Inquinamento luminoso e astroturismo. Il caso dell’isola di La Palma

L'isola di La Palma, nell'arcipelago delle Canarie, è capofila del diritto all'Osservazione del Cielo grazie alla Certificazione di Riserva Stellare Starlight. E l’Italia a che punto è nella battaglia all’inquinamento luminoso?

È lo spettacolo naturale al contempo più impressionante e più quotidiano, si ripete ogni notte e ha ispirato da sempre filosofi, poeti, letterati e artisti. Stiamo parlando di una meraviglia della natura la cui fruizione per gran parte dell’umanità è preclusa: il cielo notturno, quello dipinto da van Gogh nella sua Notte stellata del 1889 o nella meravigliosa serie settecentesca dei dipinti di Donato Creti della Pinacoteca Vaticana, le sue celebri Osservazioni astronomiche del 1711 donate dal conte Luigi Ferdinando Marsili che convinsero il pontefice Clemente XI Albani alla costruzione del primo osservatorio astronomico pubblico d’Italia a Bologna, presso il centralissimo Palazzo Poggi, tuttora caratterizzato da una svettante specola.
Gli osservatori astronomici più antichi sorgevano in pieno centro città: ad esempio l’Osservatorio astronomico di Brera iniziò le sue prime metodiche osservazioni del cielo con approccio moderno proprio 260 anni fa, nel 1763. Sarebbe impensabile oggi compiere osservazioni astronomiche in un contesto urbano simile: l’inquinamento luminoso e atmosferico è enorme. Siamo orfani del più meraviglioso spettacolo della natura, ma non è solo poesia: come giustamente fa notare la ricercatrice dell’Università di Gand Yana Yakushina, le minacce poste dalle ALAN (Artificial Light at Night) comportano anche un pericolo per la biodiversità, dato che vanno a impattare sulle rotte degli uccelli migratori e sulle attività di molteplici specie animali: l’inquinamento luminoso è inquinamento vero e proprio.

Antico Osservatorio Astronomico di Brera, da Wikipedia, CC4, Paolobon140

Antico Osservatorio Astronomico di Brera, da Wikipedia, CC4, Paolobon140

LA TUTELA DEL CIELO A LA PALMA

Provocatoriamente potremmo comparare la scomparsa del cielo notturno alla privazione del fenomeno del tramonto, dell’alba o dell’arcobaleno: sarebbe a livello culturale ed estetico una perdita enorme, un’incomparabile tragedia per tutta l’umanità.
Per andare alla scoperta di un luogo speciale, in cui il cielo è veramente protetto come un bene culturale pubblico, ci rechiamo in quello che può essere considerato come il paradiso dell’astronomia europea: l’isola di La Palma nell’arcipelago delle isole Canarie, in pieno Oceano Atlantico. L’isola è anche sede del Gran Telescopio Canarias, GranTeCan per gli amici: si tratta dello strumento dotato del più grande specchio segmentato del pianeta, con ben 10,4 metri di diametro. Sempre a La Palma, presso il Roque de Los Muchachos, è presente anche l’eccellenza scientifica italiana con il Telescopio Nazionale Galileo, con uno specchio in ottica attiva (tra i primi mai realizzati con questa tecnologia) da 3,58 metri.
Ma come si è arrivati a questa sorta di quartier generale dell’astronomia europea che è La Palma? È frutto di un duro lavoro durato anni e del convinto coinvolgimento della società e della politica. Questo è evidente sin dal primo contatto con l’isola, anzi, fin da prima di toccare terra: già nella fase di atterraggio all’aeroporto si nota un buio totale: l’isola, pur parte di un arcipelago come quello delle Canarie che rappresenta una delle principali regioni a vocazione turistica d’Europa, con oltre 15 milioni di visitatori internazionali annui (dati 2019), è riuscita a preservare il grande patrimonio costituito dal cielo notturno. Il cielo di La Palma è infatti considerato un patrimonio culturale pubblico, e come tale va conservato, come se si trattasse di un monumento storico o una cattedrale.
Il cielo di La Palma (notturno e diurno) è tutelato da una legge dello stato spagnolo nota come Ley del cielo, ma più propriamente si dovrebbe chiamare Ley sobre la proteccion de la calidad astronomica (Legge 31/1988). La legge fu approvata il 31 ottobre 1988 su proposta del Parlamento delle isole Canarie e tutela interamente l’isola di La Palma e la zona nord della vicina isola di Tenerife che potrebbe essere fonte di inquinamento luminoso e peggiorare pertanto la qualità delle osservazioni astronomiche. La legge impone che per l’illuminazione pubblica delle strade i lampioni siano dotati di paralumi rivolti verso il basso e di lampade LED a basso consumo pensate espressamente per l’isola di La Palma che rispettino le istanze della Ley del cielo. Gli aerei non passano mai al di sopra dell’isola e atterrano e decollano utilizzando rotte che sorvolano il mare. Per di più, i decolli e gli atterraggi sono estremamente limitati in orario notturno: la notte e il cielo, a La Palma, sono davvero un qualcosa di sacro.

