Chiedi alla polvere. Fabrizio Prevedello e Michele Tocca in mostra a Roma

Due artisti distanti ma non troppo, una doppia personale orchestrata con sagacia. Da una parte i reperti significativi di un artista-trekker, dall’altra una pittura incentrata su soggetti silenziosi e terrigni.

Doppia personale per Fabrizio Prevedello (Padova, 1972; vive in Versilia) e Michele Tocca (Subiaco, 1983; vive a Roma), che animano a Roma un vis-à-vis orchestrato con sagacia da Davide Ferri. Benché distanti per età e tecniche utilizzate, il loro abbinamento funziona. In una battuta si potrebbe dire che mentre l’uno assembla oggetti e superfici, l’altro dipinge superfici oggettuali.

LE OPERE DI FABRIZIO PREVEDELLO

Prevedello ha una predilezione per il frammento grezzo e un’attitudine combinatoria minimalista e poverista. Lavora con marmi, ferro, gesso (e non solo). Le sue opere possono essere viste come interventi, minimi ma strutturanti, effettuati su reperti significativi selezionati da un trekker. Sceso da una cava su un monte dentro lo zaino (Pensando a Carlo Scarpa che pensava a Brancusi) segnala già nel titolo una cifra operativa land, oltre a un approccio concettualista alla De Dominicis, di tipo magico e ironico, di cui oggi si sente tanto la mancanza. C’è anche un corpus di lavori in marmo e gesso, Ragazzo! Bisogna disegnare!, che meriterebbe il premio Pulitzer dei titoli.
A convincere è un tenore sbrigliato e piacevolmente scenico. Si tratta di una ricerca che, seppur non inedita né innovativa, brillando per genuinità giunge anche a esiti felicemente complessi. Spiccano in tal senso i Fiori, brancusiane configurazioni portatili di taglio industrial, e un’installazione extra-large (Accumulazione per scomparsa) la cui strutturazione incanta per equilibrio e potenza.

Michele Tocca, In the mud (frost), 2021. Photo Sebastiano Luciano

Michele Tocca, In the mud (frost), 2021. Photo Sebastiano Luciano

L’ARTE DI MICHELE TOCCA

Tocca, invece, dipinge. Ha anch’egli una forte inclinazione per soggetti silenziosi e terrigni. Li indaga fino a renderli pressoché astratti. Ritrae muri, vapori, aloni, ma anche giacche così intrise di pioggia da assumere sembianze fantasmatiche di monoliti, o guanti così tanto esaminati da risultare mute pietre. Il referente c’è sempre, è brullo e ultra-concreto. Solo, viene portato in un bilico in cui quasi scompare per eccesso di fissità o prossimità. Un dittico vedutista eppure sorprendentemente materico, avente per soggetto le romane Mura Aureliane, riflette alla perfezione i campi di forza attivati nella strategia di Tocca.
Guardando i suoi lavori viene da pensare tanto a Domenico Gnoli quanto ad Alberto Burri, il tutto entro parametri riconducibili alla pittura abbacinante di un Luc Tuymans.
Colto e severo, Tocca è un artista da cui attendersi colpi. L’auspicio è che saprà rivelarsi anche adeguatamente disinibito. Frattanto, frutti aggiornati del suo percorso si possono vedere in una mostra finalmente ampia come questa.

Pericle Guaglianone

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Pericle Guaglianone

Pericle Guaglianone

Pericle Guaglianone è nato a Roma negli anni ’70. Da bambino riusciva a riconoscere tutte le automobili dalla forma dei fanali accesi la notte. Gli piacevano tanto anche gli atlanti, li studiava ore e ore. Le bandiere erano un’altra sua…

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