La versione di Derek White

Un libro senza autore. Perché sono i lettori a decidere cosa farne e come interpretarlo, diventandone co-autori. Non è forse quel che accade con tutti i libri? Ma qui la situazione è più complicata. E allora ce la siamo fatta spiegare direttamente da Derek White.

La pubblicazione di Ark Codex ±0, con la cura di Derek White per le edizioni Calamari Press, rappresenta un evento importante nel panorama internazionale dell’editoria di ricerca. Composto da 144 tavole visive realizzate a mano, spesso a partire da brani di libri preesistenti e accompagnate da un testo incentrato sulla costruzione e il viaggio di un’arca/linguaggio, Ark Codex è un’opera dichiaratamente senza autore, un organismo autogenerantesi a partire dalla combinazione di testo e immagini: combinazione di cui il curatore ha officiato l’avvio, e poi assecondato l’autonoma evoluzione.
La biologia offre in effetti contributi interpretativi utili a una simile operazione, così come il ricorso ad ampie nozioni di linguistica, informatica e fisica – vedi la centralità delle idee di onda, generazione e reset nel testo – ritrovatesi sul tavolo di lavoro di White al modo della macchina da cucire e l’ombrello di surrealista memoria. Di fatto, le tecniche operative del Surrealismo (dal collage al frottage) giocano una parte esecutiva importante rispetto alle immagini, ma concentrare l’attenzione su di esse sarebbe riduttivo: l’impronta di genio e regolatezza che segna Ark Codex lo avvicina, piuttosto, a opere come il Codex Seraphinianus di Luigi Serafini o A Humument di Tom Phillips.
La presenza di Derek White a Roma – città dove vive buona parte dell’anno, dividendo il resto del proprio tempo tra New York e angoli appartati del mondo, da dove torna ogni volta carico di nuove fonti d’immagini – ha permesso di rivolgergli qualche domanda a partire dall’impresa “codicistica” appena conclusa.

Derek White La versione di Derek White

Derek White

Per cominciare, parliamo della costruzione dell’arca. In principio era il testo, ma poi le immagini hanno preso il sopravvento, giusto?
Sì, si potrebbe dire che Ark Codex è iniziato come un oggetto di testo, istruzioni scritte, o se si vuole un “documento di progettazione”. Ho un rapporto di amore/odio con la lingua. La capacità del linguaggio di esprimere nella sua esattezza pensiero complesso è probabilmente la realizzazione umana più straordinaria, ma poiché il nostro pensiero è ora vincolato a questo linguaggio, non c’è modo di essere consapevolmente oggettivi circa i suoi eventuali limiti. La questione ricorda il principio d’indeterminazione di Heisenberg – quando un’idea o un pensiero si esprimono con tale precisione attraverso le parole l’idea retrostante in un certo senso muore e viene sostituita dal linguaggio, dal testo sulla pagina. Mutando la lingua originale di Ark Codex fino a renderla irriconoscibile e incorporandola in immagini-texture, il pensiero originale regredisce e diventa dormiente sulla pagina… fino a quando un lettore lo decodifica e l’epifania o rivelazione del pensiero accade, nella testa del lettore, senza che si debba dire cosa pensare. Per questo motivo, in un certo senso, di un libro come Ark Codex il lettore diventa autore, il significato diventa una proiezione della sua volontà.


A valle di un’altra intervista, rilasciata alla rivista americana Vice, si è sviluppata tra i lettori una polemica piuttosto vivace a proposito della tua idea di un libro che si scriva da sé, che non abbia un autore ma semmai molti co-autori, dove tale nozione sembra fagocitare quella più comune di fonte d’ispirazione. Vuoi tornare sulla questione?
Non mi relaziono molto con il tipo di persone che commentano su blog del genere, ma faccio attenzione se i lettori ricevono l’impressione sbagliata di ciò che intendo per “co-autore”. In generale, gli autori e gli artisti hanno bisogno di essere più onesti con se stessi, pochissimi di noi hanno idee originali nate nel vuoto. La base della conoscenza della letteratura e dell’arte è uno sforzo cumulativo, stiamo tutti sulle spalle di altri. Quel che sopravvive alla fine è l’arte, non l’artista. Mentre tutto il contenuto in Ark Codex è originale, le idee di base sono state ispirate da un certo numero di artisti e filosofi e scienziati e pensatori arrivati prima.

