Intervista all’artista Francesca Grilli su corpo, performance e maternità dopo la pandemia

L’artista presenta Sparks, progetto in seno all’Italian Council, al MACTE di Termoli e racconta la maternità nella vita e nell’arte come atto rivoluzionario

Come è cambiato il rapporto con il nostro corpo e quindi il fare performance dopo la pandemia? Non ne siamo ancora usciti, ci spiega Francesca Grilli, e nessuno di noi è rimasto uguale. Ed è tutto molto vero. Un racconto, questo, che comincia con l’intervista e continua il 7 e l’8 maggio con Sparks 2021 presso il MACTE di Termoli. Nato in seno all’Italian Council e come ultima tappa di un viaggio promosso da Contemporary Locus con la curatela di Paola Tognon, il progetto si è mosso tra Roma, Bergamo, L’Aquila, Vilnius, le Fiandre e così via. A Termoli i visitatori troveranno una installazione, costituita da tre elementi e accompagnata da una traccia sonora, attivabile dall’azione performativa. Ma la Grilli ha alzato la posta e, in un’intera argomentazione che indaga la relazione tra adulti e bambini, alla vigilia della Festa della Mamma (una coincidenza cronologica, c’è da dire, non cercata dall’artista e dall’organizzazione del museo), presenta la performance Sparks 2022, dove ad operare il transfer è una bambina la figlia Agata, protagonista e guida vaticina in questo viatico tra infanzia ed età adulta. Ecco come funzionerà.

La performance che presenterai il 7 maggio al Macte di Termoli fa parte di un più ampio progetto che hai presentato per Italian Council. Ce lo racconti?
Sparks 2021 ruota sull’azione, di consegnare nelle mani dell’infanzia la lettura del futuro degli adulti come gesto di speranza. L’intera performance si basa su 3 elementi: le mani, che sono la parte più esposta al mondo, testimonianza della presenza del corpo; la lettura sapiente delle mani utilizzata dai bambini come gioco per esprimere immaginazione e desideri; le sculture, realizzate nella forma di cappelli da baseball. Le sculture vengono indossate, per proteggere le sguardo degli oracoli. Lo sviluppo del progetto Sparks 2021 include e trasforma il distanziamento fisico in elemento di forza. Il tocco tra le mani è infatti assente ma viene richiamato da una piccola torcia con cui vengono direzionati i movimenti dell’adulto nello spazio.

Francesca Grilli, 2016. Photo © Tobias Bohm

Francesca Grilli, 2016. Photo © Tobias Bohm

Come funziona solitamente? Hai una idea in testa e la riconfiguri per partecipare ad un bando o il bando ti ha ispirata a costruire questo progetto?
L’idea di Spaks è rimasta nel cassetto per alcuni anni; è nata dopo il mio video Faster than light, sviluppato all’interno della Casa di riposo per artisti Lyda Borelli e commissionato da Fondazione Del Monte di Bologna. In quell’opera accostavo diverse generazioni, la più giovane e la più vecchia, per la prima volta ho sperimentato la lettura del corpo fatta da un bambino ad un anziano, però fatta sullo schermo. Da quel momento ho sempre avuto la visione e il desiderio di realizzare quel gesto in video, in un contesto performativo. Sparks ha iniziato a prendere forma già prima del bando di Italian Council. Il bando stesso mi ha dato la possibilità di espanderlo e di creare un’opera completa, con una forte parte performativa, ma anche installativa e scultorea. La possibilità di mostrare il lavoro in diversi contesti e paesi ha permesso all’opera di crescere, espandersi, evolvere, ancora tutt’ora.

