Il figliol prodigo: Alessandro Pessoli a Milano con una mostra spirituale

Alessandro Pessoli, da dieci anni a Los Angeles, ha inaugurato una personale in cui emerge tutto il suo studio dell’iconografia cristiana e delle profonde necessità dell’animo umano: “la chiesa è accoglienza”

Arte e religione sono simili: sono entrambe risposte alla ricerca del senso delle cose oltre il momento presente, danno un conforto e permettono di fermarsi a riflettere”. Alessandro Pessoli (Cervia, 1963), tornato a Milano dopo dieci anni a Los Angeles, guarda con parole e opere alle profonde necessità dell’animo umano. La sua Testa Cristiana, curata da Eva Fabbris e in mostra fino al 28 novembre ai Chiostri di Sant’Eustorgio, è frutto di una lunga riflessione, creativa e filosofica insieme, che riunisce dodici opere dalle spiccate connotazioni materiche. Il risultato è una personale sincretica – in cui si fondono gli stimoli iconografici dei mosaici bizantini ravennati con stili e colori californiani – e sottilmente provocatoria: è immediato il contrasto tra la pauperistica Edicola #1 e il baldacchino ornato della Cappella Portinari, e altrettanto lo è quello tra l’essenziale Edicola #2 e gli ori degli arredi liturgici conservati nel Museo Diocesano Carlo Maria Martini. Sopra ogni cosa, questa grande mostra – di cui uscirà a ottobre il libro per Lenz, con incluso un dialogo tra l’artista e Pier Paolo Campanini – è intimamente spirituale: le grandi domande dell’umanità fanno capolino nei fiocchi, nei veli, nelle serigrafie e nella cera che Pessoli articola nelle sue teste con una piena consapevolezza di linguaggi e intenzioni.

Alessandro Pessoli, Sant' Ambrogio fiorito, 2020. Courtesy l’artista

Alessandro Pessoli, Sant’ Ambrogio fiorito, 2020. Courtesy l’artista

LE OPERE DI ALESSANDRO PESSOLI

Sono molte le opere di Testa Cristiana che trovano spazio nelle sale dei Chiostri, incastrandosi tra le icone, le reliquie e i dipinti sacri: alcune di queste, come Testa che piange e sorride (2008) e Bucaneve (2008) sono nate per essere esposte in galleria ma hanno istintivamente trovato posto nel Museo della Basilica e nel cimitero paleocristiano, mentre tante altre sono progettate esclusivamente per questo spazio: un esempio è Testa Cristiana ‒ derisione (2018), incastonata in una parete di reliquie che rendono intimo il sacrificio di Gesù, innocente, schiacciato da una mano a pugno; e ancora Teste Cristiane Trittico (2018) che, poste esattamente sotto un crocifisso e due statue di santi, evocano le pale d’altare agiografiche e contemporaneamente i ladroni a fianco di Cristo. “Il bello di esporre in Italia è che qui le mie opere sono connesse alle loro radici. Certo, sono presenti tutti gli elementi acquisiti in America, come lo spray e i colori acidi, ma qui – in questo spazio – gli elementi si allacciano naturalmente a ciò che gli sta intorno, creando significati che si formano naturalmente in chi li guarda”, racconta Pessoli, abituato a viaggiare per esporre nelle più celebri istituzioni (nel 2009 era alla Biennale di Venezia).

Alessandro Pessoli, Martire delle Farfalle, 2020. Installation view at Museo Diocesano Carlo Maria Martini (Oreficeria), Milano 2021. Photo Andrea Rossetti

Alessandro Pessoli, Martire delle Farfalle, 2020. Installation view at Museo Diocesano Carlo Maria Martini (Oreficeria), Milano 2021. Photo Andrea Rossetti

LA MOSTRA AI CHIOSTRI DI SANT’EUSTORGIO

Le opere, che riflettono la comunicazione tra il mondo interno all’artista e quello esterno, sono anche in un dialogo attivo con il contesto dei Chiostri: la spiritualità francescana di Pessoli non può passare inosservata tra gli ori e gli argenti racchiusi negli ambienti, da cui pare fiorire per riportare alle origini del cristianesimo. “L’opera ‘Martire’, con il nastro rosso simile ai paramenti vescovili, così come anche ‘Edicola #1’ ed ‘Edicola #2’, con i loro materiali poveri e le loro linee essenziali, sono un messaggio in chiaro contrasto con uno spazio prezioso come questo”, commenta Pessoli, che ha riscontrato diverse difficoltà nel tentativo di portare negli spazi cristiani la sua sensibilità religiosa – anche se, sorride, “non ho fatto né comunione né cresima”. Per organizzare questa mostra, infatti, ci sono voluti cinque anni: “Ci sono moltissime difficoltà nell’installare opere contemporanee nelle chiese, soprattutto in Italia: ci sono gerarchie complesse e una più generale necessità di stabilità e fissità, da cui l’arte contemporanea per sua natura rifugge. Eppure le chiese erano il centro dell’arte e dell’immaginario pre-fotografico, e, adesso che siamo abituati a consumare tutte le immagini con uno scroll, forse solo l’arte religiosa riesce a trattenere i significati”.

L’ARTE CONTEMPORANEA NEGLI SPAZI RELIGIOSI

Per Pessoli è arrivato il tempo di ricucire i legami sfibrati tra chiesa e arte, stimolando una nuova comprensione del contemporaneo là dove fatica a essere vicino ai non addetti ai lavori: “Chi non vive immerso nell’arte contemporanea percepisce una grande distanza e confusione, è così che si arriva al classico ‘potevo farlo anch’io’”, precisa l’artista. Ma come recuperare la memoria interrotta? “La chiesa è accoglienza. Dentro la chiesa può trovare spazio una riflessione più ampia su temi ed emozioni propri dell’umanità. Grazie a questo rapporto e alla giustapposizione di elementi diversi, materiali semplici come i brandelli delle lattine dei fagioli possono diventare foglie di una corona e riflettere la stessa luce pura che si vede nelle opere antiche”, spiega Pessoli additando la corona di Lacrime e cera (2018). Gli spazi del Museo della Basilica, di quello Diocesano e del cimitero paleocristiano danno accoglienza, come auspicato, alle sue opere, e lo fanno con grandissima naturalezza – anche grazie all’attenta curatela di Fabbris con l’aiuto di Giovanna Manzotti e di Giuseppe Frangi. Le opere dal canto loro riflettono i temi di vita e morte, intrinsecamente legati, del patrimonio custodito: la rinascita è esplicita nella lucente maiolica di Bucaneve, che pure non esita a scomporre il corpo umano in brandelli simili ai resti sepolcrali, e così anche appaiono il fiore e le api di S. Ambrogio fiorito (2020). Altrettanto evidenti sono il sacrificio e la morte in opere come Martire e in Figura che torna (2018). Ma può la morte avere l’ultima parola? Rispondono le stesse opere: un fiore e delle farfalle fanno trionfare, anche nell’ora più buia, la vita.

Giulia Giaume

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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