La versione di Derek White

Derek White - Ark Codex ±0

Come editore del Codex hai scelto una modalità di distribuzione coraggiosa. C’è il libro in formato cartaceo a un determinato prezzo, poi il libro digitale scaricabile a offerta libera dal sito della Calamari Press. In tutto ciò, come consideri il ruolo del libro in sé, anche nella sua natura/funzione di oggetto d’arte?
Purtroppo l’alto prezzo del libro (40 dollari) è necessario per sostenerlo anche finanziariamente, considerato che viene stampato a colori in una tiratura non particolarmente elevata. Mi rendo conto che questo prezzo non è alla portata di tutti, così ho deciso di offrire il d-book con un sistema di download “paga quanto vuoi” (non necessariamente niente). Anche se io personalmente non leggo d-books, non volevo impedire a coloro che invece li leggono di godere dei contenuti di Ark Codex. Poi, la gente può assaggiare il libro, proprio come lo si sfoglia in una libreria, per vedere se vale l’acquisto. Dei 15.000 download avvenuti nel primo mese, solo a 4 è corrisposta una donazione alla casa editrice, il che non è sorprendente – le persone in internet hanno imparato ad aspettarsi di ricevere qualcosa per niente, e dal momento che è un mondo virtuale, perché no? Sì, una parte di me si chiede se il valore percepito del libro non sia diminuito da una tale disponibilità e dall’idea che lo si può ottenere gratis (per cui da un punto di vista economico non vale niente). Ma la versione digitale è solo una copia virtuale del libro fisico reale, e anche quella è una copia delle pagine originali.

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Derek White - Ark Codex ±0 - 2008-2012 - tecnica mista

A proposito del libro fisico, il Codex è composto da 144 tavole originali. Poi, dopo la sua pubblicazione, hai ancora realizzato una tiratura di 21 incisioni stampate a mano, stabilendo uno stesso prezzo – peraltro molto popolare – sia per le tavole originali che per le incisioni. Qual è la politica alla base di una scelta del genere?
È difficile mettere un prezzo sull’arte. Qualsiasi prezzo, che si tratti di un euro o diecimila, è arbitrario e ridicolo, se ti fermi a rifletterci. Le stampe (che erano in realtà ciascuna un unico) sono state realizzate in collaborazione con la Stamperia del Tevere, qui a Roma, e per tirarle ci sono stati costi che si dovevano recuperare, così come ci sono costi da recuperare nella stampa del libro. I ragazzi della stamperia hanno suggerito cento euro, una cifra che mi sembrava ragionevole, poi per rendere le cose più semplici per la contabilità e perché non penso che una cosa sia meglio dell’altra, ho messo anche le tavole originali a cento euro. Cerco di non pensare troppo ai soldi, ma piuttosto di pensare all’arte o ai libri stessi come valori – e dunque preferisco di gran lunga morire con una casa piena d’arte e di libri che con soldi in banca. Il denaro è un’astrazione, se ci pensi, astratta come l’arte astratta. La base della maggior parte dei mercati economici al giorno d’oggi è arbitraria e speculativa, dunque perché non prendere l’arte come base dei mercati economici?

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Derek White - Ark Codex ±0 - 2008-2012 - tecnica mista

Passi molto tempo a Roma. Da questo strano osservatorio, un luogo ormai periferico rispetto al panorama culturale internazionale ma densissimo di memorie, come consideri la situazione corrente delle arti che ti sono più vicine?
Anche quando vivevo in un posto come New York City non ho mai sentito di essere parte di una “scena”. Non mi piace molto andare a musei o a reading, di solito finisco distratto da altre persone fastidiose o da quello che succede intorno. Per me, arte e letteratura sono cose private ed è meglio farle da soli, con un libro, e poi al giorno d’oggi un sacco d’arte può essere vista su internet. Socialmente, non mi dispiace essere un “pesce fuor d’acqua”, mi piace passare il tempo con persone che non hanno gli stessi interessi o sono diversi culturalmente e non hanno le pretese arroganti, la spinta competitiva che gli americani e i newyorchesi di solito hanno. Una cosa che mi rende perplesso però è passare del tempo con artisti italiani, i quali comprensibilmente sembrano soffocare nell’atmosfera corrente ma hanno poca volontà o la motivazione per provare qualcosa di diverso. Del resto, prendi una cosa come il cibo: il cibo italiano è ottimo, ma ci sono pure un sacco di altre cucine, invece gli italiani sembrano solo interessati a “mangiare italiano”. In questo senso mi manca il senso della diversità e dello spirito imprenditoriale che un posto come New York ha da offrire.

Luca Arnaudo

Derek White – Ark Codex ±0
Calamari Press, Roma 2012
Pagg. 156, € 40
ISBN  9780983163305
www.calamaripress.com/ark_codex.htm

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Luca Arnaudo

Luca Arnaudo

Luca Arnaudo è nato a Cuneo nel 1974, vive a Roma. Ha curato mostre presso istituzioni pubbliche e gallerie private, in Italia e all'estero; da critico d'arte è molto fedele ad Artribune, da scrittore frequenta forme risolutamente poco commerciali, come…

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