Arte contemporanea italiana. L’opinione di Pino Boresta

L’unica vocazione che deve caratterizzare un artista è quella al martirio? Anche Pino Boresta partecipa al dibattito sull’arte contemporanea italiana innescato dalle parole di Gian Maria Tosatti.

“L’arte sta passando un periodo nefasto, terribile, come tutta la società”.
Goffredo Fofi

Sarà che con il filosofeggiare io non ho mai avuto grande dimestichezza, specialmente quando gli argomenti incominciano a ingarbugliarsi nella mia mente affastellandosi come fossero enunciati metalinguistici o addirittura concetti che prendono la forma, per certi aspetti quasi ermetici, ma molto probabilmente è un mio limite. Non me ne vogliano se dico questo, ma a me sembra che nessuno dei quattro ‒ Gian Maria Tosatti, Christian Caliandro, Raffaele Gavarro e Filippo Riniolo ‒ abbia affrontato realmente quale sia il principale problema dell’arte contemporanea italiana e forse, non solo italiana, anche se da noi, come sempre, le distorsioni socio-culturali si diffondono a macchia d’olio e vengono ampliamente cavalcate perché pensiamo di essere i più furbi del globo.

Pino Boresta, Omaggio a Ifigenia di Cecilia Bartoli

Pino Boresta, Omaggio a Ifigenia di Cecilia Bartoli

I PERICOLI DELL’ART SYSTEM

Io credo che l’arte contemporanea italiana debba smettere di essere appannaggio dei rampolli delle famiglie-bene, semplicemente perché grazie a loro si riesce spesso a immettere moneta fresca e sonante all’interno dell’Art System, sempre più avido di risorse finanziarie. È vero che poi il tempo eseguirà un ripulisti, cioè farà una sorta di piazza pulita di questi artisti e della loro produzione artistica, ma nel frattempo è l’arte quella meritevole di attenzione, quella degli artisti sinceri che ne paga le dure conseguenze, e di rimbalzo tutto il sistema dell’arte italiana ne soffre fortemente, accentuando sempre di più la sua marginalizzazione nel contesto internazionale. Tutto questo perché se noi ci riteniamo i più furbi, in realtà, tutti gli altri non sono affatto scemi e vedono bene le storture che nel “Bel Paese” avvengono, specialmente quando si vogliono far passare per grandi artisti coloro che in realtà hanno ben poco da dire, e quel poco che hanno da dire lo dicono pure male. Io in più di trent’anni di militanza ho conosciuto e conosco fior fior di artisti che avrebbero meritato e meriterebbero di diritto di calcare i più importanti palcoscenici internazionali, ma questo non avverrà mai, perché se pur in cuor suo qualcuno pensasse che abbia ragione, come ho già avuto modo di scrivere da qualche parte “… in Italia non si pratica il buon senso, ma piuttosto la regola del dispetto”, per cui informo tutti coloro che dovessero odiarmi ancora di più per questo scritto/denuncia: non abbiate paura, sarete ancora e per sempre voi a calcare le scene nazionali e internazionali più importanti e se il tempo farà giustizia a voi che ve ne frega, visto che probabilmente né io né voi ci saremo più.

Pino Boresta, Giardini della Biennale, Venezia

Pino Boresta, Giardini della Biennale, Venezia

ARTE E VOCAZIONE AL MARTIRIO

Chi invece secondo me ha centrato il problema è stato Goffredo Fofi. “L’arte oggi è una forma di comunicazione, e quindi è una merce, ma quando la comunicazione è unilaterale, diventa un potere che ci impone cosa vedere, cosa mangiare, cosa leggere, cosa pensare, cosa ascoltare, e questo fa sì che il valore etico dell’arte sparisca e rimanga solo il prodotto, una merce in mezzo a tante altre merci”. Questo in sostanza quello che afferma Goffredo Fofi in un video su Internet nel quale ribadisce l’importanza dell’arte. Perché l’arte dice le cose che non si riescono a dire nella vita quotidiana, dice il di più, dice l’altro, dice l’utopia, dice la paura, dice tutto quello che fa parte dell’umano e che la politica, la società, l’organizzazione civile non riesce ad assolvere. L’arte appaga, nella concretezza dei giorni, quel bisogno di “oltre” dell’essere umano, che in genere è assolto dalle religioni. E siccome oggi l’arte è estremamente mortificata dal mercato, bisogna farla rivivere attraverso le minoranze esistenti, che però sono troppo marginalizzate e fuori dai grandi giri. E se è vero, come dice papa Bergoglio, che ogni epoca deve ridefinire cosa è Dio, allo stesso modo ogni epoca deve ridefinire cosa è arte. Perché solo l’artista che riesce a interpretare e a raccontare il tempo che cambia trovando nuove forme di comunicazione non sparirà. Questo il Fofi pensiero che chiede agli artisti di essere anarchici, e di andare fino in fondo alle loro convinzioni, osando di più. La sfida di ogni vero artista deve partire dalla convinzione che non c’è più niente da fare, solo così riuscirà, forse, a dire cose utili agli altri. Rinunciare a questa sfida è come rinunciare all’arte. L’unica salvezza è l’arte come disobbedienza. “Alcuni hanno la vocazione al martirio”, dice uno dei personaggi di Ingmar Bergman, non ricordo in quale film. Caro Goffredo, mi sorge allora un dubbio, che debba essere questa, cioè il martirio, l’unica vera e necessaria vocazione di un artista?

Pino Boresta

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Pino Boresta

Pino Boresta

Pino Boresta nasce Roma e vive a Segni (Roma). Sulla scia di valori dei Situazionisti, di cui condivide impostazioni e finalità, realizza un’arte fatta di coinvolgimenti a tutto tondo, di se stesso e dei fruitori consapevoli o inconsapevoli delle sue…

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