L’autunno 2020 del Museo Novecento Firenze. Intervista al direttore Sergio Risaliti

Artribune ripropone come di consueto la sua inchiesta d’inizio stagione sui musei italiani. Come è andata la scorsa stagione? Come sarà la prossima? Oggi andiamo a Firenze e incontriamo Sergio Risaliti…

Come sarà l’autunno dei musei italiani? È una domanda che in tempi di post Covid, se così si può dire, e arrivati ormai ad una Fase numericamente indefinita, si pone tutto il settore e gli addetti ai lavori. Con coloro che guidano questo mondo, direttori e presidenti, analizziamo il prossimo futuro e la scorsa stagione. L’inchiesta continua con le parole di Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento Firenze, che ha appena presentato il nuovo programma

Come sarà l’autunno 2020 per il tuo museo?
Autunno sarà un banco di prova difficile, in salita, che intendiamo però affrontare all’attacco senza attendere che tutto ritorni come prima, perché per un lungo periodo non sarà possibile ritornare ai livelli di affluenza e investimenti precedenti. Il che non è un male, anzi. La crisi in corso è un’epoca di cambiamento, di scelte, di nuove prospettive. Come museo dobbiamo capitalizzare le linee editoriali avviate, la credibilità e autorevolezza acquisita, vogliamo essere un modello di gestione scientifica e imprenditoriale che ha nella sostenibilità finanziaria un punto di forza. La proposta culturale del Museo, le sue iniziative formative, il percorso di mostre, sono tutti eventi di vanto, che concorrono al posizionamento di Firenze nel sistema contemporaneo sia nazionale che internazionale. Vedo che in molti tirano i remi in barca. Aspettando assistenza e contributi per recuperare quote di visitatori per colmare il gap tra spese e ricavi.

Museo del Novecento, 2 giugno 2020

Museo del Novecento, 2 giugno 2020

In poche parole?
In poche parole il massiccio ritorno dei turisti. E vedremo ingigantita la comunicazione e prenderanno il sopravvento scelte culturali orientate più allo spettacolare, all’intrattenimento, in direzione dell’empatia e della condivisione emotiva.

Cosa ti aspetti da questa stagione che inizia?
Spero maggiore consapevolezza e attenzione su quanto avvenuto e sulle conseguenze globali. Un maggiore investimento pubblico sull’arte e sui musei intesi in funzione del loro servizio sociale e culturale e non come meri strumenti di intrattenimento, come macchine spettacolari utili alla moltiplicazione dei profitti e delle rendite di posizione in città e territori costretti a dipendere dal numero dei turisti. Abbiamo visto collassare in pochi giorni un sistema, questo significa che va cambiato, che non era valido neppure dal punto di vista industriale. Un gigante dai piedi di argilla. Sostenibilità è la parola d’ordine da imporre dopo questo periodo di crisi e di urgenza sanitaria e finanziaria.

Cosa invece ti preoccupa di più?
Che tutto torni a girare come prima e che la cifra dominante sia quella della spettacolarizzazione e dell’intrattenimento, una sorta di eccitazione comunicativa ancor più effimera e servile. Temo che anche il mondo dell’arte non voglia ripensare cosa sia e non sia essenziale, anzi l’essenza stessa su cui poggia poi tutto il resto.  

Che attività hai in programma?
Per i prossimi mesi proponiamo un ricco programma di mostre, eventi, nuove produzioni. Puntiamo a creare relazioni tra stagioni diverse dell’arte, tra giovani artisti e grandi maestri del Novecento, tra eventi interdisciplinari, con una particolare attenzione ai temi più urgenti del nostro tempo. In sintesi partiamo adesso con quattro nuovi progetti espositivi a fine settembre, che coinvolgono Andrea Francolino, Lori Lako, Irene Montini e Rocco Gurrieri. Il tavolo dell’architetto. Poi in ottobre la prima mostra personale in un museo italiano di Mc Arthur Binion, uno straordinario pittore e una personalità di rango impegnata sul fronte dei diritti umani e della lotta contro il razzismo. A novembre inaugureremo la mostra di Henry Moore, disegni, incisioni e sculture per quella che si annuncia come la mostra dell’anno a Firenze, per la qualità delle opere esposte e per il significato speciale che avrà il ritorno di Moore in città a cinquant’anni circa dalla storica esposizione al Forte di Belvedere nel 1972.

