Partendo da Wagner: la mostra di Fabrizio Cotognini a Macerata

Fino al prossimo 30 ottobre Fabrizio Cotognini è di scena a Macerata, negli spazi nobiliari del Museo Buonaccorsi, con la storia “The Flying Dutchman”. Tra Wagner e un passato che si attualizza nel presente.

Intesa come un grande dispositivo metaforicamente acquatico che invita a intraprendere un viaggio nella leggendaria storia di quel vascello spettrale che appare all’orizzonte e senza vento si muove – nonostante abbia le vele a brandelli – verso oscura destinazione, la nuova personale di Fabrizio Cotognini (Macerata, 1983) ruota attorno a quella figura che Thomas Moore, in un suo poema, avvisa di essere legata alla “superstition very common among sailors, who call this ghost-ship, I think, the flying Dutch-man”.

COTOGNINI E WAGNER

In questo nuovo progetto, Cotognini parte dall’Olandese volante di Richard Wagner – l’artista si era già misurato qualche tempo fa con il Parsifal – per scomporlo e trattarlo come un tractatus philosophicus dove la logica è un’immaginazione con proprie regole interne, con ritmi e metri determinati in particolare da un disegno che impedisce al tempo di comporsi e che tocca la profonda razionalità della fantasia.
L’analisi concettuale offerta dall’artista sull’antica storia “tanto popolare di quell’Ebreo errante sull’Oceano, per il quale tuttavia è stata ottenuta da un angelo soccorrevole una condizione per la redenzione” (le parole sono di Baudelaire) diventa ora capriccioso intreccio di tessuti narrativi che si allargano rizomaticamente dal passato e che si dipanano sulla balconata del presente: ci sono in questo suo nuovo viaggio che parte appunto dal Fliegende Hollander di Wagner, tutta una serie di riferimenti letterari, iconografici, infantili, sociali ed economici assorbiti metodicamente dal mondo della vita e ricompattati in un apparecchio scenico perfetto, dove luce, colori, suono sono giostrati per dar forma a uno spettacolo integrale.
Da Wagner, Cotognini non riprende ed esplora soltanto il leitmotiv del Fliegende Hollander ma anche l’idea di Gesamstkunstwerk: la mostra si pone infatti come una esplorazione totale alla ricerca di frammenti, collegati da una orchestrazione contrappuntistica dove il disegno – tutto nel lavoro di Cotognini è riconducibile al disegno, alla trasparenza della riflessione su un tempo imperfetto che smuove continuamente le cose e mette in opera una relazione speciale tra i tempi – fa da trait d’union dell’ampia storia.

LA MOSTRA DI COTOGNINI A MACERATA

Diviso in quattordici episodi ed esteso a tutto il piano nobiliare dei Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi, il progetto si apre con una serie di nature morte (dilatazioni spaziali verso l’esterno del disegno), di volatili realizzati in bronzo, colpiti da frecce o atterrati dal destino, depositati su colonnine sormontate da una pila di fogli A4 e da uno specchio. Ci sono, poi, in questo racconto, dei trittici su cavalletto (qui il disegno mostra tutta la sua magnetica magnificenza) in cui il tempo della vita del singolo e il tempo della vita della specie si mescolano sotto la pressione di una scrittura che è riflessione, passione, pulsione di un buio dove il troppo presto e il troppo tardi diventano paradigma del presente.
Se nella Sala del Trono assieme a uno di questi trittici abbiamo un’isola di volatili in cui la morte si fa più tangibile e muta, nella sesta, quella del Nettuno, in una teca girevole come un carillon troviamo la maglia di Marco van Basten, la leggenda rossonera denominata olandese volante come anche il grande Johan Cruijff, trequartista capace di divorare lo spazio avversario. La Sala del Caminetto ospita una imponente struttura scenica, una torre teatrale di fronte alla quale lo spettatore può accomodarsi per percepire la forza del punto di vista: con questo lavoro Cotognini intreccia due suoi compagni di strada, da una parte Vettor Pisani, dall’altra William Kentridge, il Kentridge della dOCUMENTA 13. Avvincente è, nel percorso, la Sala di Amore e Psiche, dove l’artista pone su dodici cavalletti installati quasi a creare uno spazio concavo (un abbraccio) altrettanti piccoli ritratti di ipotetici spettatori silenziosi e immobili – pensati durante il lockdown, come gli unici eventuali visitatori. La Sala detta dell’Eneide è, di questo percorso, una sorta di cervello – qui troviamo due eccezionali vanitas e alcune teche in cui Cotognini ha inserito libri, racconti, appunti, fotografie, fumetti, giochi – dove l’artista riavvolge il nastro e ci porta al punto di partenza: non solo dell’esposizione, ma anche delle sue idee.

Fabrizio Cotognini. The Flying Dutchman. Exhibition view at Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi, Macerata 2021. Photo Giorgio Benni

Fabrizio Cotognini. The Flying Dutchman. Exhibition view at Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi, Macerata 2021. Photo Giorgio Benni

LA POETICA DI COTOGNINI

Prima di uscire da questo racconto, vale la pena ricordare la Sala di Ercole, che ospita due velieri ramati e smaglianti (come non pensare a Edward Fitzball e al suo libretto The Flying Dutchman), bloccati da un desiderio di imbalsamare il passato e renderlo perfettamente presente, da un pensiero che trasporta la fragilità e l’effimero verso qualcosa di eterno e di immutabile.
La piccola saletta della Virtù ci immerge – dolce è il finale – in una traccia audio e accompagna al corridoio-balconata che affaccia sull’atrio del museo: qui tutte le vetrate sono oscurate da un pellicola azzurra che trasforma l’ambiente in qualcosa di metaforicamente marino e che indica una sorta di redenzione: “Ai mari chiedi di tutte le zone; chiedi al marinaio, che l’oceano ha percorso, egli conosce questo vascello, spavento d’ogni uomo pio: l’Olandese volante mi chiamano” (Wagner).
La mostra è curata da Riccardo Tonti Bandini con la puntuale supervisione di Paola Ballesi e nel catalogo troviamo anche un prezioso contributo critico di Eugenio Viola. Dopo il periodo estivo saranno ospitati dei workshop – è desiderio di Fabrizio Cotognini spingere sull’educazione, su un’apertura didattica reale e concreta con il territorio – con studenti di vario ordine e grado.

Antonello Tolve

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Antonello Tolve

Antonello Tolve

Antonello Tolve (Melfi, 1977) è titolare di Pedagogia e Didattica dell’Arte all’Accademia Albertina di Torino. Ph.D in Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico artistica (Università di Salerno), è stato visiting professor in diverse università come la Mimar Sinan…

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