Pelagio Palagi pittore “rossiniano”. A Urbino

Palazzo Ducale, Urbino ‒ fino al 18 novembre 2018. Nella città di Raffaello la terza tappa delle celebrazioni rossiniane, curata da Vittorio Sgarbi, che presenta cinquanta opere, quasi tutte inedite, di Pelagio Palagi, misconosciuto pittore emiliano che con Rossini ebbe un’affinità elettiva. E come il pesarese fu apprezzato nei grandi centri della cultura italiana, da Bologna a Milano, da Roma a Torino.

All’interno delle celebrazioni per il 150esimo anniversario dalla scomparsa di Gioachino Rossini s’inserisce questa retrospettiva che strettamente rossiniana non è, ma che ha il pregio di riportare all’attenzione del pubblico un talentuoso pittore legato al musicista di Pesaro da una certa affinità, oltre al fatto di aver vissuto nella medesima epoca storica. Pelagio Palagi (Bologna, 1775 ‒ Torino, 1860) fu pittore, disegnatore, architetto, antiquario e bibliofilo. Già pupillo del conte bolognese Carlo Filippo Aldrovandi, proseguì gli studi nella scuola di Nudo dell’Accademia Clementina, e in quegli anni, precisamente fra il 1804 e il 1805, fu a sua insaputa concittadino di Rossini, che a Bologna prese lezioni di canto e poi ebbe una parte nella Camilla di Ferdinando Paer, in scena al Teatro del Corso.

Pelagio Palagi, Ratto delle Sabine, collezione privata, 1823-25, olio su tela

Pelagio Palagi, Ratto delle Sabine, collezione privata, 1823-25, olio su tela

IL SOGGIORNO ROMANO E LA SCOPERTA DELLO STORICISMO

A Roma, dove si trasferì nel 1806, Palagi realizzò, ispirandosi a Piranesi, raffinate vedute dell’Urbe e dei suoi dintorni, a matita, a inchiostro, o acquerello su carta: disegni di piccolo formato, caratterizzati da una rigorosa geometria di monumenti ed edifici antichi, che “tradisce” le competenze dell’artista in fatto di architettura. Rovine romane, castelli, palazzi, conventi sono raffigurati nella loro esatta linearità, quasi si trattasse di progetti “ex novo”. Nell’Urbe conobbe anche lo storicismo di Vincenzo Camuccini, che lo influenzò notevolmente. E, per inciso, la storia entra anche nell’opera di Rossini, dalla Semiramide al Guglielmo Tell. Nella sua produzione, il Ratto delle Sabine è fra i quadri storici più riusciti, per il suggestivo impatto scenografico, l’ariosa prospettiva della Roma antica e la plastica muscolarità della lotta fisica.

Pelagio Palagi, Venere e Adone a caccia, collezione privata, inchiostro di china e matita su carta

Pelagio Palagi, Venere e Adone a caccia, collezione privata, inchiostro di china e matita su carta

IL PERIODO MILANESE E L’“ARTE TOTALE” A TORINO

Lasciando Roma per Milano, dopo una brevissima parentesi a Bologna, Palagi andò incontro a una svolta importante della sua carriera; il confronto con Francesco Hayez lo spinse a cercare un compromesso fra classicismo e pittura storico-romantica, superando la grazia di Raffaello e il neoclassicismo di Canova, Ingres e David, a suo tempo conosciuti a Roma. Il ritratto borghese compare nella sua produzione, avvicinandosi ai canoni di una società modernizzata dalla Rivoluzione francese. A Milano partecipò anche a numerose mostre a Brera, che dimostrano come la sua fama andasse consolidandosi nel tempo. Ma soprattutto riprese la professione di architetto, per Palazzo Arese Lucini e la Villa Cusani Tittoni Traversi di Desio. L’eco della sua maestria giunse a Torino, dove Carlo Alberto gli affidò l’ampliamento del Castello di Racconigi e l’ammodernamento del Palazzo Reale di Torino. Nel 1856 la nomina a Regio Pittore, conferitagli da Vittorio Emanuele II, coronò una carriera eclettica, che lo ha visto spaziare in vari generi pittorici e sconfinare nell’architettura.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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