Black metal e Canarie nel nuovo disco di Ramon Moro

Si chiama “Calima” il nuovo disco del compositore e trombettista torinese ideato nella vulcanica isola di Lanzarote. Ne abbiamo parlato con l’autore


Provare a descrivere il potere evocativo della musica è sempre qualcosa di estremamente difficile, risulta invece più semplice e naturale farne esperienza diretta lasciandosi andare all’ascolto, preferibilmente con gli occhi chiusi. Esistono però alcuni casi in cui la forza immaginifica di un brano è così presente da sopraffarci immediatamente, anche a occhi aperti. È proprio questo il caso di Calima, l’ultimo lavoro discografico di Ramon Moro, uscito lo scorso 6 gennaio per l’etichetta fiorentina Dio Drone. Caratterizzato da un utilizzo a dir poco solenne di tromba e flicorno, sin dalle prime note l’album sommerge l’ascoltatore con un fiume di atmosfere e suggestioni visive presentandosi fin da subito come un’opera fitta, intensa e avvolgente proprio come il fenomeno meteorologico dal quale prende il titolo.
Un disco denso e introspettivo che fa della ritualità il perno sul quale muoversi, un viaggio che parte dalle Canarie con l’intenzione di trascinare il fruitore in luoghi più intimi e inesplorati. In occasione della recente presentazione di Calima nella sala del Galoppatoio della Cavallerizza Reale di Torino, abbiamo incontrato Moro (già collaboratore di artisti e musicisti quali Botto e Bruno, Alessandro Sciaraffa e Paolo Spaccamonti) per chiedergli di raccontarci questo curioso progetto.

Ramon Moro, Foto James Catrozzi

Ramon Moro, Foto James Catrozzi

INTERVISTA A RAMON MORO

Raccontaci la genesi di Calima, il tuo nuovo disco. Con quali esigenze e obiettivi è nato? Qual è il suo concept?
Calima è un album di emozioni, in primis e poi di composizioni. Parto sempre dalle emozioni, per me la cosa fondamentale è guardarmi dentro e cercare di esternare quello che provo attraverso la musica. Quando ero sull’isola di Lanzarote ogni mattina mi alzavo presto e andavo a studiare in completa solitudine davanti all’oceano. Rocce nere, silenzio, vento, oceano. Zero umani. Come siamo piccoli di fronte a tutto ciò. La natura è più forte dell’uomo. Ecco, forse questa è l’idea di partenza del disco.

Come mai lo hai intitolato così? Chi o cosa è Calima?
Un mattino quando ero a Lanzarote mi sono svegliato come al solito prestissimo, ho guardato il mare e non vedevo nulla. Nebbia, nebbia rossastra, caldo afoso, alle sei e mezza del mattino. “Avrò mica portato la nebbia da Torino?”, mi sono chiesto. Poi mi sono informato ed era la Calima. Fenomeno raro, sabbia che arriva dal Sahara, da lontano. Che fascino. Ho pensato: “Ecco, il disco si chiamerà Calima”.

Copertina Calima, credits Arianna Bona

Copertina Calima, credits Arianna Bona

Rispetto a un lavoro abbastanza minimale come l’album Offering, del 2020, Calima si rivela ricco di suoni eterogenei e stratificati, merito soprattutto dell’inserimento della tua voce che ricorda tanto le tecniche di canto armonico mongolo, quanto quelle di musicisti storici della scena black metal norvegese come Burzum, i Mayhem o i primissimi Satyricon. Qual è stato il percorso che hai intrapreso per raggiungere un risultato canoro simile?
Ho frequentato due anni di lezioni private con Mattia Casabona, il mio insegnante di vocalità estreme, vocal coach e amico. Erano anni che avevo questa visione: circondato dai miei amplificatori, muro di suono e il desiderio di alzarmi e cantare. Con quelle sonorità e tematiche non potevo cantare in modo classico e poi adoro il black metal, come filosofia ed estetica.

Oltre alle suggestioni ambient e metal, quali sono altri generi o altri gruppi che hanno contribuito a formare il tuo sound e che lo stanno tuttora formando?
La musica classica. Sempre. Mahler, Šostakóvič, Wagner, Ligeti e tantissimi altri compositori. Quelli più drammatici e romantici.