Nella performance ci sarà un transfer tra te e tua figlia: come le tue bambine intervengono nella tua pratica e come spieghi loro quello che fai come artista?
Non ho mai voluto dividere la mia carriera dalla mia vita privata, non ho mai avuto questa esigenza, spesso mi sono trovata a difendere questo punto di vista. Non voglio pensare che per essere madri e artiste bisogna compiere una scelta, tra una cosa e l’altra. Piuttosto le mie figlie crescono accanto alle mie creazioni. Non credo ci sia bisogno di spiegare nulla a loro, hanno già sviluppato un sopraffino senso critico. Sparks 2021 ha coinvolto la mia figlia maggiore, così come altri bambini, lei ha avuto la possibilità di viaggiare con il lavoro, performare, ma anche assistere alla creazione dell’idea e in diversi workshop.
La performance che presentiamo al MACTE, si concluderà con un suo solo performativo, la partecipazione di Agata in questo lavoro: è cresciuta con Sparks e ora sta raggiungendo un’altra età. Se il lavoro permette al bambino di esprimere la propria visione sull’adulto, coinvolgere Agata mi ha permesso di rivedere una parte antica di me stessa, come uno specchio. 

Sparks 2021, Francesca Grilli, performance GAMeC, Bergamo, ph. Mario Albergati Contemporary Locus

Sparks 2021, Francesca Grilli, performance GAMeC, Bergamo, ph. Mario Albergati Contemporary Locus

Che ruolo ha la maternità nella tua vita di artista?
Il processo di creazione è alla base della mia vita. La maternità delle mie figlie, la maternità delle mie opere. Poi può essere attivismo, se sono in Italia, ad esempio, dove ancora si fatica molto a fare coesistere le due identità. 

Nello specifico a Termoli come funzionerà?
L’azione vede l’intervento di Agata, mia figlia, che sceglierà ed accompagnerà gli adulti dentro il nuovo spazio del MACTE.  Agata leggerà la mano singolarmente e per una sola volta ad un gruppo ristretto di persone. Gli adulti sono invitati ad ascoltare senza parlare. Così avviene il ribaltamento di potere tra adulto e bambino. Agata è stata parte di questo progetto sin dall’inizio, ha partecipato a diversi workshop con altri bambini fatti in diversi luoghi.

Un ruolo importante avranno anche gli oggetti, vere e proprie sculture che intervengono in maniera innovativa nella tua pratica…
In realtà la scultura e l’installazione non sono nuove nella mia pratica. È la prima volta invece che i performers indossano le mie sculture. Mi interessa il calco come forma di realtà che si plasma attraverso un’azione, sia nelle opere scultoree che si indossano, sia quando penso alle sculture che restano nello spazio, ma che portano i segni di una presenza, un corpo che le ha vissute.

Recentemente hai lavorato sul tema della performance dopo la pandemia: come è cambiato il nostro rapporto con il corpo nel corso di questi due anni? E con il corpo degli altri?
La prima performance che ho visto dopo il lockdown l’estate scorsa mi ha fatto piangere. Di gioia, di emozione. Questo per dire quanto mi è mancata la vicinanza, la rappresentazione nella realtà, il suono del movimento e il condividere tutto questo, con un pubblico e non in uno schermo. Non ho mai creduto nelle performance online come possibilità di replacement di quelle live. Non ho visto lavori interessanti online a tal proposito negli ultimi due anni, ma ho visto lavori bellissimi recentemente mostrati appena dopo la pandemia. Le produzioni realizzate a porte chiuse durante questa pandemia sono state molto interessanti, dense, necessarie. Il corpo ci è mancano, ma ne abbiamo paura ad oggi. Qualcosa di nuovo si sta sviluppando, nell’arte, nella visione di tutti noi. Ci vuole un po’ di tempo per inquadrare la nuova vision, ancora non siamo fuori dalla pandemia.

E in te e nel tuo lavoro cosa è cambiato?
Durante la pandemia sono stata fortunata perché ho chiuso le porte e ho potuto produrre cose nuove, nonostante le difficoltà’ pratiche. Sparks 2021 si è costruito attorno alle nuove regole di distanziamento dovute alla pandemia: le ho usate per avvolgere il lavoro, ne sono diventate parte integrante. E non mi è dispiaciuto, mi sembrava di essere onesta scoprendo le carte, non fingendo che il lavoro potesse essere uguale a prima. Nessuno era uguale a prima.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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