Valutare i musei. Tra sostenibilità economica e sociale

Il dibattito che si è sviluppato a partire dal lavoro pubblicato da Marco D’Isanto e Stefano Consiglio nel rapporto di Federculture 2018, “I modelli di business delle strutture museali italiane: Fondazioni e Musei Autonomi a confronto” ha indotto gli autori a nuove riflessioni intorno al tema della accountability delle istituzioni culturali italiane e più in generale delle Imprese Culturali.

Valutare le performance di un’istituzione culturale è un processo complesso. È infatti necessario considerare una pluralità di aspetti: la qualità del programma scientifico sviluppato, l’impatto sociale della sua azione, la capacità di incrementare il numero di visitatori e di acquisire risorse pubbliche e private per garantire la sopravvivenza della struttura.
Pur nella consapevolezza che il valore prodotto da un’istituzione culturale non è misurabile in termini di redditività, essendo la missione principale di un museo quella di distribuire un dividendo sociale in grado di migliorare complessivamente la capacità di fruizione dei prodotti culturali da parte di una comunità, stupisce che ancora oggi non sia compresa l’importanza di un sistema di valutazione in grado di misurare la capacità dei musei di utilizzare in modo efficiente le risorse di cui dispongono in un quadro di sostenibilità economica.
La sostenibilità economica è una dimensione di assoluta importanza anche per una istituzione culturale che, non dimentichiamolo mai, è pur sempre una organizzazione economica che persegue, però, una finalità di interesse generale e che in virtù di questa finalità riceve contributi pubblici.
Evocare misurazioni di impatto sociale in contrapposizione con analisi e valutazione sulla sostenibilità economica dei musei e sugli indici quantitativi inerenti la gestione è sbagliato. I due concetti sono infatti interconnessi: quanto più un museo riesce a utilizzare in modo efficiente le proprie risorse e quanto più amplia il perimetro della propria sostenibilità, tanto più efficaci saranno le sue azioni in termini di realizzazione delle finalità di pubblica utilità che è chiamato a perseguire.

LA CENTRALITÀ DEGLI OBIETTIVI NEI PROCESSI DI VALUTAZIONE

Per effettuare una seria valutazione dei risultati di un manager culturale è necessario confrontare le prestazioni raggiunte agli obiettivi che gli stakeholder istituzionali fissano, tenendo conto delle performance di partenza, del tipo di attività svolta e del contesto geografico.
Non si tratta dunque di elevare una singola misurazione di performance al di sopra delle altre, ma di allestire un meccanismo di valutazione che contempli tutte le finalità di conoscenza degli attori convolti.
Nella valutazione delle performance dei manager culturali dei musei autonomi e delle fondazioni partecipate dal pubblico, il problema dal quale si dovrebbe partire è: sono i decisori pubblici consapevoli e attrezzati per attribuire alle istituzioni culturali degli obiettivi in termini di sviluppo culturale, sociale ed economico nell’ambito di strategie di azione pubblica di lungo periodo?
Esiste la capacità da parte dei vertici delle istituzioni museali di fissare obiettivi in grado di spingere i manager culturali a porre la necessaria attenzione alle diverse dimensioni (culturale, sociale ed economica) su cui si basa il processo di valutazione di un’istituzione culturale?
Spesso capita che ai convegni si sbandieri la centralità della dimensione dell’impatto culturale, mentre il sistema incentivante per i direttori è esclusivamente legato a parametri come il numero di visitatori e al fatturato.

COSA MISURARE

È di tutta evidenza che focalizzare l’attenzione sul perseguimento della propria mission, o sul raggiungimento di finalità educativa, tutela e conservazione del patrimonio, o ancora sulla valorizzazione del patrimonio culturale comporterà la necessità di utilizzare tecniche e strumenti differenti.
La multidimensionalità delle funzioni di un museo e la necessità di relazionarsi con diversi stakeholder, ognuno dei quali può essere interessato ad alcuni parametri piuttosto che altri, impone che gli indici di performance da misurare siano plurimi. Un’azienda chiamata a effettuare una sponsorizzazione culturale sarà interessata molto di più al numero dei visitatori di un museo piuttosto che al grado di inclusione sociale perseguito, obiettivo quest’ultimo che potrebbe invece essere di primaria importanza per i decisori pubblici.
Nel rapporto di Federculture 2018 abbiano realizzato un lavoro in cui abbiamo iniziato ad analizzare i modelli di business dei musei italiani. Siamo partiti dalla considerazione che l’incremento dei flussi turistici, il ridimensionamento della presenza pubblica nell’economia, la crisi dei sistemi di welfare state e l’impatto del digitale hanno modificato profondamente anche il comparto culturale. Obiettivo dell’analisi era dunque quello di studiare questo fenomeno per comprendere come in Italia i musei avessero reagito a questi cambiamenti e in che modo garantivano la sostenibilità economica delle proprie organizzazioni. Una fotografia sul presente indispensabile per analizzare le dinamiche evolutive di queste organizzazioni e valutare nei prossimi anni le variazioni. La riduzione dei contributi pubblici e l’affermazione di una nuova capacità dei musei di generare autonomamente ricavi erano le variabili principali sulle quali abbiamo concentrato il nostro lavoro.

Quanto più un museo riesce a utilizzare in modo efficiente le proprie risorse e quanto più amplia il perimetro della propria sostenibilità, tanto più efficaci saranno le sue azioni in termini di realizzazione delle finalità di pubblica utilità che è chiamato a perseguire”.

Una gestione economicamente sostenibile, un’elevata qualità della produzione scientifica e una fruibilità più estesa dei beni culturali devono essere obiettivi imprescindibili di una gestione museale moderna.
La necessità di salvaguardare la sostenibilità e incrementare il pubblico sicuramente rappresentano questioni cruciali su cui chi è chiamato a gestire le istituzioni culturali e museali dovrà prestare la massima attenzione.
Ogni museo può scegliere legittimamente il suo modello di sostenibilità e darsi i suoi obiettivi in conformità con le sue strategie. Tutte le scelte sono legittime, anche quelle che basano la propria sostenibilità grazie al sostegno di un solo finanziatore, privato o pubblico che sia.
Quello che però ogni istituzione dovrebbe garantire è la trasparenza e la possibilità da parte degli studiosi di questo settore di analizzare e verificare le dinamiche in atto.
È su questi presupposti che continueremo il lavoro di indagine avviato nel 2018. Estenderemo il campione di analisi, proveremo a monitorare anche alcuni indici relativi all’impatto sociale e a utilizzare una dimensione longitudinale al nostro lavoro (evidenziando cioè come si evolve nel tempo l’organizzazione inclusa nel campione). Lo faremo utilizzando dati pubblici e indicando i nominativi delle strutture coinvolte per evitare un utilizzo distorto del nostro lavoro.
Ci auguriamo che il nostro lavoro contribuisca ad accrescere il dibattito sull’accountability delle istituzioni culturali e fornisca spunti di riflessione ai policy maker, ai vertici dei musei e agli stessi manager culturali.

Marco D’Isanto & Stefano Consiglio

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Marco D'Isanto

Marco D'Isanto

Marco D’Isanto è consulente di istituzioni culturali, enti del terzo settore e imprese culturali. È dottore commercialista a Napoli, docente di master universitari, editorialista del Corriere del Mezzogiorno Ed. Corriere della Sera. Nell’ambito dell’attività professionale conduce attività di assistenza alle…

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