Civitonia a Civita di Bagnoregio. Il festival di performing arts che non è mai esistito

Il volume di NERO Editions documenta un festival che non si è mai svolto per sottolineare la fragilità di questo piccolo borgo in provincia di Viterbo in ostaggio del turismo di massa. Obiettivo? Aprire un dibattito

Dodici abitanti e un milione di visitatori all’anno. È in questo contesto paradossale che (non) si è svolto Civitonia, primo festival di arti performative immaginato per Civita di Bagnoregio da Giovanni Attili e Silvia Calderoni per puntare i riflettori su una realtà molto fragile dal punto di vista strutturale, ma nonostante questo (o forse proprio per questo, in un tentativo di salvarla) è stata presa d’assalto dal turismo di massa. Ora, questa esperienza artistica che non si è mai veramente svolta del tutto, ma solo nelle intenzioni dei suoi organizzatori, è documentata in un libro edito da Nero.

Civitonia, NERO Editions

Civitonia, NERO Editions

LA STORIA DI CIVITA DI BAGNOREGIO

Civita è una piccola frazione del Comune di Bagnoregio, nell’Alto Lazio, al confine con l’Umbria, all’interno della Valle dei Calanchi, in provincia di Viterbo, facente parte de i Borghi più belli d’Italia. Caratterizzato da un ambiente paesaggistico ostile, ancora oggi il paese è interessato da fenomeni erosivi che ne hanno delineato l’iconicità e influenzato gli aspetti sociali, culturali, urbani e architettonici e che rischiano di far sbriciolare l’abitato. Da qui il progressivo inevitabile spopolamento, tale da trasformarla in città fantasma; e da qui anche la nomea di “la città che muore”, coniata dallo scrittore Bonaventura Tecchi che, nato a Bagnoregio nel 1896, qui trascorse la sua giovinezza. La storia di questa piccola realtà che sorge su uno sperone di roccia, affonda le sue radici in epoca etrusca. Per secoli gli abitanti di Civita hanno dovuto lottare contro l’erosione e le frane che progressivamente limitavano l’area del centro storico e realizzare sempre nuove vie d’accesso alla cittadina, come il Bucaione, il tunnel scavato direttamente nella roccia sedimentaria del monte. L’aspetto attuale del borgo risale però alla fine del Medioevo e da allora è rimasto tutto pressoché intatto. Se non fosse per il boom turistico degli ultimi anni che ne sta velocizzando il deterioramento fisico. E qui entrano in scena il festival immaginato Civitonia e il libro che ne è nato.

CIVITONIA: IL FESTIVAL IMMAGINATO

Il Festival aveva un programma di attività e interventi piuttosto fitto, con una serie di nomi importanti in calendario, e ha avuto una certa eco”, racconta ad Artribune la redazione di NERO Editions con il quale ha collaborato, e di cui ha curato la pubblicazione finale. “Di fatto, il Festival non è mai accaduto (per scelta): è stato un esperimento collettivo, che ha messo in campo interrogativi legati alla turistificazione e mercificazione del territorio, alle potenzialità generative e ai limiti dell’atto artistico”. Tra il gennaio e il giugno 2021 ventuno artisti hanno temporaneamente abitato a Civita di Bagnoregio – Chiara Bersani e Marta Montanini, Cheap, Fratelli D’Innocenzo, Daria Deflorian, Francesca Marciano e Valia Santella, Eva Geatti, Francesca Pennini e Vasco Brondi, Alice Rohrwacher, Simona Pampallona, Anagoor, Alessandro Sciarroni, Michele Di Stefano – dando forma a gesti, scritture, performance, riti, incantesimi, installazioni, visioni, con l’intenzione di mostrarli l’ottobre dell’anno successivo in questo famoso festival che non è mai avvenuto, per non essere fagocitato dal sistema e diventare un altro motivo di attrazione turistica. Tutti gli interventi degli artisti sono stati, invece, raccolti in due volumi a cura dell’attrice e performer Silvia Calderoni e di Giovanni Attili, docente di Urbanistica alla Sapienza di Roma, che già in passato aveva riflettuto su questo paese minuto, arroccato nella Valle dei Calanchi, accanto a Bagnoregio, bersagliato da un turismo mordi e fuggi, nel libro Civita senza aggettivi e senza altre specificazioni (Quodlibet).

Civitonia, NERO Editions

Civitonia, NERO Editions

CIVITONIA: IL LIBRO IN DUE VOLUMI

Civitonia è composto da un box contenente due volumi”, continua NERO Editions: “uno simula in tutto e per tutto il catalogo del Festival, con il programma e la documentazione delle opere e degli interventi; l’altro, chiuso da un lucchetto il cui codice può essere richiesto solo via email, permette di accedere, invece, al lato segreto del Festival, con una serie di contenuti scritti da filosofi, intellettuali, artisti che riflettono sulla natura dell’operazione concettuale e su tutte le implicazioni di un esperimento del genere”. In questo libro tutto il festival è, infatti, documentato nel primo volume: dai manifesti ai comunicati stampa, dai set fotografici alle performance, dalle campagne social alle mail per prenotarsi, il prima, il durante e il dopo della rassegna. Mentre nel secondo è svelato il senso di tutta l’operazione che racchiude essenzialmente una grande domanda: per quanto tempo ancora, un paese così fragile, per giunta candidato a bene Unesco, può reggere l’urto di un milione di visitatori all’anno? Non sarebbe, invece, il caso di studiare logiche e strategie per incentivare un turismo più sostenibile e consapevole dei rischi idrogeologici? “Il progetto editoriale è l’unico reale documento, l’unico atto concreto del Festival”, conclude NERO Editions, “e ci piacerebbe che fosse uno strumento per aprire nuove e ulteriori conversazioni”.

Claudia Giraud

https://civitonia.com/

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Claudia Giraud

Claudia Giraud

Nata a Torino, è laureata in storia dell’arte contemporanea presso il Dams di Torino, con una tesi sulla contaminazione culturale nella produzione pittorica degli anni '50 di Piero Ruggeri. Giornalista pubblicista, iscritta all’Albo dal 2006, svolge attività giornalistica per testate…

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