La Terra di notte, credit Nasa e NOAA

La Terra di notte, credit Nasa e NOAA

LA PALMA E L’ASTROTURISMO

È così sin dal 2012, quando La Palma ottiene la prima certificazione mai concessa come Riserva Starlight al mondo, che sancisce il compimento di determinati rigorosi criteri volti alla preservazione della ricchezza dello spettacolo del cielo notturno. La certificazione Starlight, pressoché sconosciuta in Italia, costituisce un’iniziativa congiunta dell’UNESCO di Parigi, dell’International Astronomical Union (IAU) e dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO), ed è nata grazie alla cosiddetta Dichiarazione Mondiale in Difesa del Cielo Notturno e del Diritto all’Osservazione delle Stelle, meglio nota come la Dichiarazione di La Palma, siglata il 20 aprile 2007. Vale la pena di citare integralmente il suo testo:
Un cielo notturno incontaminato che consenta la fruizione e la contemplazione del firmamento è da considerarsi un diritto inalienabile equivalente a tutti gli altri diritti socio-culturali e ambientali. Quindi il progressivo degrado del cielo notturno deve essere considerato come una perdita fondamentale”.
La Palma è una meta irrinunciabile del nascente settore dell’astroturismo, ben più vicina per gli europei rispetto al deserto dell’Atacama in Cile o alle isole Hawaii negli Stati Uniti. Lo sa bene l’astronoma Elena Nordio, nata a Venezia, laureata in Astronomia all’Università di Padova che fu quella di Galileo e oggi divenuta guida certificata Starlight a La Palma, che afferma: “L’astroturismo è in voga a La Palma almeno da dieci anni e si spera che possa aumentare ancora nei prossimi anni. Il certificato Starlight è un marchio di qualità che trova nell’isola di La Palma il punto di riferimento mondiale per la fruizione di un cielo privo di inquinamento luminoso. La Fondazione Starlight diffonde la cultura astronomica in tutto il mondo: ormai moltissimi comuni sul territorio nazionale spagnolo stanno cambiando l’illuminazione pubblica per adattarsi al certificato Starlight. Quando vedono la bolletta, di solito si rallegrano parecchio della scelta fatta: se vengono forniti dei modi efficaci per un’illuminazione che mi permetta di tornare a vedere le stelle e che al contempo mi consente di risparmiare ho un doppio vantaggio”.

Gran Telescopio Canarias. Foto Thomas Villa

Gran Telescopio Canarias. Foto Thomas Villa

L’ITALIA E L’INQUINAMENTO LUMINOSO

E In Italia, la patria di Galileo Galilei? Nel 2020 è stato istituito il primo Starlight Stellar Park italiano in Valle d’Aosta e un altro progetto è in discussione per la Costiera Amalfitana. A livello di società civile qualcosa si muove: alcuni siti web italiani come https://www.venetostellato.it/ costituiscono un fondamentale punto di riferimento per gli attivisti. L’autorità italiana in questione è Fabio Falchi, autore (assieme a Cipriano Marin) del volume New World Atlas of Artificial Night Sky Brightness del 2016, pubblicato in italiano con il titolo Atlante Mondiale dell’Inquinamento Luminoso. Falchi è il presidente dell’Associazione Cielobuio, ricercatore dell’ISTIL (Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso) e ha fornito la sua consulenza per la scrittura delle leggi regionali contro l’inquinamento luminoso di Lombardia, Marche, Emilia Romagna, Abruzzo, Puglia, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Veneto e Alto Adige-Südtirol. Tuttavia, come giustamente puntualizza la dottoressa Yakushina, nel nostro Paese manca ancora una legge nazionale che riconosca gli ALAN come inquinanti e che faccia propri i Cinque Principi per una illuminazione esterna responsabile della International Dark-Sky Association, un sistema di sorveglianza e controllo della luminosità artificiale e un sistema di sanzioni e segnalazioni efficace.
Avevamo collaborato alla scrittura di una Proposta di Legge depositata in Parlamento durante la scorsa Legislatura che però non è stata portata avanti”, precisa il professor Fabio Falchi. “Siamo in contatto anche con le Regioni ma mi sembra che a livello nazionale l’interesse sia un po’ scemato negli ultimi tempi. Recentemente però il Parlamento Europeo ha preso posizione affinché la Commissione Europea ponga dei limiti seri all’inquinamento luminoso all’interno della Strategia Europea per la Biodiversità 2030. Una maggiore quantità di luce avvantaggia certe specie a scapito di altre: di solito i predatori sono più avvantaggiati e vengono quindi a crearsi degli squilibri innaturali”. A quanto pare, non è neppure vero che esista una consequenzialità tra un maggiore sviluppo economico e l’aumento dell’inquinamento luminoso. “Nel 2019 abbiamo pubblicato degli studi che evidenziavano che la quantità di luce pro capite prodotta da un italiano è tripla rispetto alla quantità di luce emessa da un tedesco: non è quindi detto che un’economia più florida inquini di più di un Paese con PIL pro capite inferiore, anzi, spesso è vero il contrario”, puntualizza Falchi.
Non sarebbe meglio aprire gli occhi e iniziare ad adottare certificazioni di qualità Starlight anche nel nostro Paese? Il turismo, la bolletta e la poesia del cielo ne avrebbero solo da guadagnarci. Per il professor Falchi, la riduzione dell’inquinamento luminoso rappresenta una vera e propria missione: “Rimasi folgorato da un articolo del 1981 scritto da Piero Bianucci che già allora denunciava l’inquinamento luminoso”, afferma. “È una perdita incredibile a livello culturale, già il fatto che Dante abbia scelto la parola ‘stelle’ per concludere tutte e tre le Cantiche della sua Divina Commedia fa capire l’importanza che dovrebbe avere il cielo stellato per l’Italia. Oggi van Gogh forse dipingerebbe la sua ‘Notte stellata’ rischiarata da mille lampioni…”, conclude Falchi con una nota di amara ironia.

Thomas Villa

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