e la figlia di quest’ultima. Tre vite si intrecciano quasi senza soluzione di continuità, sullo sfondo di un paesaggio onirico. Approccio differente al medesimo argomento in Today di Eija-Liisa Ahtila, cortometraggio in tre parti su altrettanti schermi; ogni singolo spettatore può decidere l’ordine di visione, alterando la striscia temporale delle generazioni: nonni, figli, nipoti.
Tre opere che dimostrano la centralità delle relazioni familiari intese come situazioni di scambio e passaggio di conoscenza, condivisione di esperienze al femminile, creazione di memorie comuni.

Ilkka Halso, Kitka River, 2004. Courtesy the artist

Ilkka Halso, Kitka River, 2004. Courtesy the artist

UN TENTATIVO DI LASCIARE IL SEGNO

Una Biennale in cui l’identità scandinava emerge con forza, ma che non ha un carattere regionale o una prospettiva limitata, come dimostra la presenza di numerosi artisti di area ispanica: si propone infatti come una voce originale e indipendente nel panorama delle rassegne d’arte, volta a offrire non un monito, bensì la sensazione di una forte presenza culturale e civile il cui approccio verso la realtà può offrire modelli e spunti di riflessione anche alle altre culture europee.

Niccolò Lucarelli

Moss // dall’8 giugno al 9 ottobre 2019
Momentum10
MOMENTUM KUNSTHALL
Henrich Gerners gate, 1530
https://punkto.no/

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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