Galoppatoio, voice Mattia Casabona, foto James Catrozzi

Galoppatoio, voice Mattia Casabona, foto James Catrozzi

L’ALBUM CALIMA DI RAMON MORO

Calima è un album apparentemente oscuro, molto evocativo e accattivante, ma anche la sua copertina non è da meno. La tua figura che si staglia in quel paesaggio roccioso ricorda molto quella dell’emblematico demone Pazuzu che appare nel film L’esorcista di William Friedkin. Come è nata quella foto?
Stratified City, Lanzarote, una città stratificata, sinuosa, rocce, dune, silenzio, vento, brividi. Eravamo lì al tramonto, da soli e la mia compagna ha scattato la foto. Quando l’ho vista ho capito subito che doveva diventare la copertina di Calima.

Il disco si apre con Stratified Ritual, un brano che suona quasi come la messa in scena di un rito di iniziazione. Quanto sono importanti nella tua ricerca elementi come la magia, l’occulto e l’esoterismo?
Per me è molto importante esternare la mia parte oscura. Credo molto in forze, presenze ed energie occulte che ci accompagnano nella nostra breve vita. Ci sono, sono lì, più di quanto uno possa immaginare.

Galoppaoio, danzatrice Angela Babuin, foto James Catrozzi

Galoppaoio, danzatrice Angela Babuin, foto James Catrozzi

Quanto la tua musica rispecchia la tua persona e quanto la tua persona è stata forgiata dalla tua musica?
Una persona suona come è”. Citazione di un mio carissimo amico che quando l’ho sentita per la prima volta ho capito tutto. Sono così. Come quello che senti. Ma non c’è nella mia musica un mio aspetto. Quello di sdrammatizzare sempre tutto, ridere, scherzare e cercare di godersi ogni attimo di questa specie di esistenza. No, la musica non mi forgia. Che verbo strano, forgiare…

Nelle tue tracce la tromba occupa un ruolo fondamentale, grazie soprattutto a quelle atmosfere dilatate e rarefatte che tramite essa riesci a ricreare. Come ti sei avvicinato a questo strumento e quando hai capito che ti sarebbe piaciuto approfondirlo in questo modo? Parlaci un po’ della tua formazione musicale.
Quando avevo dieci anni, mio padre mi portò alla presentazione dei corsi per bambini della banda musicale del paese, Forno Canavese, un piccolo paese appunto del Canavese. Mi fecero sentire tutti gli strumenti, quando sentii la tromba mi misi a piangere. Mi succede ancora adesso. Ho suonato in quella banda per quindici anni, poi la vita è un po’ cambiata, ma le bande dei paesi sono una realtà meravigliosa, mi auguro che non crolli mai questa tradizione.

Lo scorso 10 gennaio hai presentato il disco in anteprima al Galoppatoio della Cavallerizza Reale di Torino, com’è andata?
Benissimo, per me è stata un’emozione incredibile, ero emozionatissimo, ho rivisto amici storici e abbiamo trasformato quel luogo magico in una location molto black. Sono stato aiutato a creare il tutto dal mio tecnico che mi dà molta sicurezza, dal mio insegnante Mattia e poi c’è stata una performance magica della danzatrice Angela Babuin, cha ha ammaliato l’intero pubblico.

Galoppatoio, foto James Catrozzi

Galoppatoio, foto James Catrozzi

Quanta importanza dai ai luoghi scelti e per le tue esibizioni e all’allestimento generale?
Tutto, per me è la cosa più importante. Sono sempre alla ricerca di luoghi particolari. Ho suonato in un rifugio antiaereo degli Anni Quaranta, in una centrale idroelettrica, in chiese sconsacrate, anfiteatri naturali, al Cimitero delle Fontanelle di Napoli, in location immerse nella natura, musei di arte contemporanea, insomma, il luogo è abbastanza fondamentale. Comunque ci si adatta, l’importante è suonare, chiudere gli occhi e viaggiare con la mente.

Di recente hai suonato a Prato e a Foiano della Chiana (in provincia di Arezzo) in occasione dell’ultima edizione di Scenari Festival. Ci sono altre date all’orizzonte?
A Foiano della Chiana ho suonato in un luogo magnifico, a proposito di location particolari, una chiesa del 1400 che poi è stata trasformata nella storia in una carbonaia, i muri sono oscurissimi, Calima è stata perfetta! Mi devo fermare fino a fine giugno 2023, per un grande lavoro (sempre musicale) di cui sono molto contento. Poi spero di riprendere a presentare il disco ovunque.

Valerio Veneruso

http://www.ramonmoro.com/

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Valerio Veneruso

Valerio Veneruso

Esploratore visivo nato a Napoli nel 1984. Si occupa, sia come artista che come curatore indipendente, dell’impatto delle immagini nella società contemporanea e di tutto ciò che è legato alla sperimentazione audiovideo. Tra le mostre recenti: la personale RUBEDODOOM –…

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