Un bel risultato…
Immaginare che il Museo Novecento sia cresciuto al punto da poter organizzare una mostra del grande scultore inglese in collaborazione con la Fondazione Moore è qualcosa che ci riempie di orgoglio e soddisfazione. Una mostra di grande livello scientifico che rispetta al meglio i criteri di sostenibilità che devono fare da modello in città e non solo. Infine un progetto di forte impatto con Marinella Senatore in occasione della Giornata contro la Violenza sulle donne, e a dicembre una preziosa antologica su Arturo Martini costruita a partire dalla collezione permanente.  Senza tralasciare altri impegni, come Match il primo festival sulla performance. Oppure la nascita della rivista quadrimestrale del Museo e la preparazione del primo corso dei curatori progettato in collaborazione con l’Università di Firenze.

Sergio Risaliti

Sergio Risaliti

E poi andrete a Livorno…
Sì, con una grande mostra ideata e organizzata per la città di Livorno. Abbiamo creato un dialogo tra la collezione Della Ragione e la collezione Iannaccone di Milano.  Da fine ottobre 100 capolavori di arte italiana della prima metà del secolo saranno esposti al Museo della Città. A dimostrazione di come valorizzare il patrimonio, di come si possano creare belle connessioni tra collezioni pubbliche e private e una sana politica di scambi culturali tra città e musei regionali.

Quali pensi che siano le sfide che i musei dovranno affrontare nel prossimo futuro?
Molte e tutte eccitanti. Non ci devono intimorire le missioni impossibili. I nostri sono sempre comunque tempi migliori rispetto a quelli vissuti in altre epoche storiche e in altri luoghi del pianeta. Dobbiamo essere autorevoli e convincenti in un periodo in cui sia il sistema pubblico che quello privato sono messi alla prova sui valori fondanti della civiltà umanistica e la resistenza democratica. Partiamo avvantaggiati e siamo comunque dei privilegiati rispetto ad altre zone del pianeta. Ripeto dobbiamo agire guardando a sostenibilità finanziaria e qualità scientifica, al massimo dell’apertura culturale, spingendo l’acceleratore sulla creatività, la brillantezza concettuale, l’anticonformismo. 

Diamo i numeri: come è andata dalla riapertura in termini di pubblico?
Bene, se pensiamo quanto sta accadendo ad altre istituzioni. Subiamo ovviamente maggiormente la crisi in una sistema di offerta culturale dominato dai grandi musei, su cui si è concentrata l’attenzione del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo per rilanciare il Sistema Italia, e per recuperare quote di turisti a beneficio di distretti commerciali, industriali e di servizio enormi.  Tutto va letto in proporzione. E la vita di un museo ‘minore’, va considerata in una diversa prospettiva come ho cercato di spiegare.

Allan Kaprow, Museo Novecento, Firenze, 2020

Allan Kaprow, Museo Novecento, Firenze, 2020

Cosa chiedi alla politica in questo momento comunque difficile?
Di pensare meno agli spot, alla propria sopravvivenza politica a dispetto di tutto e di tutti, impiegandosi piuttosto nella rigenerazione. Di essere al servizio dei cittadini, di puntare sul merito, dedicandosi alla difesa dei valori democratici, pensando alla qualità e al significato del benessere umano e planetario. Crisi globali e pandemie non possono ledere la libertà dei cittadini, non devono servire al rafforzamento del dominio politico, economico e militare. Per essere liberi però i singoli individui devono essere coscienti e consapevoli, e qui entrano in gioco il linguaggio, il sapere, la memoria storica, la distribuzione di risorse e di conoscenze in modo democratico. Serve una rivoluzione in seno al consumismo culturale e non solo. Ripensare la civiltà misurandola in basa a valori antichi e su nuovi criteri che dipendono oggi dall’ecologia e dalla spiritualità, dalla creatività e dalla sensibilità.  

Consigliaci un libro per inaugurare la stagione.
Autoritratto come Odisseo. Azioni di Jannis Kounellis dopo il 1960. Quodlibet editore. Se posso permettermi un po’ di pubblicità.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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