Fisico ed esistenziale. Hans Josephsohn a Milano

ICA Milano, Milano – fino al 2 giugno 2019. Prima personale di Hans Josephsohn in Italia ed episodio numero uno di un programma di monografie che ICA dedica alla riscoperta di alcuni grandi autori del secondo Novecento. Un inizio strepitoso, segnato dall’opera di un grande scultore.

Quando ci si imbatte in un’opera di Hans Josephsohn (Königsberg, oggi Kaliningrad, 1920 ‒Zurigo, 2012), si rimane colpiti da due aspetti: la preponderante fisicità della materia e l’icasticità delle forme.
Le sculture di Josephsohn, in effetti, sono soprattutto un “fatto formale”, organismi plastici carichi di tensione estetica ed espressività, volumetrie robuste che quasi ricordano l’imponenza dei Moai sull’Isola di Pasqua. Nel ricercare continuamente di definirle attraverso assemblaggi o sottrazioni privi di qualsiasi tipo di idealismo o interesse illusionistico, Josephsohn pone l’attenzione sul processo generativo delle proprie sculture, dando vita a opere che sono il risultato temporaneo del suo pensiero creativo, milestone di un percorso artistico più ampio e nuove aperture a ulteriori, possibili e successivi sviluppi. Così, non un’unica forma, ma il continuo modellamento sperimentale della stessa si imprime nelle sue opere, che diventano in primis narrazioni dell’articolata dialettica del loro farsi.

Hans Josephsohn. Installation view at ICA, Milano 2019. Photo © Dario Lasagni

Hans Josephsohn. Installation view at ICA, Milano 2019. Photo © Dario Lasagni

COME GLI ANTICHI SCULTORI

Altro aspetto che colpisce, osservando le opere di Josephson, è l’annullamento di un’idea di centro, di un fuoco verso cui far convergere le forme, così come di una visione univoca. La totalità fisica della materia, infatti, si impone perché l’artista stesso suggerisce una percezione multilaterale della sua opera, selezionando più punti di vista per ottenere la prospettiva migliore, tecnica che richiama alla memoria il modus operandi degli antichi scultori. Non solo. Come ha osservato Alberto Salvadori, un dato interessante per leggere l’opera di Josephsohn è anche “il valore assoluto che l’artista afferisce al rapporto tra l’arte e lo spazio che la contiene”, ossia il rapporto architettonico. Accentuare le correzioni ottiche, utilizzare la luce come elemento compositivo, sentire lo spazio intorno alle sculture e percepirne le volumetrie dimostrano il particolare interesse dell’artista verso questi aspetti e una personale idea dell’arte molto vicina a quella “globale” dei grandi maestri del passato.

DALLA SCULTURA A NOI

La scultura di Hans Josephsohn è stata definita “esistenziale” perché rappresenta un mezzo di conoscenza della condizione dell’uomo: “Attraverso la percezione di ciò che è umano essa descrive l’esperienza dell’umanità, manifestando il processo di formazione della sua figura” (Chiara Nuzzi). In una conversazione con Amine Haase, in effetti, l’artista stesso dichiara che “il punto d’inizio siamo semplicemente noi” e che sono le persone a interessarlo.
D’altro canto la sua opera è un affascinante tentativo di conoscerle.

Francesca Mattozzi

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Francesca Mattozzi

Francesca Mattozzi ha un background da danzatrice che l’ha vista lavorare sia in TV che a teatro con coreografi di fama internazionale, quali Luca Tommassini e Martino Müller. È laureata in storia dell’arte e dell’arte ama soprattuto gli eventi perché,…

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