Un trionfo di trecce e acconciature rinascimentali a Vicenza

Tutto comincia dalle trecce di una donna romana: Faustina, moglie dell’imperatore Antonino Pio. È questa l’origine della mostra che racconta le acconciature nell’arte, dal Rinascimento fino a Canova

Alle Gallerie d’Italia di Vicenza, una mostra tematica sulle pettinature dall’Antichità al Rinascimento. Un progetto speciale, che prende il via dalle trecce della sposa di un imperatore romano: acconciatura che ebbe un tal successo, da travalicare epoche e confini geografici. 

L’idea della mostra Le Trecce di Faustina a Vicenza

Tra le tante mostre a tema che si moltiplicano durante l’anno, ci sono alcune iniziative originalissime, che ruotano attorno ad argomenti raramente indagati, eppure curiosi e ricchi di significati. È il caso dell’esposizione Le trecce di Faustina allestita al secondo piano di Palazzo Leoni Montanari di Vicenza, una delle sedi di Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo.
La scintilla che ha fatto scoccare l’interesse di uno dei curatori, Howard Burnes, è stata l’attenta osservazione di un portale di palazzo Thiene di Vicenza. Negli stipiti sontuosamente scolpiti compaiono numerosi ritratti di sovrani romani, tra cui anche il profilo di Faustina Maggiore, moglie dell’imperatore Antonino Pio. La si riconosce sia dall’iscrizione, sia da un’inconfondibile acconciatura che – ed ecco spiegato il concept della mostra – ebbe un clamoroso successo tanto tra i contemporanei del II sec. d.C., tanto nelle epoche successive, in particolare nel Quattro e nel Cinquecento. Ma oltre agli esiti artistici, il team curatoriale evidenzia anche l’importanza, i significati e le funzioni che ebbero i capelli, soprattutto quelli delle donne, nella vita pubblica e privata. 

L’acconciatura di Faustina nella storia dell’arte alle Gallerie d’Italia di Vicenza

L’incipit della mostra è affidato a Berenice, soggetto di un dipinto di Padovanino. Moglie del re egiziano Tolomeo III, quando questi era in procinto di partire per la guerra, fece voto di offrire la sua splendida chioma agli dei se lo sposo fosse tornato sano e salvo. Quei capelli assunsero così tanto valore, da dare il nome a una costellazione, la Chioma di Berenice appunto. 
Il percorso entra poi nel vivo del tema, con i ritratti della protagonista, Faustina Maggiore, riconoscibilissima per la pettinatura formata da lunghe trecce raccolte a cesto sulla sommità del capo. L’effige fu particolarmente amata dagli artisti che, soprattutto dal Quattrocento, la presero a modello per loro opere. Lorenzo Ghiberti possedeva una testa in bronzo – forse proprio quella esposta – che rievocò nella Porta del Paradiso del battistero di Firenze; Andrea Mantegna era gelosissimo del suo busto marmoreo di Faustina che, assai malvolentieri, fu costretto a vendere alla marchesa di Mantova Isabella d’Este. Ma il centro di interesse della sala è uno dei dipinti più intensi di Giovanni Bellini, la Sacra Conversazione delle Gallerie dell’Accademia di Venezia (1488 circa), in cui santa Caterina esibisce una raffinatissima acconciatura arricchita da gioielli e perle.

Le Trecce di Faustina, installation view at Gallerie d'Italia, Vicenza, 2024. Photo Marco Zorzanello
Le Trecce di Faustina, installation view at Gallerie d’Italia, Vicenza, 2024. Photo Marco Zorzanello

Le altre opere ispirate alle trecce di Faustina in mostra a Vicenza

Il focus della mostra si sposta quindi sulle altre mode dell’Antichità e sulle acconciature eccentriche ed elaboratissime, funzionali anche per caratterizzare il ruolo sociale delle donne che le portavano. Quella di Faustina non venne mai dimenticata: la si ritrova in affreschi del Trecento e in codici miniati del Quattrocento. Ma in quest’ultimo secolo accade qualcosa: le trecce si sciolgono e trionfano le ciocche ribelli, o i riccioli mossi dal vento, o ancora le chiome libere e insidiose come quelle di Medusa. Alla sacra triade – Michelangelo, Leonardo e Raffaello – è dedicata una sala ricca di disegni e di copie di opere celeberrime. Per ovvie ragioni, le originali non hanno potuto raggiungere la sede vicentina della mostra, o perché perdute (come la Leda e il cigno del Buonarroti), o mancanza di accordi sui prestiti. Ma le riproduzioni vengono in aiuto, e arricchiscono il repertorio figurativo con un allestimento impeccabile. 
A chiudere il percorso è Canova, dopo una carrellata di “belle” rinascimentali: da Lucrezia Borgia, evocata dal celebre ricciolo biondo dell’Ambrosiana nella sua teca che lo fa sembrare una sacra reliquia, a Isabella d’Este(presente con una copia da Giulio Romano), a Eleonora da Toledo (con un ritratto di Bronzino) e a Vittoria Gonzaga. E non poteva mancare la più bella in assoluto, la Venere di Tiziano proveniente dalla Ca’ d’Oro di Venezia. 
L’unico difetto? Un titolo difficile da ricordare e che, pur corretto, non riesce ad attirare l’attenzione di un vasto pubblico.

Marta Santacatterina

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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