Praemium Imperiale, ed è di nuovo Italia. Vince Giuseppe Penone

Sono stati comunicati oggi 16 luglio 2014, contemporaneamente negli Stati Uniti, a Londra, Parigi, Berlino, Roma e Tokyo, i vincitori del Praemium Imperiale 2014. Tra loro un italiano, Giuseppe Penone, per la Scultura.

Nel 2013 era stato Michelangelo Pistoletto a dar modo all’Italia di figurare nella rosa dei vincitori del Praemium Imperiale, allora nella sezione Pittura. Quest’anno, invece, è nella Scultura che l’Italia si distingue, con l’assegnazione del riconoscimento a Giuseppe Penone. Sono cinque infatti le discipline che l’Imperiale raccoglie sotto il denominatore comune della ricerca di un’originalità che si faccia moto di influenza e rilevanza nel proprio tempo: Pittura, Scultura, Architettura, Musica e Teatro/Cinema.
Un “premio rigoroso”, ci tiene a sottolineare Lamberto Dini, che presiede alla manifestazione e ha già sposato il progetto Praemium da sette anni, dove il rigore assume una sfumatura diversa della semplice proclamazione di correttezza e serietà: ha qualcosa di giapponese – postilla ironica di Dini – che sfoltisce le foreste intricate delle pompose dinamiche concorsuali e semplifica l’iter selettivo, applicando l’ordine che viene dal perseguimento del puro fine artistico.
Che non ci siano sottesi e strategie politiche che dettino le scelte della commissione giudicatrice ci tengono a sottolinearlo i padrini italiani dell’occasione, tra cui Germano Celant, che presenzia all’evento ed è sostenitore della candidatura di Penone al premio; se non politica, di certo, una valenza sociale c’è, e permette di interrogarsi sull’apertura dell’arte ai contesti altri, che fino solo a pochi anni fa erano al confine dei territori museali, quando non del tutto esuli. Sale alla ribalta l’Africa, quella del sud, nella laterale ma fendente figura di Athol Fugard per il Teatro, e quella del Benin nel progetto della Fondation Zinsou, che vince la borsa di studio per Giovani Artisti (con un progetto mirato alla presa di coscienza africana della propria identità artistica crescente), spodestando l’ambiente musicale che fino a quest’anno aveva dominato la sezione giovanile del premio.

Giuseppe Penone, Luce e Ombra, Giardino di Boboli photo ©Giovanna Focardi Nicita

Giuseppe Penone, Luce e Ombra, Giardino di Boboli photo ©Giovanna Focardi Nicita

Per la Musica si premia il compositore estone Arvo Pärt, per l’Architettura Steven Holl s’impone con particolare riferimento ai suoi comprensori popolari che evocano una bellezza tutta pubblica e possibile. Concorrono anche la Pittura e la Scultura al proposito di riportare l’uomo con i piedi per terra, rispettivamente con Martial Raysse e il suo trascorso di Nouveau Réalisme, e il nostrano Penone, che riscrive quotidianamente il rapporto con la natura.
Fuori da ogni ecologismo, Penone lavora sulla materia che è verità tangibile e che non è altro dall’uomo – non è forse l’uomo stesso natura? – non semplice mezzo su cui agire per lasciare la propria impronta. Quel che l’uomo/l’artista può fare è cercare dentro la materia una forma, che sia altra ma non snaturante, una forma che è memoria implicita della materia stessa, archetipica, come la definiva proprio Germano Celant nel 1978, e che implica la relazione vicendevole che l’uomo instaura con la materia e dichiara la necessità di un rapporto con le cose fisico e tattile come base per creare un’identità.
Sull’identità e la geomorfologia termina una curiosa conversazione disimpegnata con Penone, che si diverte a far parallelismi tra l’Italia e il Giappone; similarità territoriali, climatiche, morfologiche e il modo di percepire la specificità del proprio territorio, riescono a far scoprire imparentate le due civiltà. I luoghi comuni riescono a unire ciò che il luogo comune divide.

Ofelia Sisca

http://www.praemiumimperiale.org/en

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