Due mostre da vedere alla Triennale della fotografia di Amburgo

Se una delle tappe delle vostre vacanze è Amburgo, siete ancora in tempo per visitare la Triennale della fotografia, giunta all’ottava edizione. Fra le tante, qui vi suggeriamo due mostre da non perdere

Amburgo è tra le venti città con la migliore qualità della vita al mondo. È la città non-capitale più popolosa tra quelle europee. Vanta il secondo porto europeo e il nono al mondo. Il reddito medio dei suoi cittadini e il più alto della Germania. In quanto centro di cultura viene però poco considerata: ci sono Berlino, Monaco, Francoforte, persino Düsseldorf e ovviamente Kassel a farle ombra. La realtà tuttavia è diversa: Amburgo, rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale da uno dei più devastanti bombardamenti che la storia ricordi, è oggi una città nuova sotto molti punti di vista. Il luogo dove i gerarchi nazisti giuravano fedeltà al Führer è oggi il luogo dove si svolge in agosto uno dei Pride più affollati che sia dato di conoscere e le collezioni permanenti dei suoi musei, in cima a tutti la Kunsthalle, sono tutt’altro che trascurabili.

Hamburger Kunsthalle. Sara Cwynar, Glass Life (Film-Still), 2021, 6-channel video (2k) with sound, 19:02 min., variable dimensions © Sara Cwynar, Courtesy the artist, The Approach and Foxy Production, New York

Hamburger Kunsthalle. Sara Cwynar, Glass Life (Film-Still), 2021, 6-channel video (2k) with sound, 19:02 min., variable dimensions © Sara Cwynar, Courtesy the artist, The Approach and Foxy Production, New York

L’OTTAVA TRIENNALE DELLA FOTOGRAFIA DI AMBURGO

Ogni tre anni dal 1999 qui si tiene un festival della fotografia che ha ormai acquisito fama internazionale. L’edizione in corso prende forma in venti spazi diversi, accomunati da un unico tema ispiratore. Courrency (questo il titolo generale della rassegna), ideata dalla direttrice artistica Koyo Kouoh insieme ai curatori di dieci musei e sedi espositive di Amburgo, indaga le molteplici valenze della fotografia intesa come mezzo di scambio. Dar conto di ognuna di queste esposizioni è qui evidentemente impossibile. Ne abbiamo scelte due da non perdere se il tempo a disposizione non permette di meglio.

GIVE AND TAKE ALLA KUNSTHALLE

Allestita al piano superiore del cubo di 6.000 metri quadrati espressamente dedicati al contemporaneo, Give and take si propone come piattaforma di partenza per l’intera Triennale. La mostra illustra i processi di scambio e appropriazione di materiale visivo in atto nella fotografia contemporanea.
È in questo “dare e avere” che i ventuno artisti qui presenti si appropriano di immagini provenienti da qualsiasi luogo o epoca mentre esplorano i meccanismi che stanno alla base della rappresentazione della realtà e della percezione delle nostre identità. Poiché le immagini circolano attraverso confini geografici, culturali e sociali, l’intento originario del loro progetto è perduto: gli artisti propongono difatti opere video e installazioni costruite intorno a immagini che hanno origine in un altrove che ha perso ogni significato per esaminarle alla luce del presente.
Cinque le sezioni presentate: archivio e algoritmo, profilo e identità, realtà e finzione, protesta e diffusione e canone e violenza. In Profilo e identità compare l’installazione di Sara Cwynar (Vancouver, 1985). Glass Life (2021) è un accumulo di personaggi dei cartoni animati, emoji, opere d’arte, mele, occhi e lingue fluttuanti, autoritratti… Tutto scorre come in un feed, azzerando qualsiasi gerarchia o distinzione temporale. Nuota in mezzo a loro un avatar digitale in costume olimpionico e cuffietta blu, scivola su tre schermi allineati frontalmente dando contemporaneamente sostanza a un trio di spettatori in forma di coro alle nostre spalle. Sovrapposte a questo montaggio ci sono due voci che citano da William Shakespeare, Virginia Woolf e dalla femminista Luce Irigaray. In questo modo Cwynar prova a mettere in discussione non solo la cultura del consumo e le sue strutture di potere, ma anche il tentativo di definire se stessi in infiniti dati di immagini.
Curata da Petra Roetting, Stephanie Bunk, Leona Marie Ahrens, oltre al lavoro di Sara Cwynar la collettiva allinea opere di Viktoria Binschtok, Josephin Böttger, Adam Broomberg & Oliver Chanarin, Irene Chabr, Katharina Gaenssler, Mathilde ter Heijne, Sabine Hornig, Louise Lawler, Matthew Muir, Frida Orupabo, Max Pinckers, Walid Raad, Volker Renner, Sebastian Riemer, Martha Rosler, Evan Roth, Thomas Ruff, Taryn Simon, Johannes Wohnseifer.

Deichtorhallen Hamburg: Hall for Contemporary Art. Osamu James Nakagawa, Fences, 2019 © Osamu James Nakagawa

Deichtorhallen Hamburg: Hall for Contemporary Art. Osamu James Nakagawa, Fences, 2019 © Osamu James Nakagawa

PHOTOGRAPHY BEYOND CAPTURE ALLA DEICHTORHALLEN

La mostra intreccia molteplici modalità di rappresentazione mettendo in scena innanzitutto un contromapping dell’Antropocene attraverso paesaggi di capitalismo estrattivo, occupazioni militari, la tenerezza come moneta di scambio di intimità sociali ed esplorazioni nei processi alchemici della fotografia.
Gli artisti includono Akinbode Akinbiyi, Claudia Andujar, Ziad Antar, Vartan Avakian, Edson Chagas, rana elnemr, Oroma Elewa, Anne-Marie Filaire, Ragnar Axelsson, Lyle Ashton Harris, Leslie Hewitt, Alfredo Jaar, Lebohang Kganye, Clifford Prince King, Osamu James Nakagawa, Guevara Namer, Marilyn Nance, Mame-Diarra Niang, Otobong Nkanga, Elle Pérez, Jo Ractliffe, Ashfika Rahman, Cecilia Reynoso, Ramell Ross, Fazal Sheikh, Alexey Vasilyev, Carrie Yamaoka, Raed Yassin, Paul Yeung.
Uno fra tutti, Fazal Sheikh (New York, 1965), espone una lunga serie di scatti intitolata Desert Bloom.  Una ricerca che dà ragione dei disastrosi risultati del progetto voluto dal primo ministro israeliano David Ben Gurion di “far fiorire” il deserto del Negev. Le fotografie aeree di Fazal Sheikh mappano le azioni intraprese per spostare le aree beduine, la trasformazione del paesaggio causata dalle miniere, dai campi di addestramento militari, del rimboschimento, e la conseguente espansione degli insediamenti israeliani.
La sequenza apparentemente neutra rivela nella sua orizzontalità una straordinaria quanto fallimentare violenza esercitata ai danni delle popolazioni originariamente residenti, del pianeta e comunque di ogni buon senso.

Aldo Premoli

Amburgo // fino al 29 agosto 2022
Give and Take: Images upon Images
HAMBURGER KUNSTHALLE
Glockengießerwall 5
https://hamburger-kunsthalle.de/

Amburgo // fino al 18 settembre 2022
Currency: Photography Beyond Capture
DEICHTORHALLEN HAMBURG
Deichtorstraße 1–2
https://www.deichtorhallen.de/
https://phototriennale.de 

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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