Una scenografia fossile. La mostra di Nicola Samorì a Villa d’Este

Nicola Samorì porta a Villa d’Este, a Tivoli, una riflessione visiva che getta le radici nel mito, ricorrendo alla plasticità della materia

Ovidio, Le metamorfosi. L’unica via di Pirra e Deucalione per rigenerare l’umanità nell’evo postdiluviano è gettarsi alle spalle delle pietre: le ossa di madre terra. Questo, il responso oracolare di Temi. Nicola Samorì (Forlì, 1977), maestro del simulacro violato, ispiratosi al mito, fa ingresso nelle sale rinascimentali di Villa d’Este con una personale site specific, a cura di Andrea Bruciati, che è di fatto una scenografia fossile.

Nicola Samorì, Cunea, 2020-2021, marmo nero di Colonnata, 45 x 20 x 20 cm. Courtesy l'artista & Monitor, Roma Lisbona Pereto

Nicola Samorì, Cunea, 2020-2021, marmo nero di Colonnata, 45 x 20 x 20 cm. Courtesy l’artista & Monitor, Roma Lisbona Pereto

LA MOSTRA DI NICOLA SAMORÌ A VILLA D’ESTE

Le ossa della madre, realizzata con la galleria Monitor e allestita fino al 19 aprile 2022, nasce dall’idea di imitare quel gesto: “Nelle sale ho collocato sassi lanciati, che prendono corpo progressivamente”, ha spiegato l’artista.
Lo sfarzo degli affreschi parietali del Cinquecento ha indotto Samorì a occupare il pavimento, scegliendo di specchiare, con sottili rovesciamenti, gli affreschi delle volte. Nasce una pinacoteca orizzontale. Le tavole al centro delle sale si fanno altari di icone rettangolari, ora pictae con tecnica a olio, ora lasciate grezze, a rivelare striature significative. Icone pregiate in onice, marmo nero, bianco, rosa, pietra di Trani, brèche de Vendôme, bronzo. Completano il percorso quattro teste neoclassiche collocate entro nicchie ovali e una scultura su plinto.

Nicola Samorì, La luce è un buco, 2019, olio su onice, 50 x 40 cm. Courtesy l'artista & Monitor, Roma Lisbona Pereto

Nicola Samorì, La luce è un buco, 2019, olio su onice, 50 x 40 cm. Courtesy l’artista & Monitor, Roma Lisbona Pereto

L’ARTE DI NICOLA SAMORÌ

L’artista opera secondo una logica sacrificale, con gesti che irretiscono l’intuizione della figura nell’alveo amorfo della pietra. L’iconicità è immolata al disegno casuale dei marmi, ma l’anelito lapideo è quello dell’incarnazione. Pregna di ossimori è l’arte del ‘pittofago’ Samorì, a partire dall’enigma del finto non-finito. La forma è tesa verso una finitezza altra, che è altera e sacrale. E, mentre l’imago, labile, si disfa nell’ombra, la materia granitica perdura. Letture pagane suscitano profili di martiri cristiani. Dipinti in liquefazione, statue di mollezza. Sorge l’idea di un’affinità di quest’arte straniante con un sentimento estetico ibridato tra il perturbante romantico e il sublime postmoderno.

Francesca de Paolis

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Francesca de Paolis

Francesca de Paolis

Francesca de Paolis si è laureata in Filologia Moderna con indirizzo artistico all'Università La Sapienza di Roma, completando i propri studi con un Corso di Formazione Avanzata sulla Curatela Museale e l'Organizzazione di Eventi presso l'Istituto Europeo di Design di…

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