Una Salome infuocata sul palcoscenico di Lipsia

Una delle opere più controverse del secolo scorso è andata in scena nella città tedesca, strappando interi minuti di applausi. Basata su un atto unico di Oscar Wilde, Salome fu il primo vero successo di pubblico di Richard Strauss.

Lipsia è una delle grandi città della musica della Repubblica Federale Tedesca. Possiede due importanti teatri e la sala di concerto della famosa Gewandhaus, una delle più celebri orchestre sinfoniche a livello mondiale; fu la patria di Bach, Wagner e Mendelssohn e per alcuni anni la residenza di Robert Schumann e Clara Wieck.
È qui che Ulf Schirmer (noto in Italia per la sua frequente presenza alla Scala) ha presentato tre opere, tra cui un nuovissimo e innovativo allestimento di Salome, all’interno di un festival dedicato a Strauss.
Salome fu il primo vero successo di pubblico di Richard Strauss come compositore operistico, accolto con poco entusiasmo dalla critica ma ottenendo un grandissimo successo di pubblico in Europa. Negli Stati Uniti, invece, l’opera venne vietata per oscenità fino agli Anni Venti.
Basato su un atto unico di Oscar Wilde, del quale Strauss e Hedwig Lachmann (traduttore in tedesco del lavoro di Wilde) limarono i dibattiti a carattere filosofico ed eliminarono i personaggi minori, l’opera presenta notevoli differenze rispetto al testo di Wilde.

Salome. Opera di Lipsia. Photo Kirsten Nijhof

Salome. Opera di Lipsia. Photo Kirsten Nijhof

WILDE E STRAUSS A CONFRONTO

Soffermarsi sulle differenze di fondo tra le due “Salome”, quella di Wilde e quella di Strauss, permette di comprendere la chiave interpretativa della rappresentazione scenica.
L’atto unico di Oscar Wilde è simbolista: il Battista rappresenta la nuova etica, Erode e la sua Corte sono la corruzione del passato, Salome è lo strumento perché i due mondi comunichino. Per Wilde, inoltre, la sedicenne Salome rispecchiava il sedicenne Alfred Douglas, di cui era innamorato e per il quale finì in prigione. In un saggio sull’opera, Stephan Kohler racconta come Strauss restò piuttosto freddo di fronte alla rappresentazione teatrale del lavoro di Wilde (regia di Max Reinhard), ma si decise a comporre l’opera ammirando un quadro di Gustave Moreau, maestro del decadentismo visionario. Strauss quindi guarda più a tale decadentismo che alla sfida tra il mondo di Erode (e della depravata Erodiade) da un lato e il mondo del Battista dall’altro. Salome non è più il raccordo tra due universi, l’uno all’altro impenetrabili, ma una figura altamente tragica: aspira inutilmente a liberarsi da una perversione a lei connaturata come il peccato originale (anche in seguito alla violenza subita da bambina) per finire a scivolare nella degradazione più abietta, quella della necrofilia.
Nel 1905 lo scandalo non era dato soltanto dalla storia raccontata ma anche dall’aspetto rivoluzionario della musica: stratificazione di diversi livelli armonici, ampliamento della tonalità verso la politonalità, uso estremo delle dissonanze e abili impasti tra le voci (che dal declamato scivolano nei cantabili) e un organico orchestrale di circa 110 elementi. Infine da non dimenticare la maestria nella scrittura dei singoli strumenti o gruppi di strumenti (si pensi ai si bemolle acutissimi del contrabbasso che accompagnano gli spasmi erotici di Salome durante l’esecuzione del Battista).

Salome. Opera di Lipsia. Photo Kirsten Nijhof

Salome. Opera di Lipsia. Photo Kirsten Nijhof

I PROTAGONISTI

La nuova produzione di Salome, che entra in repertorio a Lipsia, si differenza marcatamente dalle versioni decadentiste d’inizio secolo a cui siamo usi. È ambientata in una Gerusalemme dei giorni d’oggi, dove nessuno, proprio nessuno, è senza peccato. Salome (Elisabet Strid) ammalia tutti; arriva a masturbare lo stesso Giovanni Battista (Tuomas Pursio), il quale mostra di gradire ma di non volere andare oltre. Ciò causa il suicidio di Narraboth (Sergei Pisarev), il capitano delle guardie sinceramente innamorato della sedicenne. Erode (Michael Weinius) è un tetrarca palestinese in ottimi rapporti con gli ebrei (ne ospita quattro ortodossi); è viziato, compromesso con il potere e vizioso (si droga) ma ha orrore della necrofilia (inorridisce di fronte a Salome che bacia la testa tagliata di Giovanni Battista). Erodiade (Karin Lovelius) è una vissuta baldracca, ormai giunta agli ultimi fuochi.
Elisabet Strid sfoggia la sua voce wagneriana, apprezzata anche in Italia nonché negli Stati Uniti: con i suoi acuti riempie il vastissimo teatro, con i suoi pianissimi lo incanta. Giovanissima, esplode di sex appeal. Non danza. La “danza dei sette veli” è sostituita da marionette che rievocano lo stupro da lei subito da bambina. Il suo deuteragonista è Erode, tenore dal registro molto alto a cui si contrappongono quello centrale di Narraboth, e quello baritonale di Giovanni Battista (anche lui con acuti da riempire la sala). Tutti grandi attori. I veri autori della serata sono Ulf Schirmer e la Gewandhausorchester. Leggono la partitura in modo infuocato, ma al tempo stesso delicato, evocando richiami lirici, nella pur sensualissima danza.
Teatro strapieno, pubblico delle grandi occasioni, attenzione e silenzio assoluto durante la rappresentazione, seguiti da dieci minuti di vere e proprie ovazioni.
Uno spettacolo che rappresenta una svolta nelle produzioni di Salome.

Giuseppe Pennisi

www.oper-leipzig.de

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Giuseppe Pennisi

Giuseppe Pennisi

Ho cumulato 18 anni di età pensionabile con la Banca Mondiale e 45 con la pubblica amministrazione italiana (dove è stato direttore generale in due ministeri). Quindi, lo hanno sbattuto a riposo forzato. Ha insegnato dieci anni alla Johns Hopkins…

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